CESNUR - Centro Studi sulle Nuove Religioni diretto da Massimo Introvigne
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Quanto sono veritieri i dati sulla religiosità in Italia? Che valore dare alle dichiarazioni di molti italiani che ancor oggi continuano a definirsi cattolici? Perché tante persone sembrano di fatto indifferenti nei confronti della religione anche se non hanno il coraggio di definirsi atei o agnostici?
Ecco alcuni interrogativi su cui ruota il dibattito pubblico sulle sorti della religione nella società avanzata, che appassiona sia gli studiosi dei fenomeni religiosi sia gli uomini di chiesa. Perché al di là delle apparenze, oltre la superficie, si coglie in ampie quote di popolazione una distanza tra le intenzioni e il vissuto religioso che pone non pochi problemi di interpretazione.
Proprio questo tema è al centro della recente e interessante indagine che Massimo Introvigne e Pierluigi Zoccatelli (che dirigono il Centro Studi sulle Nuove Religioni di Torino) hanno condotto in un’area del Sud, che si presenta come un caso studio emblematico di ciò che accade non solo in quella regione ma in tutto il Paese. In effetti, i dati sulla religiosità di quell’ambiente (la Diocesi di Piazza Armerina, una delle 18 diocesi della Sicilia, che si estende tra le province di Enna e Caltanissetta) riflettono la geografia religiosa di molte province italiane. Ancor oggi, pur in un contesto in cui crescono le altre fedi religiose, oltre l’85% della popolazione continua a definirsi cattolica, 1/3 della gente va regolarmente in chiesa tutte le domeniche, più della metà dichiara un’elevata fiducia nella chiesa. Ovviamente il legame religioso di molti non è particolarmente costringente e rispecchia quell’individualismo del credere (o quel «fai da te» religioso) che è tipico dell’epoca attuale. Tuttavia è assai più diffusa la propensione a «pensarsi» come persone religiose che a ritenersi distanti o estranei dai valori religiosi. In effetti, gli atei o gli agnostici dichiarati sono un’esigua minoranza, circa l’8% dei casi.
La novità del lavoro di Introvigne e Zoccatelli è di andar oltre questo scenario, chiedendosi quanto siano lontane dalla fede e dalla chiesa molte persone che pur continuano a mantenere un qualche legame con la religione della tradizione. In altri termini, il panorama nostrano non si compone soltanto di «atei forti», palesemente ostili o indifferenti alla religione, vuoi per ragioni ideologiche vuoi per deficit ecclesiali (oggi ingigantiti dallo scandalo dei preti pedofili). A fianco dei non credenti incalliti e di vecchio stampo, vi è la categoria molto più estesa degli «atei deboli», disinteressati o apatici nei confronti di un orizzonte di fede nonostante che alcuni di essi non siano privi di dubbi e di crucci esistenziali. Questo «ateismo pratico» (o ateismo «di fatto») sarebbe - a detta dei due autori - assai più esteso nel paese di quanto rilevato dalle statistiche, dal momento che tracce di esso si riscontrano in quella maggioranza di italiani che non spezza il legame con la religione cattolica pur standosene ai margini. Gente, dunque, «lontana» dagli ambienti ecclesiali, non ostile nei confronti della religione, ma mai coinvolta; la cui indifferenza religiosa è perlopiù legata al fardello della vita o all’eccessiva attenzione dedicata al successo personale e ai bisogni materiali. Si tratta di soggetti che spesso affermano cinicamente che denaro, amore e carriera sono obiettivi ben più importanti della religione.
La grande sfida per il cattolicesimo (ma anche per altre religioni storiche) è dunque rappresentata dalle nuove forme di ateismo e di indifferenza religiosa. Ecco il messaggio del lavoro di Introvigne e Zoccatelli, a cui essi giungono anche guardando a ciò che avviene in altre nazioni europee. La quota degli atei (forti e deboli) è in sensibile diminuzione in Russia, mentre si mantiene elevata nella Repubblica Ceca e in Germania Est; ma essa risulta in aumento non soltanto nelle società europee più laiche (come la Francia) ma anche in quelle nazioni - come l’Italia - in cui la religione è interpretata da molti più come un retaggio della tradizione che come una risorsa spirituale.