Con luccisione dello
shayk Ahmed Yassin, fondatore e capo carismatico di Hamas, finisce unepoca nella storia del conflitto israeliano-palestinese e se ne apre unaltra, carica di incertezze. Almeno dallanno 1957, in cui Arafat e i suoi rompono con i Fratelli Musulmani, la maggiore organizzazione del fondamentalismo islamico internazionale, da cui poi nel dicembre 1987 nascerà Hamas, lo schema della politica interna palestinese ripete quello di tutti i paesi arabi. A una forza laicista e nazionalista con simpatie socialiste e aiuti sovietici, al-Fatah cui altri si uniranno nellOlp, lOrganizzazione per la Liberazione della Palestina se ne contrappone una religiosa di ispirazione fondamentalista. Fino alla fine degli anni 1980 i nazionalisti laicisti dominano sul piano militare, mentre i religiosi si dedicano principalmente a costruire moschee. Con il crollo dellUnione Sovietica, principale sostegno dei nazionalisti, e con il grande risveglio islamico internazionale, dagli anni 1990, le posizioni si rovesciano; a partire dal 1994 quando realizza il primo attentato suicida Hamas emerge come la maggiore organizzazione palestinese quanto a capacità di terrorismo.
In teoria, Hamas come recita il suo statuto allarticolo 11 ritiene tutta la Palestina «terra islamica affidata alle generazioni dellislam fino al giorno della resurrezione» e afferma che la religione vieta di cedere «anche un singolo pezzo di essa»: «Chi, dopo tutto, potrebbe arrogarsi il diritto di agire per conto di tutte le generazioni dellislam fino al giorno del giudizio?». Dunque nessun compromesso territoriale: gli ebrei, tutti gli ebrei, devono essere ricacciati in mare. In pratica, Hamas ha sempre saputo conciliare la poesia della retorica islamica con la prosa della realtà. Yassin non ha mai usato la parola pace, ma ha proposto «tregue» più o meno lunghe purché Israele gli lasciasse mano libera nel tentativo di instaurare in Palestina non lo Stato nazionalista e laico di Arafat ma uno Stato islamico. Dopo avere liberato Yassin dal carcere nel 1997 in uno scambio con la Giordania, gli israeliani hanno giocato il suo gioco fino al 2003, ritenendo che Hamas sia così grande da avere al suo interno «correnti» e che non convenisse eliminare Yassin, più vecchio e ragionevole di altri dirigenti.
Con i nuovi attentati suicidi del 2003, il gioco è finito. Israele si è convinta che non si può più giocare sulle contraddizioni interne di Hamas, e che lunica soluzione al problema Hamas è militare. Una conclusione obbligata, che però apre unepoca del tutto nuova. Inaccettabile come interlocutore per qualunque dialogo di pace ogni componente di Hamas, non meno inaccettabile per Israele e gli Stati Uniti rimane la dirigenza nazionalista e laicista legata ad Arafat: ambigua, corrotta, invisa alla maggioranza della popolazione palestinese. Comincia quindi oggi la faticosa ricerca di nuovi interlocutori palestinesi: graditi al mondo (maggioritario) che frequenta le moschee dunque non legati ad Arafat, che per quel mondo è il nemico ma disponibili a rinunciare al massimalismo e al terrorismo. Il fatto che esponenti di un islam conservatore ma non fondamentalista siano emersi altrove, dalla Turchia allIrak, lascia qualche difficile speranza anche per la Palestina.