Il video completo del Webinar è disponibile all’indirizzo https://www.cesnur.org/2020/webinar-on-shincheonji.htm e qui in calce.
Torino, 21 luglio 2020 (l.c,) Il CESNUR, il Centro Studi sulle Nuove Religioni diretto a Torino dal sociologo Massimo Introvigne, e la ONG belga Human Rights Without Frontiers hanno promosso un Webinar sul tema “COVID-19 e libertà religiosa: il caso della chiesa Shincheonji in Corea del Sud”.
Shincheonji è un nuovo movimento religioso coreano fondato nel 1984 da Lee Man Hee. Uno dei suoi membri, la “Paziente 31”, prima di essere diagnosticata come infetta dal COVID-19, ha contagiato migliaia di correligionari. Secondo gli organizzatori del seminario, Shincheonji ha certo commesso errori nella gestione della vicenda, ma la reazione sproporzionata delle autorità coreane viola gravemente il principio di libertà religiosa. In effetti, i nemici di Shincheonji cercano da decenni di mettere fuori legge questo movimento con il sostegno di alcune forze politiche, e oggi si servono della pandemia come di un’occasione per distruggere un gruppo religioso.
Rosita Šorytė, una ex-diplomatica lituana autrice di uno studio sull’organizzazione umanitaria HWPL, che è diretta dallo stesso fondatore di Shincheonji, Lee Man Hee, e J. Gordon Melton, docente alla Baylor University di Waco, Texas, e notissimo specialista di nuovi movimenti religiosi, hanno introdotto il seminario osservando che in tempi di crisi le minoranze religiose che hanno nemici potenti diventano spesso capri espiatori. “Setta”, ha commentato Melton, è un’etichetta discutibile spesso usata dalle maggioranze per discriminare minoranze che percepiscono come concorrenti fastidiosi.
Massimo Introvigne, che ha studiato Shincheonji e ha pubblicato sul movimento i primi studi in lingue diverse dal coreano, ha spiegato come i protestanti fondamentalisti e conservatori, che sono numerosi e potenti in Corea, promuovono da anni campagne contro Shincheonji perché questo gruppo è cresciuto in modo rapido e spettacolare convertendo soprattutto loro fedeli. Le campagne sono riuscite a costruire un’immagine negativa di Shincheonji sui media, il che spiega perché molti membri siano riluttanti a fare sapere che fanno parte dell’organizzazione.
Alessandro Amicarelli, avvocato del Foro di Londra e presidente della Federazione Europea per la Libertà di Credo (FOB), ha esposto nel dettaglio le accuse a Shincheonji. Il gruppo è accusato di avere favorito la diffusione del virus fornendo liste incomplete dei suoi membri quando queste sono state richieste dalle autorità, ma in realtà liste sostanzialmente accurate sono state fornite in pochi giorni. Shincheonji ha fatto del suo meglio per collaborare in una condizione obiettivamente difficile.
Willy Fautré, direttore di Human Rights Without Frontiers (HRWF), ha tracciato la storia dell’opposizione a Shincheonji in Corea del Sud, insistendo sul fatto che questa si è spesso manifestata nella forma violenta della deprogrammazione, cioè nel rapimento di membri di Shincheonji che sono poi imprigionati in motel o chiese protestanti e sottoposti a pressioni psicologiche, e talora violenze fisiche, per indurli ad abbandonare la loro religione.
Ciarán Burke, professore di Diritto Internazionale all’Università Friedrich Schiller di Jena, in Germania, ha affermato che con la sua reazione sproporzionata contro Shincheonji – chiese chiuse, dirigenti arrestati, misure che rivelano una chiara volontà di distruggere il movimento – la Corea del Sud viola gli obblighi derivanti dalle convenzioni internazionali sui diritti umani. Dopo la sua esperienza con la MERS, la Corea del Sud si è dotata di una legge che conferisce poteri eccezionali al governo in casi di epidemia. Tuttavia, secondo Burke, questi poteri devono essere esercitati secondo un principio di proporzionalità, chiaramente violato quando sono stati chiesti nomi e indirizzi anche dei membri stranieri di Shincheonji che non sono mai stati in Corea, o mantenendo chiuse le chiese del movimento anche ora a emergenza passata.
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