Rastafariani: fra reggae, mistica e massoneria

di Massimo Introvigne

Il movimento religioso dei rastafariani — nato in Giamaica nel 1930 — è noto, anche in Italia, per la sua influenza decisiva sulla musica reggae (quasi tutti i maggiori musicisti reggae sono rastafariani) e per la sua diffusione fra giocatori di calcio che, benché di passaporto olandese, sono originari del Suriname, la nazione sulla costa atlantica dell’America del Sud dove il movimento rastafari conta una presenza particolarmente significativa. Dei rastafariani conosciamo la caratteristica acconciatura a treccine ("dreadlocks"), la passione per camice e berretti dai colori sgargianti, e il consumo — in un contesto rituale — di allucinogeni ("ganja"). Non sempre, tuttavia, ci si rende conto di quali siano esattamente le loro idee religiose. In lingua inglese esiste un’ampia letteratura (in italiano quasi nulla), cui tuttavia un volume del teologo protestante William David Spencer, Dread Jesus, pubblicato dalla Società per la Promozione della Conoscenza Cristiana (SPCK) di Londra (la casa editrice ufficiosa della Chiesa d’Inghilterra), aggiunge ora alcune prospettive interamente nuove.

Le radici del movimento rastafari risalgono all’"etiopismo", versione afro-americana del sionismo. Così come i sionisti ritenevano che gli ebrei dispersi nel mondo dovessero ritornare in Israele, così gli "etiopisti" — guidati da Marcus Mosiah Garvey (1887-1940) — invitavano i discendenti degli schiavi strappati all’Africa con la violenza a ritornare in Africa, e particolarmente al paese considerato simbolicamente il cuore dell’Africa tradizionale, l’Etiopia. Spencer sottolinea che molti "etiopisti" erano cristiani, anche se sostenevano che Gesù Cristo fosse di etnia "africana" e dovesse essere raffigurato con la pelle nera (Garvey, peraltro, era consapevole del fatto che questo "Cristo nero" aveva un significato simbolico piuttosto che storico). Frange del movimento "etiopista" aveva posizioni decisamente non ortodosse. Alcuni leader etiopisti, come Alexander Bedward, pretendevano di essere loro stessi il messia. Altri consideravano Gesù Cristo un’incarnazione divina fra altre. Così, nell’isola caraibica di Anguilla, Robert Athyli Rogers aveva fondato una Afroathlican Constructive Church, che considerava Elia come l’incarnazione divina più importante, accanto a cui se ne erano manifestate altre, fra le quali Gesù Cristo. Le sorti dell’"etiopismo" cambiano in modo radicale il 2 novembre 1930, quando Ras Tafari è incoronato imperatore dell’Etiopia con il nome di Hailé Selassié I (1892-1975). La stampa internazionale dà notizia dell’incoronazione di un monarca che vanta titoli come "Re dei Re" e "Leone di Giuda", e si presenta come discendente diretto di Salomone. La maggioranza dei leader "etiopisti" in Giamaica (ma non Garvey) si convince che l’imperatore d’Etiopia rappresenta il messia: la seconda venuta di Gesù Cristo, se non l’incarnazione dello stesso Dio Padre.

Spencer getta qualche luce sui "fondatori" di un movimento — chiamato rastafari dal nome dell’imperatore prima di ascendere al trono, appunto Ras Tafari - di cui si afferma spesso che è nato da un fenomeno popolare spontaneo e che non ha avuto veri e propri "fondatori". Spencer insiste invece sul ruolo primario di tre predicatori "etiopisti": Leonard Howell, H. Archibald Dunkley, e Joseph Nathaniel Hibbert. Come rivela Spencer, Dunkley e Hibbert erano membri di una organizzazione chiamata Grande Fraternità Antica del Silenzio, o Antico e Mistico Ordine dell’Etiopia. Questa organizzazione faceva parte del vasto movimento noto in tutta l’area di lingua inglese come "massoneria Prince Hall". In quest’area, la maggioranza delle logge non ammettevano (e molte, per la verità, non ammettono ancora oggi) afro-americani. Questi ultimi reagirono costituendo una massoneria "parallela", riservata agli afro-americani e chiamata "Prince Hall" dal nome di un suo più o meno mitico fondatore. Originariamente, il mondo delle organizzazioni Prince Hall era denunciato come una "contraffazione" della "vera" massoneria dalle logge americane riservate ai bianchi; oggi i rapporti sono decisamente migliorati. A prescindere dalle questioni etniche, la massoneria Prince Hall ha sempre derivato la sua dottrina e i suoi rituali da quelli della massoneria maggioritaria. Spencer mette in luce come molti elementi rituali, ma anche dottrinali, del movimento rastafari derivino dalla massoneria, a cominciare da uno dei temi più caratteristici e cari ai rastafariani: il nome "Yah" per indicare Dio. Secondo Spencer, questo nome deriva dal primo componente del trinomio sacro "Yah-Bul-On" nel grado massonico dell’Arco Reale (un modo di indicare la divinità che ha causato, anche recentemente, numerose polemiche). E’ attraverso autori massonici che i primi rastafariani — compreso Leonard Howell, che non era massone ma era appassionato di religioni orientali — si interessano di temi esoterici, e talora interpretano la personalità divina, Yah, in senso panteistico. La generazione successiva — rappresentata da dirigenti rastafariani come Dennis Forsythe — scoprirà, lungo la stessa linea, l’Ordine della Rosa-Croce AMORC, da cui trarrà altri elementi di carattere esoterico.

