Chi ha paura delle minoranze religiose

Chi ha paura delle minoranze religiose?

La costruzione sociale di un panico morale

Massimo Introvigne

Dalla "minaccia islamica" al "pericolo delle sette", le minoranze religiose sono oggi più spesso percepite come un problema sociale che non come una risorsa. Prima della Seconda guerra mondiale, i sociologi avevano già definito un problema sociale come "una condizione che è considerata da un buon numero di persone come una deviazione da norme sociali che hanno a cuore"[1]. Una letteratura recente, più ampia, suggerisce che - se i problemi sociali muovono da condizioni suscettibili di verifica empirica - come essi si sviluppano e sono rappresentati è il risultato di processi sociali molto più complicati. Non tutti gli specialisti di problemi sociali si considerano "costruzionisti", ma molti ammettono che, almeno in una certa misura, i problemi sociali sono socialmente costruiti e politicamente negoziati.

Negli anni 1970 fu sviluppato il nuovo concetto di "panico morale" per spiegare come alcuni problemi sociali siano ipercostruiti, e generino quindi paure esagerate. I panici morali sono stati definiti come problemi sociali socialmente costruiti caratterizzati da una reazione sproporzionata all'effettivo pericolo, sia nella rappresentazione mediatica sia nella discussione politica. Altre due caratteristiche sono state citate come tipiche dei panici morali. In primo luogo, problemi sociali che esistono da decenni sono ricostruiti nelle narrative mediatiche e politiche come "nuovi" (o come oggetto di una presunta e drammatica crescita recente). In secondo luogo, la loro incidenza è esagerata da statistiche folkloriche che, benché non confermate da studi accademici, sono ripetute da un mezzo di comunicazione all'altro e possono ispirare misure politiche[2]. Secondo Philip Jenkins (un eminente studioso "costruzionista"), "la reazione di panico non avviene a causa di una valutazione razionale della portata di una particolare minaccia". Piuttosto, è "il risultato di timori non ben definiti che finiscono per trovare un centro drammatico e semplificato in un particolare incidente o stereotipo, che quindi offre un simbolo visibile per la discussione e il dibattito"[3]. Jenkins sottolinea il ruolo nella creazione e gestione dei panici morali di "imprenditori morali" che hanno interesse a perpetuare specifici timori. Tuttavia, mette in anche in guardia contro il ritenere necessariamente "che programmi sinistri o segreti si nascondano dietro questi processi"[4]. La costruzione sociale dei problemi è un processo troppo complicato per essere attribuito interamente all'iniziativa di gruppi o lobbies identificabili come tali.

I pericoli della musica rock, l'abuso dei bambini in generale e specificamente l'abuso da parte di satanisti e di "preti pedofili", la presenza di hooligans tra i tifosi britannici di calcio, i serial killers, e molti altri problemi sono stati studiati come problemi socialmente costruiti e/o panici morali[5]. I panici morali hanno ai loro inizi condizioni obiettive e pericoli reali. Nessuno sosterrebbe seriamente che i serial killers, i preti (e i non preti) pedofili, i padri (e le madri) che commettono abusi non esistono, e questa stessa città di Torino ha visto la sua parte di tifosi di calcio violenti britannici (e non britannici). Il satanismo contemporaneo è stato talora decostruito come un problema sociale interamente inventato. Tuttavia, anche se non si sono trovate prove di una grande rete segreta di satanisti impegnati su scala mondiale a cibarsi ritualmente di bambini, episodi in Scandinavia, in Italia e altrove mostrano che piccoli gruppi di reali (e talora violenti) satanisti esistono davvero[6]. I panici morali, tuttavia, si sviluppano quando i fenomeni sono presentati come nuovi (mentre sono esistiti per decenni o secoli, eventualmente sotto altre forme e nomi), le statistiche sono grossolanamente esagerate, e misure politiche drastiche sono invocate sulla base di statistiche folkloriche. E' certamente vero che due serial killers o due pedofili sono due di troppo. Ma per valutare quale reazione sociale è appropriata è importante sapere se i satanisti sono qualche dozzina o qualche migliaio, se i preti cattolici pedofili sono diverse centinaia o diverse migliaia, e se i pedofili in generale sono migliaia, decine di migliaia, o milioni. E' anche importante raccogliere dati attendibili sull'incidenza relativa degli episodi più gravi all'interno di una categoria più ampia vagamente definita. Quando è citato il numero di crimini commessi da satanisti, ci piacerebbe sapere quanti di questi crimini consistano nello scrivere slogan anticristiani sulle mura delle chiese (un'attività che certamente giudico intollerabile) e quanti invece si riferiscono a violenze carnali, incesti o omicidi. L'abuso verbale è oggi spesso classificato all'interno della categoria generale dell'abuso sessuale, anche da tribunali di vari paesi. Ma rivolgere alla propria segretaria insulti sessualmente allusivi (un'attività, ancora, certamente poco raccomandabile) è tuttavia qualche cosa di diverso da una violenza carnale.

