Il titolo del libro, Il lavaggio del cervello, è accattivante e la lettura scorrevole. Anche se l'autore, Massimo Introvigne, non ci mette molto di suo ed espone soprattutto quello che hanno detto gli altri, bisogna dire che lo espone bene. Ha la parola scaltra e sa tenere la penna in mano.
Non ho mai capito la differenza tra religione e setta, ma a quanto pare non sono il solo. Anche Introvigne, che è un esperto in materia, dice che non è facile «distinguere tra religioni e sette». Forse la differenza consiste nel numero. Se gli invasati, mettiamo, sono centomila si chiamano setta, se sono cento milioni si chiamano religione. Ma siccome il numero conta anche negli eserciti del Padreterno, ecco che le religioni grandi cercano di distruggere o almeno di diffamare quelle piccole. E il ragionamento che fanno è questo: le sette non sono religioni, perché alle religioni si aderisce con un atto libero della volontà, mentre le sette attirano le loro vittime e le rendono succubi mediante il «lavaggio del cervello».
Ma se è così, ci può essere un lavaggio del cervello più efficace del catechismo? Imprimere un dogma metafisico nel tenero cervello di un bambino significa castrarlo, in quanto quel dogma concresce con lui e finisce per diventare un'idea fissa. È quello che dice anche Schopenhauer: «Mediante il precoce indottrinamento, in Europa si è arrivati al punto che la credenza in un dio personale è letteralmente diventata, in quasi tutti, un'idea fissa». Per questo la Chiesa ha sempre cercato di accaparrarsi le scuole elementari, più ancora di quelle superiori.
Molto interessante è ciò che Introvigne scrive sull'eterna questione del libero arbitrio, il quale è facile a predicarsi e difficilissimo a dimostrarsi. Cito: «La tragedia greca ha suggerito una delle risposte possibili: no, siamo liberi, siamo fuscelli in balia di un vento impetuoso chiamato Fato o dei capricci di divinità imprevedibili e apparentemente immorali». Quasi tutti i grandi filosofi negano il libero arbitrio. E lo nega anche Freud che passò la vita a scandagliare l'animo umano. Voleva un'educazione antireligiosa per contrastare l'indottrinamento precoce dei bambini.
Il cristianesimo, naturalmente, ammette il libero arbitrio come se si trattasse di cosa assodata. E se ne capisce il motivo: senza il libero arbitrio non si potrebbero far quadrare le cose. Dio ti ha creato libero, dice il chierico, e tocca a te scegliere la via del bene o del male. Ma se Dio è onnipotente e onnisciente, non poteva anche fare in modo che le sue creature scegliessero solo la via del bene? A meno che non le abbia create per trastullo e per vedere come sapessero resistere alle tentazioni di sua maestà il diavolo.
Ma parliamo del lavaggio del cervello. L'espressione è di conio americano (brainwashing) e risale al 1950. A crearla, come sembra, fu la Cia o meglio il suo agente Edward Hunter. Si cercava di capire quale fosse la tecnica che induceva le vittime dei processi politici in Cina e in Russia a rendere spontaneamente dichiarazioni di colpevolezza. La parte centrale del libro è dedicata proprio a tale argomento, e il lettore avrà di che inorridire.
Anche gli americani fecero i loro esperimenti con allucinogeni, deprivazione sensoriale, elettroshock, lobotomia, e altre piacevolezze del genere. Cito: «I pazienti sono talora criminali comuni, altre volte ignari pazienti degli psichiatri coinvolti o ancora volontari, reclutati spesso nei ceti più bassi con il miraggio di cospicui pagamenti». Così un povero diavolo, per sforcare la vita, si deve far seviziare! Ma gli sperimentatori notarono che era molto più facile trasformare un uomo in vegetale che riconvertirlo in qualche cosa di utile.
A pensarci bene, tutti vogliono o tentano di farci il lavaggio del cervello: predicatori, apostoli, ciarlatani di tutte le specie, concionatori politici, miglioratori del mondo e via di seguito. La cosa migliore sarebbe di metterli tutti alla porta e di vivere in santa pace i pochi giorni che ci ha assegnati la natura.
Collana "Religioni e Movimenti"
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