CESNUR - Centro Studi sulle Nuove Religioni diretto da Massimo Introvigne
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Una notizia rilevante si registra nel panorama italiano dell’accademia, con l’attivazione nel primo semestre dell’anno 2017-2018 di un apposito corso presso il Dipartimento di Studi Storici dell’Università di Torino (corso di laurea in Storia), che si propone di offrire da una parte un inquadramento generale dello studio storico dell’esoterismo occidentale per come si è sviluppato in particolare negli ultimi venticinque anni, dall’altra un’analisi di alcuni casi significativi della presenza del pensiero esoterico nella cultura italiana tra Ottocento e Novecento. La titolarità del corso – nella sua veste di visiting professor – è stata affidata a Marco Pasi, professore associato di Storia della filosofia ermetica e correnti correlate presso l’Università di Amsterdam (UvA). Laureato in Filosofia all’Università Statale di Milano, Pasi ha conseguito a Parigi un dottorato in Storia delle religioni presso l’École Pratique des Hautes Études. È autore, tra l’altro, del libro Aleister Crowley and the Temptation of Politics – pubblicato nel 2014 (ampia rielaborazione del testo Aleister Crowley e la tentazione della politica, edito nel 1999 da Franco Angeli) – e ha pubblicato numerosi saggi sulla storia dell’esoterismo tra Ottocento e Novecento, soprattutto in relazione all’arte, alla politica e alla sessualità. Ha curato diverse mostre sul rapporto tra arte e occulto. È attualmente il Segretario generale dell’Associazione Europea per lo Studio delle Religioni (EASR) e dirige la collana Aries Book Series per Brill. Lo abbiamo incontrato per rivolgergli alcune domande.
D – Inizierei chiedendole a quali circostanze è dovuta l’attivazione del corso d’inquadramento generale dello studio storico dell’esoterismo occidentale presso l’Università di Torino, e quali prospettive ci si possono attendere in futuro in seguito a questa iniziativa per il mondo della ricerca universitaria in Italia.
R – A dire la verità, da un punto di vista puramente formale, quello che sto tenendo presso l’Università di Torino è un corso di “Storia delle religioni”, e fa parte del programma per la laurea triennale in Storia. Ma, per quanto riguarda i contenuti, è vero che si tratta di un corso interamente dedicato allo studio dell’esoterismo occidentale, con una prima parte di tipo introduttivo e una seconda parte più monografica. L’inserimento in un insegnamento di storia delle religioni ha una sua logica: all’estero lo studio dell’esoterismo occidentale si è sviluppato soprattutto in quel contesto accademico più ampio. L’iniziativa è partita dal collega Natale Spineto, che insegna Storia delle religioni e che, pur occupandosi normalmente di altri argomenti, segue da tempo con curiosità gli sviluppi di questo campo di studi dedicato all’esoterismo. E così ho ricevuto un invito a tenere questo corso come visiting professor per un semestre. Avendo svolto tutta la mia carriera accademica all’estero, prima a Parigi e poi ad Amsterdam, è per me un piacere portare queste tematiche nelle aule di un’università italiana, cercando di spiegare ai giovani studenti che frequentano il corso qual è la rilevanza storica e culturale dell’esoterismo. Non credo però che questo corso apra prospettive nuove per questo campo di studi in Italia, almeno nell’immediato. Semmai il suo valore è soprattutto simbolico: è un segnale di apertura, e mostra che oggi è possibile parlare seriamente e con rigore scientifico di certi argomenti anche nel nostro Paese, così come si fa già da diversi anni altrove.
D – Attualmente come si potrebbe descrivere lo stato degli studi dell’esoterismo nelle università?
