CESNUR - Centro Studi sulle Nuove Religioni diretto da Massimo Introvigne
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Luigi Valli e l’esoterismo di Dante (il Cerchio, Rimini 2014), una poderosa opera di oltre quattrocento pagine, colma un vuoto relativo a una figura essenziale per la storia dell’esoterismo italiano, e non solo italiano, del Novecento. Luigi Valli (1878-1931) è un personaggio chiave per l’esoterismo piuttosto che dell’esoterismo, posto che non si considerò mai veramente parte dell’ambiente esoterico, con cui pure ebbe molteplici relazioni, sulle quali però – nello sforzo di farsi leggere dalla cultura accademica mainline – si mantenne sempre assai riservato.
Stefano Salzani propone anzitutto una biografia di Valli, che nasce nel 1878 in una famiglia umbra di Narni (Terni), ricca ed eminente nel mondo della cultura e della politica. Il fratello Giannetto Valli (1869-1948) diventerà sindaco di Roma nel 1921-1922. L’agiatezza, dopo la duplice laurea in Lettere e in Filosofia, permette a Luigi di perfezionarsi presso l’Università di Lipsia e di partecipare a numerosi congressi internazionali, nonché di vivere di rendita dopo un breve periodo d’insegnamento liceale a Spoleto. Professore stimato, è però contestato dagli ambienti cattolici per la sua aperta militanza anticlericale, confusa con una presunta adesione alla massoneria di cui invece Valli resterà sempre avversario, fino a collaborare nel periodo fascista alla stesura delle leggi che ne vieteranno l’attività in Italia.
Valli esordisce come studioso pubblicando due opere filosofiche di notevole impegno, Il fondamento psicologico della religione (Loescher, Roma 1908) e Il valore supremo (Formiggini, Genova 1913), dove da iniziali suggestioni neo-kantiane muove verso una filosofia dei valori eclettica, che suscita l’interesse critico ma benevolo delle maggiori riviste filosofiche del tempo. Ben presto però Valli si rende conto che i suoi interessi principali, più che sul versante della filosofia accademica, si situano nell’ambito della politica – diventa una delle figure più importanti del movimento nazionalista di Emilio Corradini (1865-1932), e un convinto interventista quando scoppia la Prima guerra mondiale – e dell’interpretazione allegorica e simbolica delle opere di Dante Alighieri (1265-1321).
Questo secondo interesse nasce negli anni del liceo, frequentato prima ad Arezzo e poi a Livorno, dove ha come docente il poeta (e massone) Giovanni Pascoli (1855-1912). Tra professore e alunno cresce un’amicizia destinata a durare fino alla morte del poeta, e a convincere Valli a darsi come missione la diffusione e la difesa dei voluminosi e complessi scritti di Pascoli sui significati occulti dell’opera di Dante, dai più liquidati come una sfortunata e imbarazzante anomalia nell’opera pascoliana, tanto più che si presentano esplicitamente come frutto non solo di ricerca filologica ma anche di esperienze mistiche o psichiche dell’autore. Da Pascoli, come mostra Salzani, Valli risale a tutta una scuola d’interpretazione allegorica e misterica di Dante, che affonda le sue radici nel tardo Medioevo e nel Rinascimento ma il cui snodo decisivo è Gabriele Rossetti (1783-1854), esponente del liberalismo napoletano esule a Londra. Benché spesso lo si ricordi solo come padre del pittore preraffaellita Dante Gabriel Rossetti (1829-1882) – per la cui lettura pittorica di Dante (un tema curiosamente assente dal libro di Salzani, e che pure ha influenzato tanti ambienti artistici interessati all’esoterismo) è peraltro decisivo –, Gabriele Rossetti ha avuto un ruolo fondamentale nell’interpretazione «esoterica» – una parola che anch’egli non usa – come iniziato di una «Setta d’Amore» o dei «Fedeli d’Amore», che a suo dire proponeva in modo cauto, per sfuggire alla repressione della Chiesa, tesi in parte eterodosse rispetto alla dottrina cattolica. Massone e figura di rilievo della Carboneria, Rossetti aveva frequentato probabilmente anche altre conventicole esoteriche, benché i documenti non permettano d’identificarle con certezza.