Le "sette" e i "culti" sono spesso stati studiati come obiettivi tipici dei panici morali. Per citare ancora Jenkins: "Le sette svolgono un'utile funzione integrativa offrendo un nemico comune, uno `straniero pericoloso' contro cui la maggioranza si può unire e riaffermare i suoi valori e credenze condivise. A seconda dell'ambiente legale e culturale di una data società, la tensione tra le 'sette' e la comunità maggioritaria può risolversi in persecuzione attiva o può prendere la forma di ostracismo e creazione di stereotipi negativi"[7]. Le società post-secolari contemporanee non accetterebbero facilmente cacce all'eretico teologiche o filosofiche. Sulla base di una difficile distinzione tra comportamenti e credenze[8], sospettano le religioni minoritarie di essere attivamente impegnate in una varietà di attività nocive, dalla frode al terrorismo. Nell'Europa Occidentale all'inizio soprattutto gruppi teologicamente marginali (anche se, su scala mondiale, i loro membri possono essere milioni) sono stati considerati con sospetto come "sette" o "culti", forse "distruttivi". Più recentemente gli aggettivi "fondamentalista" e "apocalittico" sono a loro volta diventati offensivi quando sono applicati a movimenti religiosi, non senza qualche confusione. "Vasti complotti di destra" sono stati citati da uomini politici più "a sinistra" per spiegare non solo i problemi privati del presidente Clinton[9], ma anche le attività di alcuni "culti", "sette" o anche organizzazioni non religiose rapidamente confuse con i "culti". In alcuni paesi dell'Europa dell'Est la parola-chiave, insieme con "culto" o "setta", è "missionario". Ogni sorta di cattive azioni sono imputate ai "missionari", normalmente "stranieri", che si trovano lì per "rubare il gregge" alle locali Chiese ortodosse. Nel mondo intero una nuova parola, "islamofobia", è stata aggiunta ai dizionari. E' definita come la logica (per la verità fallace) che vede in ogni musulmano un "fondamentalista" e in ogni "fondamentalista" un terrorista. Pressoché ovunque le minoranze religiose diventano, più che un agente sociale (e meno ancora una risorsa), un problema sociale e la materia di un panico morale.

Come si è accennato, i panici morali non mancano mai di qualche tipo di base obiettiva. Nessuno nega seriamente il pericolo del terrorismo islamico (benché alcuni potrebbero mettere in dubbio l'opportunità di usare l'aggettivo "islamico"). O le cattive maniere di alcuni missionari che entrano in nuovi campi di missione con un disinteresse completo per la cultura locale. O che alcuni nuovi movimenti religiosi sono stati, e sono tuttora, colpevoli di un certo numero di attività criminali, da evidenti casi di truffa fino agli orrori del Tempio Solare.

Ci viene detto ogni tanto dai critici che certi accademici sono "apologisti delle sette" pronti a negare che attività criminali o comunque illegali siano mai state perpetrate da nuovi movimenti religiosi o in genere da minoranze religiose. Questi "apologisti delle sette" sarebbero tipi piuttosto strani, ma se esistono io non ne ho mai incontrato uno. Naturalmente, dibattiti esistono fra gli studiosi su alcuni movimenti, e opinioni diverse sono manifestate sulle stesse riviste scientifiche circa l'esistenza o incidenza (sia storica sia contemporanea) di possibili attività illegali all'interno di un certo numero di gruppi. Fra questi i satanisti, The Family, la Chiesa di Scientology, o anche Aum Shinri-kyo, se la domanda è esattamente quanti membri in Giappone erano a conoscenza delle attività criminali di un certo numero di dirigenti. Il vero problema, tuttavia, è l'incidenza, non l'esistenza. La maggioranza degli specialisti di nuovi movimenti religiosi sottoscriverebbe la conclusione del recente rapporto svizzero su Scientology che "l'immensa maggioranza di questi gruppi [`sette' o `culti'] non rappresenta un pericolo per i loro membri né per lo Stato"[10]. Solo una piccola minoranza di studiosi, d'altra parte, sarebbe d'accordo con i rapporti parlamentari francese (1996) o belga (1997), che hanno elencato decine di gruppi come "sette" o "culti" attualmente o potenzialmente pericolosi.

I panici morali partono da una base nella realtà, ma si amplificano attraverso esagerazioni e statistiche folkloriche quando commenti adeguati se riferiti a uno o più incidenti particolari sono invece generalizzati. Questo è accaduto negli Stati Uniti dopo Jonestown (1978) e sta accadendo in Europa dopo il Tempio Solare (1994, 1995 e 1997). E' nell'amplificare - non nel creare - il panico morale che gli "imprenditori morali" con i loro interessi entrano nel quadro. Si tratta di un'intera gamma di diversi movimenti anti-sette, e alcuni di loro ricevono oggi in diversi paesi europei un grado senza precedenti di sostegno statale.

