L’Associazione Roveto Ardente (A.R.A.)
si caratterizza come un tipico «gruppo cattolico di frangia»
[1]
,
la cui storia si sviluppa in
Italia a partire dall’inizio degli anni 1990. Ignoto ai più, è stato oggetto di
studio – particolarmente negli anni 2007 e 2008 – da parte
dell’autore del presente contributo, a seguito di un incarico formale di consulenza
da parte della Questura di Varese
[2]
,
scaturito dal pervenire presso varie Questure italiane di denunce riguardanti
alcuni membri apicali di A.R.A e segnalazioni circa diverse presunte attività
illecite. L'indagine è stata archiviata nel 2010, per quanto continuino a
sussistere molti aspetti dubbi e permangano numerosi lati oscuri.
Comunque sia, lo studio in questione ha
permesso all’autore di applicare a un caso specifico, e sino ad ora
inesplorato, modelli e teorie riguardanti l'approccio in ambito sociologico e
psicologico alle minoranze religiose, riscontrando nel metodo e nella prassi di
A.R.A. caratteristiche e questioni – anche a prescindere dai meri aspetti
giuridici e penali – tipiche dell’approccio problematico rispetto alla
realtà circostante di gruppi che si configurano come quello oggetto della
nostra attenzione.
1. Il contesto sociologico di
riferimento: i «gruppi cattolici di frangia»
Accostandosi alla realtà di A.R.A. con gli occhi dello studioso dedito
all’osservazione dei movimenti religiosi contemporanei non è difficile, già in
prima battuta, classificare tale esperienza all’interno di una categoria ormai
classica nel mondo degli esperti della sociologia dei movimenti religiosi
contemporanei: quella appunto dei «gruppi cattolici di frangia».
Spesso è difficile dire se le realtà «cattoliche di frangia» siano
ancora unite alla Chiesa di Roma, pienamente separate ovvero a metà di un
guado. Alcuni casi sono chiari, mentre altri si situano in una «zona grigia»
difficile da valutare.
In questa luce, occorre da subito notare come, nel caso di A.R.A.,
sussista certamente una presa di posizione caritatevole, ma ferma da parte
della gerarchia cattolica e, in modo particolare, dell’allora Vescovo della
Diocesi di Fano - Fossombrone - Cagli - Pergola, monsignor Vittorio Tomassetti
(1930-2008; che ha retto la Diocesi sino al 31 luglio 2007), volta a
sottolineare la problematicità relativa ad alcuni aspetti dottrinali,
metodologici e alla prassi consuetudinaria di A.R.A., tanto da sconsigliarne
l’appartenenza ai fedeli cattolici e l’accoglienza nelle parrocchie e nella Diocesi
[3]
.
2. Cenni e
problematiche sulla storia, l’organizzazione e gli sviluppi di A.R.A.
[4]
Allo stato attuale e con le notizie a disposizione, ricostruire in
maniera precisa la storia di A.R.A., per quanto si configuri come un’operazione
interessante, risulta pressoché impossibile. I racconti degli ex-membri,
infatti, soprattutto nella narrazione verbale spontanea, tendono spesso a
ricondurre la vicenda del gruppo alla loro vicenda personale e, in particolare,
al loro rapporto con i fondatori, in particolare con Giannella, ovvero Giovanna
Giovannelli Santini, la vera anima e perno di A.R.A. e i membri della sua
famiglia: il marito Piero Santini e
le figlie Sara e Bernadette (detta Berni).
a) I racconti
degli ex-membri
A proposito dei racconti degli ex-membri (o fuoriusciti) – nel nostro
caso ampiamente prevalenti –, gioverà ricordare che nella prospettiva
sociologica condivisa a livello internazionale dai principali esperti e
accademici specializzati nello studio delle minoranze religiose, tali
narrative, pur degne di nota e assolutamente rilevanti, debbono essere comunque
vagliate in senso critico da chi studia o indaga su un’esperienza religiosa,
nella coscienza che, in fondo, come recita un detto popolare, «frate sfratato
non dice mai bene del suo convento». Scrive a questo proposito il direttore del
CESNUR (Centro Studi sulle Nuove Religioni) Massimo Introvigne: «[...] le
narrative degli “ex” hanno un loro posto nello studio di qualsiasi gruppo
religioso o sociale: a patto però – come hanno chiarito fra gli altri gli
studi di David Bromely e di Bryan R. Wilson – di considerarle come narrative
socialmente costruite da “apostati” il cui genere letterario è normalmente la
“storia di atrocità”. L'"ex" ha diritto al rispetto e a fare
intendere la sua voce, ma un'opera che si pretende scientifica dovrà mettere a
confronto la sua narrativa con quelle di altri (coloro che nella comunità sono
rimasti e si trovano bene, le persone che intessono con la comunità a titolo
diverso relazioni sociali, gli osservatori esterni) e non pretenderà di ricavare
la "verità" dall'uso ossessivo di questo solo tipo di narrativa. Per
sapere se le navi normalmente conducono in porto non è saggio chiedere la loro
opinione soltanto ai naufraghi»
[5]
.
