CESNUR - Centro Studi sulle Nuove Religioni diretto da Massimo Introvigne
www.cesnur.org

Dall'Oriente arriva il Rejki, ma la New Age non c'entra

Recensione di Alfonso Piscitelli (L'Indipendente, 11 marzo 2006)

La tecnica di guarigione spirituale denominata Rejki si è sviluppata in Giappone sulla base di una tradizione proveniente dalla Cina, ed ha trovato una sua diffusione in Occidente sulle ali del movimento “new age”.

Il fondatore del Rejki, Usui frequentò una scuola del buddhismo tendai: particolare corrente sorta nel IX secolo, che mira ad abbattere la radicale distinzione tra mondo dell’illuminazione e realtà ordinaria e crede pertanto che quest’ultima possa essere aiutata, migliorata, all’occorrenza guarita purché si posseggano i fondamenti dell’esatta dottrina.

Negli anni della prima guerra mondiale, Usui ebbe la sua esperienza mistica: mettendo in pratica una tecnica comune in Giappone, la meditazione sotto la cascata, non solo riuscì a sfuggire ai fatali reumatismi ma fece anche la conoscenza di Avalokiteshvara, che nel Buddhismo incarna il nume della compassione. All’inizio degli anni Venti Usui radunò un piccolo gruppo e operò soprattutto nelle zone più povere di Kioto. Morì, praticamente al lavoro, nel 1926. Dal Giappone il Rejki, passando per le Haway, è approdato negli Stati Uniti.

In Europa il metodo, già ramificatosi al suo interno in una molteplicità di stili si è spesso congiunto con gli impulsi provenienti da altri “autori”: Osho Rajneesh, Rudolf Steiner, per citare i più significativi.

Di recente è apparso per le edizioni Elledici un sintetico volumetto intitolato Rejkj. Tecnica o Religione? (euro 11), all’interno della collana sui movimenti religiosi diretta da Massimo Introvigne. Ne sono autori l’americano J. Gordon Melton e il membro del Cesnur Andrea Menegotto. «Tecnica o religione?» si chiedono i due. In verità è una tendenza diffusa della spiritualità contemporanea quella di fondere i due aspetti: nelle società ad avanzata tecnologia i movimenti religiosi non si presentano tanto come “fedi”, ma piuttosto come “pratiche” in grado di unire l’ “utile” del potenziamento psico-fisico al “dilettevole” del contatto con altre dimensioni del reale.

La tecnica Rejki si basa sull’idea che una energia universale, latente nell’essere umano, (il Ki) possa essere evocata attraverso i gesti delle persone iniziate e trasmessa, attraverso l’imposizione delle mani.

«Coloro che sono iniziati al Rejki imparano a dirigere l’energia Ki attraverso le mani meditando su alcuni simboli». Come si vede, siamo di fronte alla versione nipponica di idee antiche, diffuse anche nella tradizione occidentale. Si pensi ai Re taumaturghi, che guarivano una serie di malattie con l’imposizione delle mani. E si pensi anche al processo di canonizzazione in atto per Karol Wojtila, in cui spuntano testimonianze – ovviamente da vagliare – di guarigione per “contatto”.

D’altra parte l’imposizione delle mani è pratica assai diffusa anche tra i truffatori che in gran numero affollano il labirinto dell’occultismo contemporaneo; e ci vengono in mente i guaritori filippini, i pranoterapeuti del Nord-Est opulento che allungano le mani… per rubare il portafoglio, o per molestare le pazienti più o meno disponibili alla “cura”. Il Rejki diffuso in Occidente dalla New Age rischia di essere mescolato in questo dubbio calderone, tuttavia la sua origine è ben altrimenti distinta.

Leggiamo nel volumetto che «il reiki deriva originariamente dallo stesso orizzonte di pensiero che ha prodotto l’agopuntura e il qi gong.

Poiché il qi è un principio sia fisico, sia metafisico non è sempre facilissimo distinguere la medicina cinese e – più in generale – estremo orientale dalla religione, tant’è vero che centinaia di tecniche sono catalogate semplicemente sotto l’etichetta generica di qui-gong». Intorno agli anni Novanta, scienziati cinesi hanno condotto esperimenti per tentare una identificazione positiva della energia trasmessa da operatore a paziente. E tuttavia negli ultimi anni, il fatto che il principio energetico del Ki sia alla base della concezione dei dissidenti Falun Gong, ha nuociuto alla ricerca medica in questo campo. La Cina comunista reitera l’atteggiamento che fu proprio alla scienza di stato dell’Urss, propensa ad accettare o respingere i dati in base alla compatibilità con l’ideologia. Sta di fatto, comunque, la relazione organica tra le pratiche di Rejki e quelle di agopuntura. Entrambe le tecniche si basano su un postulato della medicina cinese: quello dell’esistenza all’interno del corpo umano di una rete di “meridiani”, ovvero di flussi energetici. Alla pranoterapia il Reiki unisce una morale buddhista dai tratti gentili e spartani: uno, non essere adirato; due, non ti preoccupare; tre, sii grato; quattro, lavora sodo; cinque, sii gentile verso i tuoi simili. Paolo di Natale, esponente del centro Rejki di Napoli, tiene a sottolineare che esso non mira al «potenziamento delle energie» (secondo la finalità propria a molti energumeni della New Age) ma piuttosto al riequilibrio, al bilanciamento delle effervescenze dell’organismo.

A Di Natale giriamo il dilemma che si sono posti gli autori del volumetto della Elledici. «È una tecnica o una religione?». «Il Rejkj non vuole essere una nuova religione e neppure fare del sincretismo. Qui a Napoli a praticare Rejkj siamo tutti normalmente cristiani». «Credete nella reincarnazione?». «Certamente! Nella reincarnazione e nel karma».

img
ordina questo libro
J. Gordon Melton - Andrea Menegotto
Reiki: tecnica o religione?
Elledici, Leumann (Torino) 2005