Il rapporto del Canton Ticino sulle sette (2 ottobre 1998).

Ancora un rapporto di "Tipo II"


Il 2 ottobre 1998 il Canton Ticino ha reso pubblico un rapporto dal titolo “Interrogazioni sulle sette religiose”. Il documento, il cui testo completo in italiano può essere richiesto al CESNUR, conferma la tendenza europea verso la produzione di rapporti di “Tipo II”. A differenza dei rapporti di Tipo I (Francia 1996, Belgio 1997, Cantone di Ginevra 1997), i rapporti di Tipo II (Germania 1998, Italia 1998, Svezia 1998, rapporto Berger del Parlamento Europeo) tengono conto delle critiche accademiche al punto di vista anti-sette e non propongono liste di “sette pericolose”. Anche i rapporti di Tipo II si prestano tuttavia a critiche in quanto, sia pure in modi diversi, propongono interventi in tema di manipolazione mentale o lavaggio del cervello, senza rendersi sempre sufficientemente conto del carattere problematico di queste nozioni. Tuttavia i rapporti di Tipo II sono certamente migliori e più moderati dei rapporti di Tipo I. L'evoluzione verso rapporti di Tipo II mostra che le critiche degli studiosi ai rapporti di Tipo I non sono state inutili. Nello stesso tempo conferma la necessità di far conoscere maggiormente ad esponenti politici e amministrativi la letteratura critica più aggiornata in tema di lavaggio del cervello.

A prescindere da qualche errore di fatto (per esempio, i commenti dedicati ai Bambini di Dio/The Family e alla Chiesa dell’Unificazione non sono aggiornati agli eventi più recenti), il rapporto del Canton Ticino è un rapporto di Tipo II. Il rapporto critica infatti la prospettiva anti-sette (e, implicitamente, i rapporti di Tipo I) e invita a evitare “tanto processi alle intenzioni dove pregiudizio vale giudizio quanto generalizzazioni tanto rassicuranti quanto fuorvianti” (p. 11). In particolare, “scorciatoie che vogliono immediatamente leggere nell’elemento finanziario la loro [delle “sette”] ragione di essere sono tanto pericolose quanto errate. Innanzitutto perché si conoscono sette che non fanno del denaro il loro idolo. In secondo luogo perché anche l’eventuale presenza di somme importanti di denaro non è caratteristica perché non è specifica delle sette. Basta, in questo contesto, riferirsi alla Chiesa cattolica o alla Chiesa protestante (...)” (p. 9). Vi è dunque il rischio di fare del “terrorismo antisetta” (p. 17). Collaborare con le associazioni antisette, tra cui viene menzionata l’ADFI (p. 38) - , se può essere talora “opportuno” nell’ambito di un’ “opera di informazione” - espone però lo Stato al rischio di “rendersi complice della propagazione di generalizzati pregiudizi” (p. 39). In realtà “l’attività della stragrande maggioranza di questi gruppi [chiamati “sette”] non costituisce pericolo alcuno né per gli aderenti né per lo Stato” (p. 39).

Il rapporto cita ripetutamente studi criminologici, ma anche studi scientifici, tra l’altro di Massimo Introvigne, James Beckford, Jean-François Mayer. Esplicito è il riferimento a diverse pubblicazioni del CESNUR. Da opere -- soprattutto -- di criminologi il rapporto ricava una nozione di “lavaggio del cervello” o di “plagio” (che non tiene adeguato conto, a nostro avviso, della letteratura critica sul tema) e accenna cautamente a una possibilità di nuove leggi. Nota però che “il grande ostacolo cui si sarebbe confrontati nell’applicazione di tali eventuali norme consiste nella difficoltà della prova” (p. 34).

Più che proporre nuove leggi il rapporto ticinese, come il rapporto svedese, ipotizza centri di informazione indipendenti garantiti dalla presenza di studiosi accademici, e suggerisce che “la società non deve rinchiudersi in un atteggiamento difensivo verso le minoranze religiose perché quest’atteggiamento trasformerebbe infatti gli aderenti a questi gruppi in vittime sacrificali confortate nel convincimento che ciò che viviamo incarna il regno del male. Un’intelligente apertura, che non sia ingenuo angelismo, è senza dubbio la via che la società deve intraprendere” (p.38).

 

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