Spencer riesamina le vicende, già studiate da altri autori, relative alla visita di Hailé Selassié in Giamaica nel 1966. L’imperatore si stupisce dell’esistenza di un’intera religione che lo considera Dio, nega risolutamente di esserlo e manda in Giamaica missionari della Chiesa Ortodossa Etiope, che ottengono peraltro un successo abbastanza moderato. Una delle parti più importanti nel libro di Spencer è consacrata alla reazione del movimento rastafari (divenuto ormai internazionale) alla rivoluzione comunista di Menghistu in Etiopia e alla morte dell’imperatore nel 1975. Nei primi mesi, molti rastafariani pensano che l’imperatore non sia morto e che si tratti solo di menzogne diffuse dalla stampa (era questa la posizione iniziale anche del cantante Bob Marley, 1945-1981, che una frangia del movimento considera a sua volta una figura messianica). Oggi, peraltro, pochi rastafariani si attendono la resurrezione o riapparizione fisica di Hailé Selassié. L’ipotesi è che la morte di Hailé Selassié abbia portato a una separazione di elementi contraddittori che coesistevano con qualche difficoltà nel sincretismo rastafariano. Se è vero che pochi rastafariani hanno seguito il consiglio di Selassié e hanno aderito alla Chiesa Ortodossa Etiope, non è meno vero che sono nati nel mondo rastafariano movimenti di notevoli dimensioni — come le cosiddette Dodici Tribù d’Israele — che reinterpretano la religione rastafari in senso piuttosto cristiano. Per questa parte del movimento, Selassié è la figura profetica più importante della storia, ma rimane subordinata all’unico figlio di Dio, che è Gesù Cristo. All’estremo opposto — e per reazione — si è sviluppato il movimento "bun Christ" o "burn Christ" ("bruciamo Cristo"), che — soprattutto in occasione di concerti reggae — brucia simboli cristiani. Per la verità, nelle numerose interviste realizzate da Spencer, anche i più arrabbiati seguaci di questa frangia dichiarano che la loro polemica è contro il "Cristo dell’uomo bianco", mentre il "vero" Gesù Cristo rimane un profeta "nero" assolutamente rispettabile. Certo, tutto il movimento rastafari è anticattolico, sia perché accusa la Chiesa cattolica di avere a suo tempo benedetto l’invasione fascista dell’Etiopia (un sacrilegio, secondo i rastafariani), sia perché diversi "etiopisti" venivano da famiglie protestanti fondamentaliste o avventiste dove forme popolari di anticattolicesimo erano piuttosto diffuse. L’uscita dal cristianesimo, per alcuni gruppi, avviene peraltro tramite idee che derivano precisamente (lungo una linea che risale ai fondatori) da spunti di tipo massonico-esoterico ovvero orientaleggiante. In questi gruppi la morte di Selassié è spiegata precisando che l’anima dell’imperatore, l’essenza divina Yah, deve essere distinta dalla sua manifestazione corporale. Pur essendosi manifestata in Selassié in modo eminente, questa essenza divina è presente come scintilla in ogni fedele rastafariano (secondo altri gruppi, in ogni persona umana), con una evidente deriva in senso panteistico e gnostico.

Secondo Spencer, il movimento rastafariano si trova oggi a un bivio, e l’esito sarà probabilmente la separazione fra due branche diverse. La prima preciserà sempre di più la sua identità come movimento di carattere esoterico, gnostico, non cristiano, nella linea di certe sue origini di tipo massonico ovvero orientaleggiante. Una seconda branca — rappresentata oggi da un gruppo diffuso internazionalmente, le Dodici Tribù di Israele — potrà evolversi in direzione di un movimento pienamente cristiano, predicatore di un cristianesimo "selassiano" nel senso di considerare l’imperatore Hailé Selassié come un testimone e un profeta, non come una figura divina o messianica (così come il cristianesimo che chiamiamo "luterano", nota Spencer, non considera certamente Lutero come il messia). Con questa seconda branca del movimento rastafari, nonostante atteggiamenti che egli stesso definisce "bizzarri" e problemi di non facile soluzione (come l’uso rituale degli allucinogeni), secondo Spencer si può e si deve tentare un difficile dialogo. Mentre la "teologia nera della liberazione" troppo spesso si è presentata come il prodotto di una minoranza di intellettuali educati in Europa, movimenti come quello rastafariano — afferma Spencer — ci dicono molto di più sulle esigenze e i bisogni reali di popolazioni del terzo mondo (che lo stesso Spencer chiama, con il termine considerato oggi più "politicamente corretto" in Inghilterra, i "due terzi del mondo"). Da questo punto di vista — che si sia d’accordo o no con le sue interpretazioni — il testo di Spencer costituisce un modello per chiunque voglia accostarsi da un punto di vista teologico cristiano, senza facili irenismi ma in spirito di dialogo, a una nuova tradizione religiosa, specialmente quando si tratta di movimenti che sono nati in modo caotico nei "due terzi del mondo" e che hanno poi conosciuto una complessa evoluzione.


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Revised last: 4/27/2007