ROMA - Lasciano Cristo per adorare Krishna, Shiva e Kalì. Si chiudono in monasteri dalle regole severissime e fanno il sacrificio del latte alle divinità dalle cento braccia. Cercano la risposta alle sofferenze del mondo nella grande ruota della reincarnazione. Sono gli italiani che hanno scelto l'induismo come pratica di fede. Una tribù che fa parte della grande "migrazione spirituale" che sta sconvolgendo l'Occidente. Aumentano sempre più, infatti, colori che nei paesi di antica fede cristiana si richiamano ad una religiosità senza volere il legame con una Chiesa specifica. Believing not belonging è il termine coniato dai sociologhi. Credere senza appartenere.
Sull'88 per cento degli italiani, che si professano religiosi, queste anime erranti sono più della metà. Il 48 per cento rifiuta una pratica irreggimentata nelle istituzioni ecclesiastiche. Papa Wojtyla ne è assai preoccupato. Anche ieri ha messo in guardia dalla "pericolosa tendenza a costruirsi una fede soggettiva". Ma gli appelli del pontefice non arrestano il fenomeno.
Gli italiani che hanno fatto il salto verso l'induismo sono quindicimila, ma ormai ben radicati nel nostro paese. Non sono più figli dei fiori sedotti dai Beatles o da qualche guru incontrato in viaggio. "Sono persone - spiega Massimo Introvigne - che hanno trovato nella reincarnazione la risposta principale al problema della sofferenza e all'interrogativo su ciò che succede dopo la morte. Peccato originale, giudizio universale, resurrezione non li convincono più".
Dire induismo non vuol dire una religione. Il concetto comprende tante religioni, fedi e correnti culturali. Massimo Introvigne direttore del Cesnur (Centro studi nuove religioni) ha appena terminato la mappa degli induisti italiani insieme a Pier Luigi Zoccatelli e Federico Squarcini. Il lavoro sarà presentato oggi in un convegno a Torino. I centri italiani sono già quarantacinque e il movimento più numeroso è di Sai Baba (di cui fa parte Antonio Craxi) con quattromila aderenti. Ma anche il gruppo della "maestra" Amma ha parecchi adepti. Quando Amma, una guru nata in un povero villaggio nel Kerala che ha cominciato a predicare nel 1979 guadagnandosi il titolo di "Madre che dimora nella beatitudine del nettare divino", è venuta a Torino nel novembre scorso, sono arrivati per lei seguaci da tutti i paesi d'Europa. A Pinerolo ha riempito il palazzetto dello sport.
I dirigenti italiani di questi gruppi induisti provengono generalmente dalla generazione sessantottina, però nel frattempo le conversioni non sono più frutto della vecchia fascinazione del viaggio in India. Vicino a Savona c'è il monastero induista più grande d'Europa, tutto gestito da italiani purisssimi, meta frequentata di nostri connazionali e di immigrati dell'India e dello Sri Lanka. "Con tanti templi e sacrifici che sembra di stare a Benares", dice Pier Luigi Zoccatelli. Il segreto dell'attrazione, racconta lo studioso, sta nella convinzione di poter "raggiungere il benessero psico-fisico attingendo ad un'antichissima tradizione di verità primarie". E' il sogno di arrivare alla Verità senza Dogma.
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