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Il Papa: pregare con sant'Alfonso de' Liguori

di Massimo Introvigne

imgNell'udienza generale del 1° agosto 2012 Benedetto XVI ha dedicato una nuova tappa della sua «scuola della preghiera» al santo di cui ricorreva la memoria liturgica, sant’Alfonso Maria de’ Liguori (1696-1787), vescovo, Dottore della Chiesa e fondatore della Congregazione del Santissimo Redentore, i Redentoristi, nonché patrono dei teologi moralisti e dei confessori.
Sant'Alfonso, ha ricordato il Papa, è anzitutto il santo della confessione: «in un periodo di grande rigorismo, frutto dell’influsso giansenista, egli raccomandava ai confessori di amministrare questo Sacramento manifestando l’abbraccio gioioso di Dio Padre, che nella sua misericordia infinita non si stanca di accogliere il figlio pentito».
Nell'ambito però della sua «scuola della preghiera», il Pontefice ha voluto insistere soprattutto sulle opere dove sant'Alfonso insegna a  pregare, a partire dal suo trattato del 1759« Del gran mezzo della Preghiera», che lo stesso santo «considerava il più utile tra tutti i suoi scritti». Nell'«Introduzione» al libro,  sant'Alfonso definisce la preghiera «il mezzo necessario e sicuro per ottenere la salvezza e tutte le grazie di cui abbiamo bisogno per conseguirla». «In questa frase - nota il Papa - è sintetizzato il modo alfonsiano di intendere la preghiera».
La preghiera per sant'Alfonso è un «mezzo»: e chi dice mezzo dice rapporto a un fine. Qual è questo fine? Per capirlo occorre, spiega Benedetto XVI, tutto un percorso teologico. «Dio ha creato per amore, per poterci donare la vita in pienezza; ma questa meta, questa vita in pienezza, a causa del peccato si è, per così dire, allontanata - lo sappiamo tutti - e solo la grazia di Dio la può rendere accessibile». Il rischio di «perdersi» è diventato molto concreto, e da questo rischia ci preserva solo la preghiera. Il Papa ricorda alcune frasi centrali del santo: «Chi prega si salva, chi non prega si danna!»; «Il salvarsi senza pregare è difficilissimo, anzi impossibile … ma pregando il salvarsi è cosa sicura e facilissima»; «Se non preghiamo, per noi non v’è scusa, perché la grazia di pregare è data ad ognuno … se non ci salveremo, tutta la colpa sarà nostra, perché non avremo pregato».
Comprendiamo così in che senso per sant'Alfonso la preghiera è  «mezzo necessario»:  «in ogni situazione della vita non si può fare a meno di pregare, specie nel momento della prova e nelle difficoltà». Infatti, spiega ancora il Pontefice, «questa è la questione centrale: che cosa è davvero necessario nella mia vita? Rispondo con sant’Alfonso: "La salute e tutte le grazie che per quella ci bisognano"; naturalmente, egli intende non solo la salute del corpo, ma anzitutto anche quella dell’anima».
Un altro insegnamento fondamentale del santo - il massimo teologo moralista del suo tempo, e forse di tutti i tempi - sulla preghiera attiene precisamente alla sfera morale. La preghiera «rende efficace anche la nostra volontà, cioè la rende capace di attuare il bene conosciuto». Noi infatti «spesso riconosciamo il bene, ma non siamo capaci di farlo. Con la preghiera arriviamo a compierlo». E sarebbe una grande presunzione pensare di essere così avanzati nella vita cristiana da non essere più esposti alle tentazioni. Sant’Alfonso riportava l’esempio di san Filippo Neri (1515-1595) - che il Pontefice definisce «molto interessante» –, il quale «dal primo momento in cui si svegliava la mattina, diceva a Dio: “Signore, tenete oggi le mani sopra Filippo, perché se no, Filippo vi tradisce”». «Grande realista! - commenta il Papa -. Egli chiede a Dio di tenere la sua mano su di lui».  E realista da imitare perché, scrive ancora sant'Alfonso, «noi siamo poveri di tutto, ma se domandiamo non siamo più poveri. Se noi siamo poveri, Dio è ricco».
E Dio aiuta sempre, aiuta tutti. Purché ricordiamo che «il rapporto con Dio è essenziale nella nostra vita. Senza il rapporto con Dio manca la relazione fondamentale e la relazione con Dio si realizza nel parlare con Dio, nella preghiera personale quotidiana e con la partecipazione ai Sacramenti, e così questa relazione può crescere in noi, può crescere in noi la presenza divina che indirizza il nostro cammino, lo illumina e lo rende sicuro e sereno, anche in mezzo a difficoltà e pericoli».