In questo contesto, alcuni dei rapporti parlamentari o amministrativi prodotti dopo gli incidenti del Tempio Solare in Europa hanno adottato un modello interpretativo tale - credo - da garantire virtualmente una futura ulteriore amplificazione dei panici morali. Faccio qui riferimento a quelli che potrei chiamare i documenti ufficiali di tipo I, tra cui il rapporto francese (1996), quello belga (1997), ampie parti del rapporto del Cantone di Ginevra (1997) e certamente tutto quanto è noto dei documenti dell'Osservatorio del Primo Ministro Francese sulle Sette (1998). Se non in Francia, le critiche degli studiosi dirette contro i rapporti di tipo I sembrano avere esercitato altrove una certa influenza. Abbiamo visto quest'anno quelli che chiamerei rapporti di tipo II pubblicati dal parlamento tedesco e dal Ministero degli Interni italiano (anche se quest'ultimo rapporto non era forse destinato originariamente ad essere reso pubblico). Ricomprenderei in questa più ampia categoria del tipo II la parte generale sulle "sette" del rapporto svizzero sulla Scientologia, e il rapporto Berger che è stato proposto - ma ultimamente non adottato - dal Parlamento europeo. Questi rapporti sono diversi l'uno dall'altro, e a loro volta sono al centro di un'ampia discussione: ma non applicano il modello che ispira i rapporti di tipo I, e prestano maggiore attenzione alle discussioni accademiche.

Ho presentato un modello in quattro stadi, che sta dietro ai rapporti di tipo I, in diverse circostanze, la più recente il 30 luglio quando sono stato onorato di essere chiamato a testimoniare nell'indagine condotta a Washington dalla Commissione per la sicurezza e la cooperazione in Europa e dalla Commissione parlamentare per le relazioni internazionali sul tema "L'intolleranza religiosa che continua in Europa". Riassumerò qui brevemente tale modello.

In primo luogo, il modello dichiara che alcune minoranze non sono veramente "religiose" ma qualcosa di diverso: "culti" o "sette" (qualcosa di diverse dalle religioni genuine), associazioni a delinquere o agenti dell'imperialismo straniero. Questo argomento non è particolarmente nuovo. Nel luglio 1877 l'autore anti-mormone G.H. Beadle scriveva sullo Scribner's Monthly che "gli americani hanno una sola religione nativa [il mormonismo] e questa è la sola apparente eccezione alla regola americana della tolleranza universale (...) Di questa anomalia sono offerte due spiegazioni: la prima, che gli americani non sono davvero un popolo tollerante e che quanto chiamiamo tolleranza è tale solo nei confronti del nostro comune protestantesimo, o più generalmente del cristianesimo; l'altra, che qualche cosa di peculiare al mormonismo lo esclude dalla sfera della religione"[11]. L'astuta osservazione di Beadle agiva come ricatto per il lettore americano, il quale poteva soltanto concludere che il mormonismo non è una religione. Infatti, il lettore era presumibilmente affezionato sia alla tolleranza religiosa sia all'idea che gli Stati Uniti sono, per definizione, il paese della libertà religiosa. In civiltà dove la libertà religiosa è riconosciuta come valore costituzionalmente protetto (ma la libertà religiosa è oggi garantita anche da trattati e dichiarazioni internazionali), l'unico modo per discriminare una minoranza religiosa è sostenere che non è religiosa affatto. Questo non significa che definire la religione sia un compito facile. Ho sostenuto altrove che le auto-definizioni da parte dei gruppi interessati sono chiaramente insufficienti, citando un certo numero di decisioni giudiziarie riferite a quelle che chiunque riconoscerebbe come truffe evidenti. Negli anni 1980 tribunali americani hanno concluso che, con il sostegno di avvocati con pochi scrupoli, un certo numero di cittadini piuttosto benestanti (molti di loro, per qualche ragione, piloti di linee aeree) avevano deciso di registrare le loro famiglie come Chiese (o come congregazioni delle cosiddette "Chiese per corrispondenza"). Chiamavano le loro case "canoniche" e persino le loro piscine "fonti battesimali"[12]. Contrariamente a quanto talora si afferma, la sentenza del 1997 sulla Scientologia della Corte di Cassazione italiana - un organo il cui nome viene spesso tradotto in inglese come "Corte Suprema", anche se coesiste con una Corte Costituzionale che ha funzioni diverse - non si è affidata alle auto-definizioni. Ha cercato una terza via tra le auto-definizioni e il "consenso della pubblica opinione" utilizzato come criterio da precedenti sentenze italiane. Questo criterio, ha affermato, non è valido giacché la pubblica opinione è facilmente vittima di pregiudizi nei confronti delle minoranze religiose. La Cassazione ha considerato più importante l'"opinione dei dotti" e degli studiosi. Infine, la Cassazione ha sostenuto che i padri della Costituzione italiana del 1947 non erano ingenui, ma molto accorti, quando garantirono alla religione una protezione costituzionale senza definirla. La religione, in effetti, è un concetto in continua evoluzione, e qualunque definizione proposta nel 1947 non avrebbe potuto comprendere fenomeni successivi, creando così discriminazione contro nuove forme che sarebbe stato impossibile prevedere oltre cinquant'anni fa[13]. Esaminando questa e altre sentenze, si può essere d'accordo con Greil quando afferma che da un certo punto di vista la "religione" non è "una caratteristica inerente a certi fenomeni, ma (...) una risorsa culturale attorno alla quale lottano gruppi con interessi diversi. Da questa prospettiva, la religione non è un'entità ma una rivendicazione proposta da certi gruppi, e - in alcuni casi - contestata da altri, del diritto ai privilegi collegati, in una data società, all'etichetta religiosa"[14]. In ogni caso, questi dibattiti sono qualcosa di diverso dalla rapida liquidazione di qualunque minoranza religiosa impopolare come non "veramente" religiosa.