Se nei primi scritti Rossetti vedeva questo esoterismo di Dante con qualche simpatia, alla fine della vita almeno nella corrispondenza privata – perché in pubblico riteneva di doversi esprimere con una cautela che sconfinava nella reticenza – l’autore anglo-italiano, influenzato anche dalla moglie che era un’anglicana fervente d’idee piuttosto conservatrici, finì per convincersi che la Divina Commedia era una «infame profanazione» della religione e per far bruciare alcune delle sue stesse opere. Le idee di Rossetti furono riprese in Francia per attaccare Dante dal magistrato cattolico Eugène Aroux (1773-1859), e per difendere il poeta italiano – ma presentandolo come precursore del mistico svedese Emanuel Swedenborg (1688-1772), di cui era seguace – dal romanziere Honoré de Balzac (1799-1850). Sono questi solo alcuni nomi della «scuola» che interpreta Dante in senso esoterico identificata da Salzani, cui si devono aggiungere – anche per la speciale influenza su Valli – almeno Francesco Paolo Perez (1812-1892) – che tra l’altro diventa nel 1872 Ministro della Pubblica Istruzione del Regno – e Michelangelo Caetani, duca di Sermoneta (1804-1882).
Alla lettura esoterica di Dante Valli consacra oltre duemila pagine, una serie di opere tra cui spicca Il linguaggio segreto di Dante e dei Fedeli d’Amore (2 voll., Optima, Roma 1928 e 1930)e un’infaticabile attività di conferenziere, favorita anche dalla sua convinta adesione al fascismo. Proprio nel corso di una di queste conferenze su Dante, tenuta a Terni il 22 febbraio 1931, Valli è colpito da un’emorragia cerebrale e muore nel giro di cinque minuti. Salzani discute se negli ultimi anni della vita, in cui aveva certamente abbandonato l’antico anticlericalismo, Valli si fosse riavvicinato al cattolicesimo, come alcuni sostengono. I documenti non permettono conclusioni certe, e sembra che il suo fosse semmai un cattolicesimo influenzato dal modernismo di Ernesto Buonaiuti (1881-1946) e di don Brizio Casciola (1871-1957), l’ispiratore del romanzo Il Santo di Antonio Fogazzaro (1842-1911), personaggi di cui era amico ed estimatore.
È impossibile riassumere la vastissima esegesi esoterica di Dante proposta da Valli, ma Salzani ha il merito di farne emergere con chiarezza le due idee chiave. La prima è il rapporto fra i simboli della croce, che rappresenta la Chiesa, e dell’aquila, che rappresenta l’Impero. La dottrina segreta soggiacente – che la Chiesa del tempo avrebbe probabilmente considerato eterodossa, se proposta senza attenuazioni – è che per salvarsi l’uomo non ha bisogno solo della Chiesa ma anche dell’Impero. Da sola, senza l’Impero, la Chiesa non riesce a svolgere la sua missione di salvezza, anche se Valli attenua questa tesi spiegando, a proposito di simbologie numeriche, che per Dante ribellarsi alla croce è trenta volte più grave che ribellarsi all’aquila. Il secondo segreto nascosto da Dante «sotto il velame de li versi strani» è quello custodito dalla società segreta dei Fedeli d’Amore, di cui avrebbero fatto parte numerosi poeti dell’epoca. Il simbolo di Beatrice – la cui identificazione con una donna realmente vissuta a Firenze è contestata da Valli –, come quello della rosa o di una donna chiamata Rosa in altri testi medievali, allude a una verità propriamente misteriosa o occulta – l’aggettivo «esoterica» è usato raramente dall’autore – che corrisponde a una sapienza perenne presente in molte tradizioni. Tra queste c’è quella islamica, e i Fedeli d’Amore sarebbero stati influenzati e forse avrebbero avuti anche contatti con analoghi gruppi sufi, le cui tracce si ritrovano nella poesia persiana. La Chiesa Cattolica ha ricevuto da Gesù Cristo il deposito integrale di questa verità trascendente comune a tutte le grandi religioni, ma a causa della sua corruzione – che l’ha portata anche a contrapporre la croce all’aquila, anziché perseguire la loro armonia – l’ha dimenticata o comunque ha smesso di trasmetterla. Contrariamente a quanto pensavano Aroux e l’ultimo Rossetti, per Valli Dante – se non è perfettamente ortodosso dal punto di vista della Chiesa – non è però anticattolico ma piuttosto «supercattolico», in quanto auspica un ritorno del cattolicesimo alla sua purezza tradizionale e originaria.
