CESNUR - Centro Studi sulle Nuove Religioni diretto da Massimo Introvigne
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Il ricco e articolato studio della sociologa torinese Stefania Palmisano, professore associato presso il Dipartimento di Culture, Politica e Società dell’Università di Torino, non merita di essere segnalato solo per lo stimolante plesso di ambiti teoretici entro i quali la sua ricerca conduce il lettore, tutti afferenti ai più qualificati dibattiti riguardanti lo scenario del fenomeno religioso e del suo impatto sulle società occidentali contemporanee.
A tutta prima si sarebbe orientati a ritenere che una monografia dedicata alla «reinvenzione della tradizione monastica», qui declinata nella sua valenza fondativa di quelle che l’autrice definisce «Nuove Comunità Monastiche» (NCM) – intese come gruppi sociali composti da persone che vivono in comune e almeno in parte hanno emesso i voti religiosi, nati all’interno del mondo cattolico «sulla scia del Concilio Vaticano II, i quali rinnovano la vita monastica enfatizzando gli aspetti più innovativi e dirompenti da loro scoperti nella teologia del Concilio; e che non appartengono a congregazioni e ordini pre-esistenti, per quanto adattino liberamente le loro Regole» (p. 7) –, dovrebbe riguardare anzitutto un approccio storiografico, posta la scarsa attenzione sin qui riservata dalla comunità dei sociologi a questo peculiare fenomeno. L’autrice ha ben presente lo status quaestionis epistemologico che intende affrontare e dipanare, e vi dedica l’intero primo capitolo (pp. 7-29) – per l’appunto dedicato all’elaborazione di un modello concettuale per lo studio delle NCM –, segnalando certo le incertezze e le diffidenze della sociologia nell’accostarsi al monachesimo, ma sottolineando altresì il forte impatto teoretico di alcuni importanti studi sul tema prodotti da eminenti sociologi: valga per tutti il richiamo a Jean Séguy, o più recentemente a Danièle Hervieu-Léger. A tal punto che l’osservazione delle NCM, e la dialettica che esse intrattengono con le comunità monastiche «tradizionali» – cioè la relazione fra «vecchio» e «nuovo» monachesimo –, richiama alla mente il dibattito altrettanto recente che nelle discipline dei religious studies si concentra sul fenomeno delle «Intentional Communities», così come studiato per esempio dallo statunitense Timothy Miller o dall’australiana Carole M. Cusack.
Poste le basi metodologiche del proprio lavoro – che peraltro Stefania Palmisano aveva già delineato in pubblicazioni precedenti, di respiro nazionale e internazionale –, il volume presenta un secondo capitolo (pp. 31-68) dedicato alla ricerca empirica condotta fra il 2007 e il 2014 su otto NCM, geograficamente collocate in Piemonte, che rappresentano circa un quinto delle NCM censite in Italia. Le realtà indagate riflettono un’articolazione di esperienze, dimensioni, storie e relazioni, che lo spazio non ci consente di esaminare, ma che testimoniano della loro ricchezza e complessità: dai due monaci che compongono la fraternità dei Contemplativi di Gesù a Capriata d’Orba (Alessandria) agli ottanta monaci e monache della Comunità monastica di Bose a Magnano (Biella), il cui impatto sulla vita ecclesiale internazionale – non da ultimo in virtù della figura del fondatore e priore, Enzo Bianchi – è a tal punto saliente che a essa l’autrice dedica il terzo capitolo (pp. 69-96) – frutto di centinaia di ore di osservazione partecipante e di numerose interviste in profondità, fra il 2011 e il 2013; ciò che da solo testimonia della ricchezza dei risultati che il lettore scoprirà in queste approfondite pagine –, esplorando le origini e conseguenze di questo monastero, quale esito di un programma di vita monastica impostato dal fondatore – tant’è che «Bose è Bianchi» (p. 95) – «che ha portato allo sviluppo di un modello istituzionale, organizzativo ed economico, il quale ha condotto questo monastero al successo» (p. 69). Il materiale accumulato, presentato e discusso nei primi tre capitoli di Exploring New Monastic Communities non è beninteso solo finalizzato a validare le ipotesi che soggiacciono alla dialettica fra «vecchio» e «nuovo» monachesimo, ma intende anche porre le basi di un’esplorazione delle strategie creative mediante le quali le NCM «reinventano la tradizione monastica» – è questo il tema del quarto capitolo (pp. 97-127) –, ciò che permette a Stefania Palmisano di riprendere una tesi del suo volume, ovvero che «nell’attuale processo di risignificazione del monachesimo, le NCM radicalizzano le trasformazioni che alcune comunità tradizionali (orientate in senso progressista) hanno già intrapreso onde rendere l’identità monastica ancora una volta rilevante» (p. 125), ciò che in una qualche misura contribuisce a porre in essere il delicato concetto di «legittimità ambigua» delle NCM – particolarmente nel rapporto con la gerarchia ecclesiastica –, che nel quinto capitolo (pp. 129-162) è sviscerato tenendo conto degli aspetti di quadro, di diritto e di narrativa tratta dalle storie delle NCM oggetto dello studio, le cui vicissitudini permettono all’autrice di delineare le politiche di prudenza adottate dai vescovi, come pure le aree di conflitto e tensione che le NCM possono intrattenere con la Chiesa.
Nel sesto e ultimo capitolo (pp. 163-172) – che precede un’appendice con lo schema delle interviste (pp. 173-179), una bibliografia (pp. 181-190) e un indice (pp. 191-195) – vengono riassunti e proposti conclusivamente al lettore i temi chiave e le piste da percorrere onde avanzare nella ricerca, già così brillantemente condotta in questo libro da Stefania Palmisano. È vero, l’autrice non può esimersi dal riconoscere lo sfondo paradossale che diventa quasi logico attribuire a certe espressioni delle NCM, sicché il titolo di una relazione presentata all’incontro annuale del 2008 dell’American Academy of Religion recitava: «Nuovo monachesimo: è nuovo, ma è monastico?» (p. 171). Ma oltre la concessione, rimane molto lavoro da compiere – anche per il sociologo –, sia per comprendere cosa rimane e cosa annuncia di sé il monachesimo «tradizionale», sia in quale misura le NCM sapranno essere fedeli alla propria moderna vocazione di riscoprire in maniera selettiva, e quindi reinventare e rivitalizzare, l’istituzione monastica.