In secondo luogo, il modello presuppone che quanto distingue le vere religioni dai gruppi che rivendicano falsamente il loro diritto all'etichetta religiosa è qualche cosa chiamato lavaggio del cervello, manipolazione mentale, o controllo mentale. Anche questo non è veramente nuovo. Beadle preferiva la teoria che il mormonismo fosse un'organizzazione politica il cui scopo fosse dominare il mondo (non che questo argomento non sia utilizzato contro altri gruppi oggi). Ma altri autori anti-mormoni come Maria Ward attribuivano il carattere non religioso del mormonismo al suo uso sistematico di "un'influenza magica e mistica" capace di privare i seguaci dell'"esercizio senza restrizioni della libera volontà". Questo è quanto "è oggi popolarmente noto con il nome di mesmerismo". Secondo la Ward il profeta mormone Joseph Smith "era venuto in possesso di conoscenze riguardo a quell'influenza magnetica diversi anni prima della loro circolazione generale nel paese" grazie a un "ambulante tedesco"[15]. Giacché la religione è, per definizione retorica, un esercizio di libera volontà, a una non-religione si può aderire solo se sottoposti a qualche forma di coercizione. Questo paradigma ipnotico utilizzato contro i mormoni riemerse - dopo che la guerra fredda aveva utilmente fornito la metafora del lavaggio del cervello - nelle "guerre delle sette" degli anni 1970 negli Stati Uniti e altrove. Alla fine degli anni 1980 le prime teorie "crude" del lavaggio del cervello erano state ampiamente screditate nel dibattito di lingua inglese. Nuove teorie del lavaggio del cervello sono state recentemente proposte da un certo numero di autori, tra cui Benjamin Zablocki[16]. Benché a loro volta controverse[17], queste teorie non pretendono di spiegare perché le persone aderiscono a certi movimenti (piuttosto, spiegherebbero perché i movimenti possono rendere difficile ai loro membri andarsene massimizzando i loro costi di uscita). Non proclamano neppure di aver trovato una formula per distinguere le religioni genuine dalle non-religioni come le "sette" o i "culti". Le teorie "crude" del lavaggio del cervello (con o senza l'uso del termine stesso "lavaggio del cervello") sono invece tuttora utilizzate nei rapporti europei di tipo I, e sono parte integrante del modello.

In terzo luogo, giacché le teorie del lavaggio del cervello sono oggetto di notevoli critiche da parte di studiosi, il modello richiede come terzo passo una discriminazione tra le fonti e le narrative. Il rapporto francese e quello belga usano poco, o niente affatto, le fonti accademiche. Il rapporto belga afferma esplicitamente di essere a conoscenza delle obiezioni accademiche contro il modello del lavaggio del cervello, ma di avere compiuto la scelta etica di preferire a queste obiezioni i racconti delle "vittime"[18]. Per "vittime" la Commissione belga intende quelli che i sociologi definiscono normalmente "apostati". Si tratta di quegli ex-membri che si sono trasformati in oppositori attivi del gruppo che hanno lasciato. Anche se molti di questi ex-membri non amano essere chiamati "apostati" il termine è tecnico, non offensivo, ed è stato usato dai sociologi per alcuni decenni come documenta il recente ed eccellente volume curato da David Bromley[19]. Forse termini diversi da "apostati" potranno essere usati in futuro: ma qualche tipo di termine è necessario per distinguere tra gli "apostati" e altri ex-membri che non diventano oppositori militanti del gruppo che hanno lasciato. Studi empirici sulla percentuale di apostati tra gli ex-membri sono disponibili solo per un numero limitato di nuovi movimenti religiosi, ma tutti suggeriscono che si tratta di una minoranza[20], forse tra il quindici e il venti per cento. La maggioranza degli ex-membri hanno piuttosto sentimenti ambivalenti a proposito della loro precedente affiliazione, e comunque non sono interessati a partecipare a crociate contro il gruppo che hanno lasciato. Gli "apostati" sono una minoranza interessante. Il modello, tuttavia, li considera come se si trattasse degli unici rappresentanti dell'intera, ben più ampia categoria degli ex-membri.