Le tesi di Valli sono contestate da una critica letteraria positivista o idealista che va da Benedetto Croce (1866-1952) a Umberto Eco, e dagli interpreti cattolici che contestano ogni tentativo di fare di Dante qualche cosa di diverso da un cattolico pienamente ortodosso, anche se critico rispetto agli ecclesiastici corrotti. Se queste liquidazioni dell’interpretazione esoterica di Dante come pura fantasia, e dei Fedeli d’Amore come una organizzazione probabilmente mai esistita, sono note, Salzani mette in luce l’altra faccia della medaglia. Valli è stato preso sul serio da un elenco impressionante di storici e di filologi, che hanno obiettato all’una o all’altra delle sue conclusioni ma ne hanno accettato l’impostazione generale. Fra questi ci sono anzitutto i pochi discepoli diretti di Valli, tra cui spiccano l’archivista Gaetano Pio Scarlata (1904-1984) e il docente di lettere nel Liceo Leardi di Casale Monferrato (Alessandria) Alfonso Ricolfi (1889-1961). Entrambi tengono peraltro ampio conto dell’interpretazione critica di Valli da parte dell’esoterista René Guénon (1886-1951), il quale – se loda le intuizioni e il coraggio dello studioso italiano – rileva come questi, digiuno di conoscenze autenticamente esoteriche, non abbia compreso come i Fedeli d’Amore presentavano in modo velato le loro dottrine non tanto per timore di una possibile repressione ecclesiastica ma perché si trattava di realtà che, per loro natura, non possono essere comunicate se non in forma simbolica e discreta. Guénon critica anche Valli per avere attribuito a Dante tesi, dal suo punto di vista, eterodosse e non tradizionali circa il rapporto fra autorità spirituale e potere temporale. Per l’esoterista francese il secondo dovrebbe rimanere subordinato alla prima.
Altri esponenti della cultura esoterica, che leggono Valli con attenzione e lo frequentano anche personalmente, gli rivolgono la critica contraria. Per Arturo Reghini (1878-1946) e Julius Evola (1898-1974), che pure potrebbero avere fatto conoscere Valli a Guénon, l’obiezione è che in Dante, nascosta sotto comprensibili cautele, è possibile reperire un’apologia dell’aquila senza la croce, un imperialismo non più cristiano ma pagano, una critica non solo delle deviazioni di una Chiesa corrotta ma della Chiesa e del cristianesimo in sé. Si tratta della tesi di Aroux e degli ultimi anni di Rossetti cambiata di segno. Evola rivolge a Valli anche un’altra critica. Come iniziato, Dante avrebbe conosciuto anche un arcano sessuale di tipo tantrico e quindi la sua referenza a Beatrice, alla Donna, non sarbbe stata puramente simbolica ma avrebbe alluso nello stesso tempo a una pratica di «magia sessuale».
Salzani riferisce che Evola aveva conosciuto il tantrismo tramite Decio Calvari (1863-1937), protagonista dello scisma che aveva spaccato la Società Teosofica Italiana dando vita alla Lega Teosofica Indipendente e alla rivista Ultra. L’autore mostra come Valli, per quanto voglia mantenere le distanze dal milieu esoterico, di fatto interagisce con tre diversi ambienti: quello teosofico, quello legato alla rivista Ur, dove Evola e Reghini collaborano con esoteristi legati a Giuliano Kremmerz (1861-1930), e la meno nota Associazione per il Progresso Morale e Religioso di Mario Puglisi Pico (1867-1954) dove accademici, in parte massoni, tra cui studiosi dell’Oriente di primissimo piano come Carlo Formichi (1871-1943) e Giuseppe Tucci (1894-1984), operano a fianco di esponenti dell’ambiente esoterico romano e talora anche di cattolici, modernisti e non.
È tra l’altro tramite questi accademici, e tramite Buonaiuti, che Valli è letto con interesse anche fuori dell’Italia, in particolare dagli studiosi che partecipano agli incontri del gruppo di Eranos, promossi preso Ascona in Svizzera da Olga Fröbe Kapteyn (1881-1962). Troviamo così non solo influenze ma riferimenti espliciti a Valli e alle sue teorie in opere di Carl Gustav Jung (1875-1961), di Mircea Eliade (1907-1986) e di Henry Corbin (1903-1978), per citare solo tre nomi particolarmente illustri. E anche qualche dantista di professione oggi ammette che Valli, forse non sempre filologicamente accurato, ha comunque stimolato discussioni importanti.
Al di là del giudizio su Valli come studioso di Dante – un tema che resta molto controverso – non c’è dubbio che, mentre dichiarava di non farne parte, l’autore italiano abbia rappresentato un autentico crocevia per gli ambienti esoterici di mezza Europa. E per l’interazione fra questi ambienti e accademici a proposito dei quali talora, alla fine, non si comprende bene se stiano esponendo i risultati delle loro ricerche o le loro opinioni esoteriche. Una critica che potrebbe coinvolgere anche Valli, e che apre al tema del rapporto fra l’esoterismo e gli studi accademici, cui Wouter Hanegraaff e Marco Pasi hanno dedicato recentemente riflessioni di particolare interesse.