R – A me pare che in passato ci sia stato forse un eccesso di ottimismo sulle potenzialità di questo campo di studi. Tra la fine degli anni Novanta del secolo scorso e il primo decennio di quello attuale sono successe molte cose: la creazione del nostro centro di studi presso l’Università di Amsterdam, la cattedra presso l’Università di Exeter in Inghilterra, la fondazione di due associazioni scientifiche per lo studio dell’esoterismo (ASE ed ESSWE), e poi l’avvio di nuove riviste scientifiche e di collane presso editori prestigiosi. Insomma, sembrava davvero che lo studio scientifico dell’esoterismo avesse un avvenire luminoso. Tuttavia, quella che sembrava una vera e propria esplosione ha poi dovuto fare i conti con la realtà, e la realtà è quella di un campo di studi che rimane tutto sommato ancora piccolo, esposto ai pregiudizi e relativamente fragile, in un contesto globale che più generalmente vede decrescere gli investimenti per la ricerca in campo umanistico. Si sono visti alcuni segnali negativi, come la soppressione della cattedra di Exeter dopo la prematura scomparsa del suo titolare, l’amico e collega Nicholas Goodrick-Clarke. Per fortuna non manca anche qualche nota positiva: è solo di qualche mese fa la notizia della creazione di un nuovo centro per lo studio dell’esoterismo presso l’Università di Copenaghen, diretto dal collega Tim Rudbøg. Spero che in futuro si possa fare qualcosa per promuovere ulteriormente questo campo di studi anche in Italia. Qualche mese fa ho avviato insieme a qualche collega la creazione di un Network Italiano per la Ricerca Scientifica sull’Esoterismo Occidentale (NIRSEO). Vedremo se in futuro riuscirà a decollare. Ci sono molti studiosi seri e preparati in Italia che si occupano di argomenti collegati all’esoterismo. L’idea è quella di farli dialogare tra loro e far emergere questa comunanza d’interessi, che per il momento rimane latente e solo potenziale. E poi ovviamente non possiamo dimenticare altri segnali importanti, come la pubblicazione nel 2010 da parte di Einaudi dell’Annale della Storia d’Italia sull’esoterismo, curato da Gian Mario Cazzaniga.
D – Negli atti di un importante convegno organizzato nel 2008 da Alessandro Grossato per la Fondazione Cini di Venezia (Forme e correnti dell’esoterismo occidentale), lei ha offerto un interessante contributo sul tema “Il problema della definizione dell'esoterismo: analisi critica e proposte per la ricerca futura”. Trascorsi dieci anni, come posizionerebbe oggi la questione?
R – Diversi studiosi si sono posti il problema di definire l’esoterismo occidentale come oggetto specifico di ricerca, soprattutto da un punto di vista storico. In ciò questo campo non si differenzia da altri nel contesto più ampio delle scienze umane e sociali. Questa riflessione nel nostro campo era forse più viva dieci anni fa, quando il mio saggio fu scritto, ma non mi pare che abbia perso la sua attualità. Dopo la famosa definizione di esoterismo di Antoine Faivre, apparsa per la prima volta nel 1992, altri autori hanno dato il loro contributo per portare avanti la discussione. Il mio saggio voleva reagire contro una tendenza che a me pareva problematica, e che tendeva a criticare la definizione di Faivre in una prospettiva decostruzionista senza però offrire una valida alternativa. La mia impostazione era diversa, e consisteva nel conservare quanto vi era di buono in quella definizione, lasciando poi da parte quello che invece non sembrava funzionare. La proposta per quanto mi riguarda è ancora valida, anche se nel frattempo vi sono stati nuovi sviluppi interessanti (penso per esempio all’idea recente di Egil Asprem di studiare l’esoterismo nella prospettiva delle scienze cognitive) di cui quel saggio ovviamente non poteva tenere conto. Ma il fatto di averlo inserito nella bibliografia del mio corso vuol dire che il saggio per me ha ancora qualcosa da dire.
D – Come retroagisce sulla definizione del concetto di religione l’introduzione nei religious studies del tema dell’esoterismo, non solo in ambito storico, ma più genericamente socio-culturale?
R – Tra il concetto di religione e quello di esoterismo occidentale mi pare ci sia una differenza sostanziale. Il primo ha un’ambizione inevitabilmente universalista, nel senso che per la maggior parte degli studiosi la religione è un fatto che può essere presente in ogni cultura e in ogni epoca. L’esoterismo invece, per come è stato concettualizzato a partire dagli anni Novanta del secolo scorso, è un fenomeno che emerge in un determinato contesto culturale. A questa differenza non è stata data a volte sufficiente importanza da parte di alcuni studiosi dell’esoterismo, i quali cercano di definire l’esoterismo sulla falsariga di come è stato definito il fatto religioso. Non mi pare però che ci sia una forma di “retroazione” del concetto di esoterismo su quello di religione. L’esoterismo è solo un fenomeno socio-culturale complesso, che ha a che fare con la religione ma anche con altre cose, come la scienza e l’arte.
D – Fra i temi oggetto della sua ricerca vi è quel plesso concettuale e di pratiche noto come “magia sessuale”. Qual è il substrato di storia culturale soggiacente a questa nozione?
R – In effetti ho sempre avuto un certo interesse per il ruolo della sessualità nell’esoterismo contemporaneo. Questo per me è un caso particolare di un quadro più generale, ovvero la capacità dell’esoterismo di sviluppare atteggiamenti radicali e innovativi, che a volte possono anche diventare antinomici. Per quale motivo l’esoterismo sfida spesso le norme sociali e culturali egemoni nel contesto in cui si forma? L’uso della sessualità per scopi magici offre da questo punto di vista qualche esempio veramente interessante. D’altra parte, la tradizione della magia sessuale nell’ambito dell’esoterismo occidentale può offrire degli spunti utili a chi vuole porsi in una prospettiva comparativa, dato che forme analoghe di uso della sessualità esistono, com’è noto, anche in altre culture.