Alle obiezioni secondo cui gli "apostati" non sono obbligatoriamente rappresentativi risponde il quarto stadio del modello. I "culti" o le "sette" non sono religioni. Non lo sono perché usano il lavaggio del cervello, mentre alle religioni si aderisce per definizione con un atto della volontà libera. Sappiamo che usano il lavaggio del cervello perché ci fidiamo della testimonianza delle "vittime" (cioè degli "apostati"). Sappiamo che gli "apostati" sono rappresentativi rispetto ai membri (o almeno agli ex-membri) del gruppo perché sono esaminati e selezionati da organizzazioni private di vigilanza affidabili. Una facile obiezione al rapporto belga (dove, a differenza del rapporto francese, i verbali delle udienze sono stati pubblicati) è che per la maggioranza dei "culti" o "sette" la Commissione ha ascoltato uno, due o in ogni caso un numero molto limitato di ex-membri. Perché questi debbano essere considerati rappresentativi della più ampia categoria degli ex-membri in generale non è veramente spiegato. Tuttavia, alla luce di commenti nel rapporto stesso, è come minimo probabile che nella maggioranza dei casi siano stati selezionati e presentati alla Commissione da organizzazioni anti-sette, il cui ruolo è sia lodato sia sostenuto dal rapporto. Le organizzazioni anti-sette, ci viene detto, sono più affidabili degli accademici perché le prime, a differenza dei secondi, hanno un'esperienza "pratica" e lavorano con le "vittime".

Questo modello a quattro stadi svolge un ruolo importante nel perpetuare il panico morale, e sembra sia strettamente seguito da documenti e istituzioni pubbliche nell'Europa di lingua francese (ma, occasionalmente, emerge anche altrove). Anche se la transizione dai rapporti di tipo I al tipo II è un segno incoraggiante, e i panici morali normalmente non durano decenni, una domanda finale - o un oggetto per ulteriori studi - può essere perché esattamente i panici morali a proposito di minoranze religiose siano diventati più frequenti negli ultimi anni in Europa. Gli avvenimenti del Tempio Solare, per quanto orribili, sono stati un catalizzatore più che una causa. Non c'è tempo oggi per entrare veramente nella discussione sulle relazioni tra postmodernità e religione[21]. Un certo numero di sociologi distingue fra teorie postmoderniste e la postmodernità come fatto[22]. Si dibatte ampiamente se le teorie postmoderniste siano di qualche utilità per lo studio dei movimenti religiosi contemporanei. D'altra parte, le teorie generali della postmodernità normalmente comprendono la discussione dell'emergere di un atteggiamento critico nei confronti della razionalizzazione, del razionalismo, e del concetto moderno di scienza.

Benché ci si metta spesso in guardia contro il vedere la postmodernità come semplicemente "irrazionale"[23], la crisi del razionalismo moderno apre la strada a un nuovo atteggiamento nei confronti del sacro. Questo atteggiamento non rivitalizza necessariamente la religione maggioritaria, giacché quest'ultima si è spesso adattata alla razionalizzazione e alla modernità. L'"irrazionale" religione postmoderna "accade" in gran parte al di fuori delle Chiese maggioritarie (qualche volta al loro interno, ma in forma di nuovi movimenti) ed è stata chiamata nuova religiosità, o nuova consapevolezza religiosa. Non tutti vedono con favore i processi di postmodernizzazione. Esistono istituzioni il cui compito è proteggere i valori cruciali della modernità. Quasi ovunque la scienza "ufficiale" mette in guardia nei confronti della "pseudoscienza". Avvenimenti recenti in Italia, dove una cura miracolosa contro il cancro rifiutata dalla scienza medica ufficiale ha ricevuto un grande sostegno popolare ed è diventata un importante problema politico, confermano che la scienza "ufficiale" non è sempre considerata infallibile neppure dalle forze politiche - forse un altro argomento per affermare che la postmodernità esiste. Mentre in altri paesi il laicismo organizzato è ridotto ad un piccolo fenomeno, nei paesi di lingua francese la secolare eredità rivoluzionaria della "laïcité" è presa molto sul serio. In una recente proposta approvata dal Senato francese, che mira a ridurre la possibilità di impartire l'educazione scolastica ai figli in casa, ci viene detto che i valori laici sono minacciati da un'educazione "settaria". Commenti simili sono inclusi nella parte nota del rapporto del 1998 dell'Osservatorio del Primo Ministro sulle Sette. Anche se la religione "irrazionale" postmoderna certamente non si limita ai nuovi movimenti religiosi - e infatti l'Osservatorio francese cita come potenzialmente pericolosi, nella stessa vena, il New Age e le attività in Francia di predicatori evangelici americani - le "sette" e i "culti" sono facilmente identificati come agenti dell'irrazionalità. I panici morali contro le minoranze religiose possono così essere letti, particolarmente in alcuni paesi, come forme di una reazione laicista contro la religione postmoderna.

