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Un monumento da salvare: il Noviziato delle Suore di Carità di Santa Giovanna Antida a Torino

di Massimo Introvigne

 

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Le relazioni fra religione e arte moderna sono oggetto da tempo dell’interesse del CESNUR. Non deve dunque sorprendere se oggi ci preoccupiamo del rischio che corre una delle opere più importanti di architettura religiosa della città dove il CESNUR ha la sua sede, Torino, lanciando un appello per cui chi può e chi deve intervenga. Il Noviziato delle Suore di Carità di Santa Giovanna Antida, progettato da Giorgio Raineri (1927-2012), rischia una pesante trasformazione che ne altererebbe le caratteristiche architettoniche.

L’edificio è stato concluso nel 1964. Nel 1966 è stato insignito del premio INARCH ed è stato oggetto di pubblicazioni in numerose riviste del settore in diversi paesi del mondo. Nei primi anni 1990 è stato presentato, fra l’altro, in una mostra sulle eccellenze italiane organizzata dal Guggenheim di New York, e in esposizioni al Museum of Modern Art (MoMA, sempre a New York), al Centre Pompidou di Parigi e alla Triennale di Milano. Nel 2016 è stato nuovamente esposto alla Triennale, come uno tra i duecento edifici più significativi costruiti dal 1945 al 2000 in Italia.

Nel 1991 l’edificio ha cessato la sua funzione di noviziato ed è stato acquistato dalla famiglia Cinzano, che lo ha affittato a una società multinazionale attiva nel commercio dei liquori. Chi lo occupava, avendone capito il valore architettonico, lo aveva adattato alle proprie esigenze senza stravolgerlo. Il passaggio di proprietà e il trasferimento della ditta locataria lo hanno lasciato vuoto.

L’edificio è ubicato sulla vetta della collina alle spalle del Monte dei Cappuccini, sopra Viale Thovez, dunque fuori delle mura della vecchia cinta daziaria di Torino. È immerso nel parco della collina torinese in mezzo ad altri edifici di carattere religioso-monastico, anch’essi in buona parte oggi in fase di trasformazione.

Alcune caratteristiche del Noviziato lo rendono un caso unico nell’architettura religiosa italiana moderna. La classica manica ad “L” di questo genere di edifici è stata reinventata, anche a causa della necessità di mantenere una certa distanza dai confini come richiesto dal Piano Regolatore. La cappella è stata pertanto accorpata all’edificio. Per isolarla dal resto del Noviziato, sono state frapposte due lunghe scalinate a tutta altezza, estremamente scenografiche e con funzione insonorizzante. L’edificio è diventato così un corpo compatto a pianta quadrata con tagli sporti ed altre numerose invenzioni che lo rendono movimentato pur nella severità del carattere generale.
La cappella gode di tagli di luce verticale ed è sovrastata da una selva di lanterne poste sulla copertura che portano luce indiretta all’ambiente. La struttura che sorregge la cappella è composta da una travatura orizzontale 3x3, numeri cui il progettista conferiva un valore simbolico. Lo spigolo frastagliato rivolto ad est della cappella era coperto da vetri istoriati su disegno dell’architetto.

Il tema più significativo dell’edificio rimane quello della contestualizzazione. L’architettura utilizzata, pur mostrando di aver appreso la lezione dello stile internazionale, se ne distacca con una ricerca estetica più approfondita. Le facciate contrassegnate da finestrature a tutta altezza, che si rastremano ad ogni passaggio di piano, sono incassate per la larghezza degli scuri, concedendo così quell’intimità richiesta dalla funzione religiosa e nascondendo alla vista, quasi in segno di candido pudore, le gelosie.

Il disegno complessivo dei prospetti, contrassegnati sia dai tagli sia dal cornicione inclinato rivestito di rame ossidato, sia ancora dalla scelta materica e di colori, può ricordare nell’intento del progettista il disegno stilizzato di un bosco. La Sovrintendenza aveva espressamente richiesto di inserire nel parco un’architettura poco invasiva e che non superasse una certa altezza per non ostacolare la visuale sul soprastante edificio del Convitto Vedove Nubili (restaurato in precedenza dallo stesso Giorgio Raineri).
La scelta dei tagli verticali – peraltro già proposta dallo stesso progettista in un edificio da lui progettato alcuni anni prima con Roberto Gabetti (1925-2000) a Mazzè) – porta a una nuova tematica, che si rincorrerà in alternanza di progetti con il collega Ignazio Gardella (1905-1999: Villaggio Borsalino ad Alessandria, Facoltà di Architettura di Genova).

In sintesi, il progetto è portatore di numerose innovazioni nell’arte della composizione architettonica, che ne determinerà il successo di critica negli anni a seguire. La trasformazione che sta subendo ne prevede la trasformazione in parte in alloggi e in parte in uffici. L’edificio ha il solo vincolo paesaggistico della collina di Torino e il piano regolatore lo inquadra con destinazione TE (prevalente terziario).

Un appello per salvaguardare l’edificio è stato lanciato due anni fa, ed appoggiato dalle principali facoltà di architettura italiane, da numerosi critici d’arte e da architetti, anche di fama internazionale. Le istituzioni non hanno finora dato risposta.

Nel mese dicembre 2016 è stato organizzato a Torino un convegno promosso dai dipartimenti di progettazione architettonica delle facoltà di architettura italiane sul tema della salvaguardia del moderno. Uno degli edifici discussi nel convegno è stato appunto il Noviziato.

La trasformazione in atto rischia di pregiudicare un importante lezione di stile, oggi forse difficile da capire. In un clima di ritorno dell’international style, con edifici poco rappresentativi della cultura italiana e sempre più votati all’apparire piuttosto che all’essere, un patrimonio importante rischia di andare perduto.