CESNUR - center for studies on new religions

I testimoni di Geova: già e non ancora

di Ivo Musajo Somma (Il nuovo giornale, settimanale della diocesi di Piacenza Bobbio, n. 25, 28 giugno 2002)

Suonano ai campanelli delle nostre case, li incontriamo per strada, in stazione, magari sul luogo di lavoro; immancabilmente ci offrono una copia de La Torre di Guardia. Tra le realtà in qualche modo classificabili nel numero dei nuovi movimenti religiosi, i Testimoni di Geova rappresentano senz’altro quella con la quale abbiamo una maggiore familiarità: in effetti, con una comunità di circa quattrocentomila persone, costituiscono la seconda religione in Italia (se si escludono gli immigrati regolari e clandestini).

Ma chi sono davvero i Testimoni di Geova? In cosa credono? Qual è stato il loro itinerario storico e dottrinale? Dare una risposta esaustiva e aggiornata a questi interrogativi è il fine del saggio di Massimo Introvigne: I Testimoni di Geova: già e non ancora, da poco apparso, nelle edizioni Elledici all’interno della collana Religioni e Movimenti (seconda serie). Seriamente documentato ma allo stesso tempo di scorrevole lettura, questo libro è una tra le più recenti pubblicazioni di Introvigne, direttore del CESNUR - il Centro Studi sulle Nuove Religioni -, autore di numerosi volumi e articoli apparsi in dodici diversi paesi, nonché curatore, con altri, della recente Enciclopedia delle Religioni in Italia (Elledici, 2001).

I Testimoni di Geova prende innanzitutto in esame la nascita del movimento e il suo contesto storico-culturale, a partire dalle figure dei fondatori Charles Taze Russell (1852-1916) e Joseph F. Rutherford (1869-1942), delineandone poi sinteticamente la storia fino ai nostri giorni. Di grande interesse è l’ampio capitolo dedicato alla dottrina, nel quale l’autore si sofferma, ad esempio, su temi quali il ruolo di Gesù Cristo (i Testimoni rifiutano il concetto di un Dio trinitario, quindi Gesù è per loro solo la prima delle creature), l’Organizzazione di Geova, Babilonia, la distinzione tra gli "unti" e le "altre pecore", nonché l’elemento escatologico-millenaristico. Riguardo a quest’ultimo punto bisogna segnalare che, nel corso degli anni 1990, il movimento ha ridimensionato la necessità di calcolare date precise sulla fine del mondo (una sensibile novità rispetto al passato), pur senza attenuare, evidentemente, l’attesa escatologica, elemento fondante della propria fede. Il quadro è completato dall’analisi delle modalità di conversione e socializzazione, della vita di congregazione e del ruolo di responsabili e autorità. Dei sette capitoli che compongono il libro, il primo e l’ultimo sono finalizzati a inserire le ricerche sui Testimoni di Geova nell’ambito dei più recenti studi di sociologia delle religioni.

Tengo a sottolineare che il libro di Introvigne non è un’opera con fini polemici.

Sarà forse anche il caso di chiedersi se il successo di questo movimento non dipenda pure da certe carenze presenti in ambito cattolico: la ricchezza e la bellezza della tradizione bimillenaria della Chiesa sono difficilmente paragonabili a un movimento di radice avventista nato in Nordamerica alla fine del XIX secolo. Ma allora?

Non è questa la sede per entrare nel merito del problema, ma forse si può ugualmente formulare qualche ipotesi. In piena rinascita postmoderna del "sacro", elementi di debolezza potrebbero essere individuati, ad esempio, in una certa prassi ecclesiale piuttosto secolarizzata e appiattita sulla dimensione "sociale" (chi sente mai parlare di escatologia?), in una liturgia che ha perso molto in bellezza e senso del mistero, nel rifiuto della religiosità popolare. Si tratta del resto di temi ben presenti nel magistero recente.

Nuovo volume della collana "Religioni e Movimenti":
Massimo Introvigne
I Testimoni di Geova: già e non ancora
Elledici, Leumann (Torino) 2002

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