D'altra parte, gli studiosi della religione sono spesso accusati di rimanere isolati, e di prestare poca attenzione agli studi compiuti al di fuori del loro campo specialistico. Questo è certamente vero se si prende in esame la postmodernità, una condizione che è stata più spesso studiata con pochi riferimenti alla religione. La modernità è stata a lungo identificata con processi di differenziazione (durkheimiani) combinati con la razionalizzazione (weberiana). In nessun campo questi processi sono stati più studiati e dibattuti che in quello della politica e dello Stato. Sia Poggi sia Giddens hanno definito lo Stato moderno come una potente macchina centralizzata capace di tollerare la diversità perché è anche capace di aumentare il controllo attraverso la razionalizzazione e la burocrazia. Giddens ci dice che la modernità ha visto la crescita progressiva del controllo statale e della sua estensione[24]. La postmodernità in questo contesto è stata descritta come la crisi dello Stato moderno a causa di un cambiamento dal basso e di un decentramento verticale. "A differenza del decentramento orizzontale, che è normalmente guidato dall'alto, il decentramento verticale è normalmente lo sbocco di pressioni incontrollate e anti-istituzionali dal basso"[25]. Verrebbe la tentazione di paragonare i nuovi movimenti religiosi ai "nuovi movimenti sociali" studiati da Offe e considerati un aspetto cruciale della postmodernità politica[26]. Tuttavia i nuovi movimenti sociali di Offe sono stati originariamente descritti come organizzati in modo fluido, una caratteristica che si può attribuire al New Age ma non alla Chiesa di Scientology. Offe, tuttavia, ha più tardi notato una istituzionalizzazione dei nuovi movimenti sociali[27]. Più in generale, la postmodernità è spesso vista come un'espansione del settore privato che lo Stato ha difficoltà a controllare. Le nuove tecnologie rendono molto più facile per il settore privato eludere il controllo, e sembrano giustificare le affermazioni secondo cui il settore privato è oggi incontrollabile e caotico. Dopo essersi fatti una immagine del dominio dell'Anticristo prima del Millennio nella forma di uno Stato moderno che controlla tutto, anche alcuni protestanti evangelici pongono le loro speranze in Internet. Nei romanzi evangelici di grande successo della serie Left Behind[28] un solo cristiano con un computer può tenere testa all'Anticristo comunicando via Internet da un rifugio sotterraneo segreto, con l'aiuto soltanto di un pugno di amici fedeli. Questi cristiani sono perfettamente convinti che il Web, come la televisione dai predicatori, può essere utilizzato a servizio del bene. Tuttavia, rimangono impauriti di fronte agli "stranieri" e alla globalizzazione. Quando uno straniero per eccellenza diventa, nel primo romanzo della serie, segretario generale delle già sospette Nazioni Unite, ci rendiamo subito conto che è al servizio del Male. Viene dalla Romania, un paese che evoca tradizionalmente immagini oscure, dal conte Dracula al compagno Ceausescu. Quando il romeno trasforma le Nazioni Unite in un governo mondiale, la Comunità Globale che ha sede in una città chiamata Nuova Babilonia, non abbiamo bisogno di un teologo del Dallas Theological Seminar per capire che si tratta dell'Anticristo. E' un universo in bianco e nero dove la localizzazione tramite Internet è "buona" e la globalizzazione è "cattiva". Lo Stato moderno è nato come Stato nazionale, e si sente minacciato sia dalla localizzazione e dal decentramento verticale dal basso, sia dalla globalizzazione dall'alto. Chi si è autonominato custode della modernità politica può certamente pensare che il settore privato cresca in modo "impazzito", e che ci sia bisogno di più controllo. I panici morali a proposito delle minoranze religiose offrono un'eccellente occasione per confermare che l'espansione, apparentemente illimitata, del settore privato è potenzialmente pericolosa. Lasciate le organizzazioni private senza controlli come oggi sono, e vi ritroverete il Tempo Solare.

