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Scuola di terrore

di Massimo Introvigne (il Giornale, 30 marzo 2004)

imgVi è un settore della vita palestinese certamente sostenuto dai fondi dell’Unione Europea, ed è quello delle colonie estive per i bambini gestite dall’Autorità nazionale palestinese. Togliere i bambini palestinesi dalle città piene di violenza e di pericoli e mandarli a giocare in campagna: che cosa ci potrebbe essere di più bello, pacifico e giusto? Uno sguardo meno romantico su queste colonie rivela, tuttavia, qualche sorpresa. Per evitare il sospetto che si tratti di propaganda israeliana, o americana, mi limiterò a citare esclusivamente fonti arabe e palestinesi.
Un ampio servizio sulla riorganizzazione del sistema delle colonie per bambini e ragazzi dai sei ai quattordici anni avvenuta nel 1998, pubblicato il 12 luglio di quell’anno sull’autorevole quotidiano panarabo Al Hayat (che esce a Londra e a Beirut ed è fieramente anti-israeliano) riportava dichiarazioni dei responsabili delle colonie secondo cui queste devono offrire una formazione «culturale, educativa, sanitaria e militare». «L’addestramento militare – si leggeva – è obbligatorio per tutti», «insegniamo alle bambine le stesse tecniche militari in cui prepariamo i maschietti», e «nessun bambino è troppo piccolo per cominciare gli esercizi militari». Tra le attività delle colonie c’è l’addestramento all’uso di vari tipi di fucili.
Di interesse sono poi anche i canti delle colonie estive palestinesi, per la verità piuttosto lontani da «Quel mazzolin di fiori», che traiamo da servizi della televisione palestinese. Una canzone recita: «Un giorno hanno attaccato - Hanno attaccato il mio paese - Hanno ammazzato i vecchi, hanno massacrato i giovani - Hanno bruciato il Corano, hanno distrutto le case - Hanno marciato sul mio cuore - Avanti con il jihad - Avanti, riprendiamoci il nostro paese». Un’altra canzone: «La Palestina è ribelle - La Palestina è devota - La sua fede è nei suoi martiri - Benedetto Allah - Ribellati, Palestina! - Sii devota, o Palestina». Un’altra: «Avanti con la spada - Gli israeliani li cacceremo tutti in mare - Sta venendo il giorno, o conquistatore, in cui salderemo i conti - Li salderemo tutti con le pietre e le pallottole». E una ancora più esplicita: «I bambini sono la mia redenzione - I bambini, i bambini, per la patria - sono nelle squadre dei martiri - Quando la bomba esplode - mentre grido Allah è grande - allora sto davvero tornando a casa - all’amata terra di Gerusalemme».
Queste colonie sono gestite dall’Autorità nazionale palestinese, non da Hamas. Ma preparano terroristi – di domani e anche di oggi, dal momento che ormai ci sono pure terroristi bambini – per tutte le sigle palestinesi. Distinguere fra gli ultra-fondamentalisti di Hamas e i nazionalisti laici di Fatah è certo teoricamente possibile e per molti versi necessario. Tuttavia negli ultimi anni la collaborazione fra Fatah e Hamas sul piano militare e del terrorismo è così stretta da far diventare legittima la domanda se si tratti di divergenze strategiche, di un contrasto puramente tattico o di una semplice divisione del lavoro. Mentre si deve auspicare il difficile emergere di una «terza forza» ugualmente lontana dalle ambiguità e dalla corruzione «laiche» di Arafat e dal terrorismo fondamentalista di Hamas, nella situazione attuale ogni aiuto all’Autorità nazionale palestinese va attentamente esaminato. Anche le colonie estive statali per i bambini, a uno sguardo superficiale innocue, possono diventare scuole di odio e di terrorismo.

mormoni
Per approfondire

Collana "Religioni e Movimenti":
Massimo Introvigne, Hamas. Fondamentalismo islamico e terrorismo suicida in Palestina
Elledici, Leumann (Torino) 2003

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