D – Chi studia l’esoterismo è necessariamente un praticante o lo è stato, oppure si tratta di un aspetto secondario? Il fatto di praticarlo – oppure non praticarlo – come influenza il modo di studiarlo in termini di approccio epistemologico, metodologia e accesso al campo?
R – Non credo che la questione vada trattata in modo diverso da come viene trattata nello studio delle religioni più in generale. Questo è in effetti uno dei problemi classici di questa disciplina, e si può facilmente prevedere che non troverà mai una soluzione definitiva. Per quanto mi riguarda, io rimango fedele all’idea di uno studio delle religioni in una prospettiva di agnosticismo metodologico. Il fatto di avere delle credenze o di essere un praticante non dovrebbe essere rilevante di per sé. Il bravo studioso è colui che riesce a mettere in pratica una forma di autocontrollo emotivo, non nel senso di un’anestetizzazione, ma nel senso di un’autocoscienza critica della propria posizione e degli strumenti concettuali di cui fa uso. Lo studio dell’esoterismo non serve né a confutare né a convalidare le credenze degli esoteristi. Serve piuttosto a comprendere l’esoterismo come fatto sociale e culturale, cioè come insieme di idee, di credenze e di pratiche che sono in un rapporto complesso con il contesto storico nel quale emergono e si sviluppano, esercitando ruoli e funzioni spesso contrastanti e contraddittori. Ma questo ovviamente vale anche per qualunque altra tradizione religiosa. Chi pensa di avere l’ultima parola sull’esoterismo per il solo fatto di essere un credente o un praticante si pone in una prospettiva diversa rispetto a quella della ricerca scientifica. Non è poi raro il caso di coloro che cercano di avere il piede in due scarpe, ovvero rivendicando il prestigio sociale che deriva dalle istituzioni accademiche senza però voler stare alle regole del gioco della ricerca.
D – Come va interpretato il fatto che alcune realtà organizzate del panorama dell’esoterismo contemporaneo – pensiamo all’Ordo Templi Orientis, ma altri esempi non mancano – si siano dotate di una specifica branca accademica, e quale impatto o interrelazione questa novità può intrattenere con la disciplina scientifica?
R – Mi pare che siano dinamiche tipiche di molti movimenti religiosi, i quali, arrivati a un certo punto della loro storia, cominciano a guardarsi indietro per capire da dove vengono e qual è il loro posto nel mondo. Molte tradizioni religiose più o meno antiche hanno creato istituzioni di insegnamento e di ricerca che hanno avuto un ruolo culturale importante nella storia. Nel caso dell’Ordo Templi Orientis, così come di altre organizzazioni di tipo esoterico, ci troviamo ovviamente di fronte a realtà più piccole e recenti, ma mi pare che la dinamica sia analoga. Succede che in questi ambiti si producano ricerche interessanti, anche perché spesso si basano su dati d’archivio non facilmente accessibili a chi non è membro dell’organizzazione, ma non bisogna dimenticare che l’intento apologetico può facilmente essere presente in questi ambiti, anche senza che ve ne sia un’intenzione esplicita o cosciente.
D – Fra i suoi interessi di studio non manca l’esame dei rapporti fra esoterismo e arte, che sembrano mutare da verità censurata a moda culturale. Ci può tratteggiare le linee salienti di questo discorso?
R – Il mio interesse per il rapporto tra esoterismo e arte si pone in una linea di continuità con quello tra esoterismo e sessualità. Si tratta in fin dei conti di capire per quale motivo, in determinate situazioni, l’esoterismo può svolgere la funzione di enzima per favorire processi creativi: processi che passano attraverso la rottura di canoni stabiliti su diversi piani: sociale, politico, morale, ma anche estetico. Per quale motivo l’esoterismo si presta così bene, nel contesto della cultura occidentale, a questo tipo di funzione dialettica nei confronti delle istituzioni dominanti? Questo è un punto centrale che andrebbe approfondito nella ricerca futura, e che probabilmente non potrà trovare una risposta soddisfacente solo nella ricerca di tipo storico. Per tornare al mondo dell’arte, vi è stata negli ultimi anni un’esplosione di interesse per le cose esoteriche. Questo non solo sul piano della ricerca storica, ma anche della pratica artistica contemporanea. Un certo paradigma formalista e razionalista è da tempo entrato in crisi, e si è aperta la porta a una valutazione più serena del ruolo che l’esoterismo ha avuto e ha tutt’ora nel mondo dell’arte.