I movimenti di reazione contro la postmodernità, che chiedono un ritorno al buon vecchio Stato centralista (in Russia, forse, al buon vecchio Stato precedente al 1989), sono molto diffusi, e possono difficilmente essere attribuiti ad una singola forza. Le minoranze religiose minacciate spesso incolpano i socialisti, o la "destra", o le Chiese maggioritarie per i loro problemi. Il socialismo è per definizione in favore di un maggiore controllo statale, ma lo stesso si può dire di alcuni "conservatori" del tipo che invoca volentieri legge e ordine. Le Chiese maggioritarie hanno mostrato un'intera gamma di atteggiamenti diversi a proposito delle minoranze religiose e delle cacce ai "culti" o alle "sette". In alcuni paesi dell'Est europeo le Chiese ortodosse stanno cercando di ritornare a una sorta di monopolio di Stato, con diversi risultati. Nell'Europa Occidentale, le Chiese maggioritarie hanno un'ampia varietà di atteggiamenti, e talora si trovano a dover difendere gruppi che, al loro interno, sono accusati di essere "culti" o "sette" pericolose. Le controversie a proposito dell'Opus Dei, di comunità all'interno del Rinnovamento dello Spirito Cattolico in Francia, dell'Oeuvre (una congregazione cattolica) in Belgio, e di predicatori evangelici collegati al Trinity Broadcasting Network in un certo numero di paesi sono esempi di questa situazione. E forse è ancora più importante ricordare che le Chiese maggioritarie non hanno mai sostenuto senza riserve lo Stato moderno.

I panici morali non sono creati da una singola mano nascosta. Né normalmente muoiono quando la mano nascosta è smascherata. Spariscono quando il pubblico in generale perde interesse all'argomento, o è raggiunto da valutazioni e statistiche più equilibrate. Come tutti sappiamo, quello delle minoranze religiose è un soggetto delicato. Gli ambasciatori che recano notizie che si oppongono al clima generale di un panico morale facilmente portano pena. Contro-movimenti che denunciano gli "apologisti" o i "compagni di viaggio" di quello che è percepito come "il nemico" non sono sorprendenti. Fanno parte integrante di ogni panico morale che si rispetti. Alla fine, tuttavia, questi contro-movimenti non sono davvero importanti. Le società, se intendono sopravvivere, normalmente - forse dopo un lungo e doloroso processo di prova ed errore - pervengono a identificare e valutare in modo più realistico le condizioni obiettive che si trovano alla radice di un panico morale. Così i mali reali sono affrontati per quello che sono, mentre le frange paranoiche che denunciano mali immaginari sono emarginate. Nell'attuale situazione europea sembra che ci troviamo ancora piuttosto lontani da questo eventuale lieto fine. I messaggeri di notizie equilibrate - anche se non necessariamente buone - devono continuare il loro lavoro, per quanto sparare sul messaggero sia destinato a rimanere in questo campo uno sport popolare.

 

[1] R.C. Fuller - D. Myers, "The Natural History of a Social Problem", American Sociological Review, 6 (1941).

[2] Erich Goode - Nachman Ben-Yehuda, Moral Panics, Basil Blackwell, Oxford 1994. Cfr. anche Stan Cohen, Folk Devils and Moral Panics. The Creation of the Mods and Rockers, Basil Blackwell, Oxford 1972; e Stewart Hall et al. Policing the Crisis, Routledge, Londra 1978.

[3] Philip Jenkins, Pedophiles and Priests. Anatomy of a Contemporary Crisis, Oxford University Press, New York e Oxford 1996, p. 170.

[4] Ibid., p. 5.

[5] Cfr. per esempio, Joel Best, Threatened Children, University of Chicago Press, Chicago 1990; Philip Jenkins, Intimate Enemies. Moral Panics in Contemporary Great Britain, Aldine de Gruyter, Hawthorne (New York) 1992; Id., Using Murder. The Social Construction of Serial Homicide, Aldine de Gruyter, Hawthorne (New York) 1994; James F. Richardson, Joel Best e David Bromley (a cura di), The Satanism Scare, Aldine de Gruyter, Hawthorne (New York) 1991.

[6] Cfr., su questo punto, il mio Enquête sur le satanisme. Satanistes et antisatanistes du XVIIe siècle à nos jours, ed. fr. aggiornata, Dervy, Parigi 1997.

[7] P. Jenkins, Pedophiles and Priests, cit., p. 158.

[8] Cfr., su questo punto, il mio "New Religious Movements and the Law: A Comparison between Two Different Legal Systems (The United States and Italy)", in Eileen Barker - Margit Warburg (eds.), New Religions and New Religiosity, Aarhus University Press, Aarhus-Oxford 1998, pp. 276-291.

[9] Per chi ha meno familiarità con la politica americana sarà opportuno ricordare qui che la First Lady aveva originariamente attribuito l'invenzione dell'intera vicenda Lewinsky a un "vasto complotto di destra".

[10] La Scientologie en Suisse. Rapport préparé à l'intention de la Commission Consultative en matière de protection de l'État, Departement Fédéral de Justice et Police, Berna 1998, pp. 132-133.

[11] G.H. Beadle, "The Mormon Theocracy", Scribner's Monthly, vol. 14, n. 3 (luglio 1877), p. 391.

[12] Cfr. la mia relazione nel quadro del progetto LISOR-MTSR "The Definition of Religion: Concepts, Contexts and Contests", (atti in corso di pubblicazione presso Brill, Leida, nel 1999). Sulle "Chiese per corrispondenza" cfr. Bruce Casino, "'I Know It When I See It': Mail-Order Ministry Tax Fraud and the Problem of a Constitutionally Acceptable Definition of Religion", American Criminal Law Review, vol. 25, n. 1 (1987), pp. 113-164.

[13] Corte Suprema di Cassazione, sentenza n. 1329 dell'8 ottobre 1997, Bandera et al.

[14] A. L. Greil, "Sacred Claims: The `Cult Controversy' as a Struggle over the Right to the Religious Label", in David G. Bromley - Lewis F. Carter (a cura di), The Issue of Authenticity in the Study of Religion, JAI Press, Greenwich (Connecticut) 1996, pp. 46-63 (48).

[15] Maria Ward, Female Life Among the Mormons, Routledge, Londra 1855, p. 230.

[16] Benjamin D. Zablocki, "Exit Cost Analysis: A New Approach to the Scientific Study of Brainwashing", Nova Religio: The Journal of Alternative and Emergent Religions, vol. 1, n. 2 (1998), pp. 216-249.

[17] Cfr. la risposta a Zablocki di David G. Bromley, "Listing (in Black and White) Some Observations on (Sociological) Thought Reform", Nova Religio: The Journal of Alternative and Emergent Religions, vol. 1, n. 2 (1998), pp. 250-66; e la "Reply to Bromley" dello stesso Zablocki, ibid., pp. 267-271.

[18]Chambre des Représentants de Belgique, Enquête parlementaire visant à élaborer une politique en vue de lutter contre les pratiques illégales des sectes et les dangers qu'elles représentent pour la société et pour les personnes, particulièrement les mineurs d'âge. Rapport fait au nom de la Commission d'Enquête, Chambre des Représentants de Belgique, Bruxelles 1997, 2 voll., vol. II, pp. 114-118.

[19] Cfr. David G. Bromley (a cura di), The Politics of Religious Apostasy. The Role of Apostates in the Transformation of Religious Movements, Praeger, Westport (Conn.) 1998. Cfr. pure la precedente raccolta pure a cura di D. Bromley: Falling from the Faith. Causes and Consequences of Religious Apostasy, Sage Publications, Newbury Park e Londra 1988.

[20] Cfr. Janet Jacobs, Divine Disenchantment. Deconverting from New Religions, Indiana University Press, Bloomington 1989; Trudy Solomon, "Integrating the Moonie Experience. A Survey of Ex-Members of the Unification Church", in Thomas Robbins - Dick Anthony (a cura di), In Gods We Trust. New Patterns of Religious Pluralism in America, Rutgers University Press, Princeton (New Jersey) 1982, pp. 275-294; James R. Lewis, "Reconstructing the `Cult' Experience", Sociological Analysis, vol. 47, n. 2 (1986), pp. 151-159; Id., "Apostates and the Legitimation of Repression. Some Historical and Empirical Perspectives on the Cult Controversy", Sociological Analysis, vol. 49, n. 4 (1989), pp. 386-396; e il mio "Defectors, Ordinary Leavetakers, and Apostates: A Quantitative Study of Former Members of New Acropolis in France", in corso di pubblicazione in Nova Religio: The Journal of Alternative and Emergent Religions.

[21] Cfr., per alcune prospettive, con riferimento esplicito ai nuovi movimenti religiosi, Kieran Flanagan e Peter C. Jupp (a cura di), Postmodernity, Sociology and Religion, Macmillan, Basingstoke e Londra 1996; e il mio Il sacro postmoderno. Chiesa, relativismo e nuova religiosità, Gribaudi, Milano 1996.

[22] Cfr. per un'eccellente visione d'insieme Stephen Crook - Jan Pakulski - Malcolm Waters, Postmodernization. Change in Advanced Society, Sage Publications, Londra 1992.

[23] S. Crook - J. Pakulski - M. Waters, op. cit., p. 63.

[24] Anthony Giddens, Nation-State and Violence, University of California Press, Berkeley 1985; Gianfranco Poggi, The State, Polity, Cambridge 1990.

[25] S. Crook - J. Pakulski - M. Waters, op. cit., p. 98.

[26] Claus Offe, "New Social Movements: Challenging the Boundaries of Institutional Politics", Social Research, vol. 52, n. 4 (1985), pp. 817-868.

[27] C. Offe, "Reflections of the Institutional Self-Transformation of Movement Politics: A Tentative Stage Model", in Russell J. Dalton - Manfred Kuechler (a cura di), Challenging the Political Order, Polity, Cambridge 1990, pp. 232-250.

[28] Tim LaHaye - Jerry V. Jenkins, Left Behind. A Novel of the Earth's Last Days, Tyndale House Publishers, Wheaton (Illinois) 1995. I volumi della serie pubblicati fino ad oggi (presso lo stesso editore) sono: Tribulation Force. The Continuing Drama of Those Left Behind (1997), Nicolae. The Rise of Antichrist (1997), Soul Harvest. The World Takes Sides (1998).


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