In ogni caso, e pur con la necessaria prudenza suggerita da quanto
sopra accennato, vi è da notare che, nel caso in questione, le varie
dichiarazioni rilasciate in fase di deposizione e verbalizzate, così come le
notizie che si possono ricavare dai colloqui, contatti e dagli incontri con gli
ex-membri risultano essere, in effetti, ampiamente concordi l’una rispetto
all’altra e, come tali, ci forniscono una buona base di certezze circa le
dinamiche e i meccanismi interni al gruppo, peraltro sinteticamente confermate,
nella loro problematicità, dai pronunciamenti ecclesiali su A.R.A.
A scanso di equivoci, appare del tutto escludibile l’ipotesi dello
sviluppo di una organizzazione strutturata di ex-membri volta a congiurare
contro A.R.A. e i suoi vertici in maniera pianificata e coordinata
[6]
.
Nel caso dei fuoriusciti da A.R.A., per quanto sussistano frequenti e talora
giornalieri contatti fra loro, strette relazioni interpersonali e di amicizia
(frutto della conoscenza maturata negli anni vissuti nell’associazione) e si è
potuto notare una sorta di passaparola conseguente l’interessamento degli
inquirenti scaturito a seguito delle prime denunce rilasciate agli organi di Polizia,
essi non paiono perseguire finalità specifiche e progettate a tavolino, se non
quelle di volersi ricostruire una vita «normale» al di fuori del contesto delle
relazioni sociali e della visione del mondo dominante all’interno di A.R.A. e
– in alcuni casi, ora parzialmente o del tutto risolti – di volere
riallacciare i rapporti con i propri familiari, rimasti a gravitare nell’ambito
di A.R.A. Fra le domande più frequenti che gli ex-membri si pongono e che hanno
avuto più volte modo di esternarmi vi sono queste: «Come ho potuto rimanere in
quella realtà così a lungo?», oppure «Ma come facevo a credere in certe cose
che mi dicevano?». A seguito della presa di coscienza della negatività della
realtà in cui hanno vissuto per anni è nata, al contempo, da parte di alcuni
ex-membri anche la consapevolezza circa gli esborsi economici di natura talora
assai consistente, volti a finanziare le attività dell’associazione, così come
pianificate e decise dai leader della medesima
[7]
.
b) Le origini
di A.R.A.
Alle origini di A.R.A.
[8]
si pone l’incontro e l’esperienza spirituale di Giannella e Piero Santini.
Giannella proviene da una precedente esperienza nel mondo dello scautismo; i
due si conoscono nel corso di un ritiro spirituale presso i Gesuiti e
frequentano la Comunità Maria, un cui gruppo si riuniva a San Nicola La Strada
(Caserta). La Comunità Maria
[9]
, con sede
principale a Roma, nasce nel 1976 e si colloca nell’ambito del Rinnovamento
Carismatico Cattolico
[10]
.
Molti degli episodi riferiti dagli ex-membri e la vita stessa
all’interno di A.R.A. non si possono comprendere se non vedendo come base di
partenza la spiritualità carismatica, da cui Giannella e Piero prendono spunto
per la strutturazione della vita spirituale, delle riunioni e dei momenti di preghiera
all’interno della associazione da loro fondata, ma di fatto «personalizzando»
il metodo e lo stile carismatico, introducendo nuove tematiche, enfatizzandone
all’estremo altre e quindi ponendosi al di fuori della ordinarietà e del pieno
riconoscimento da parte della Chiesa cattolica.
In effetti, in un primo
momento, le attività religiose dei Santini precedenti la fondazione di A.R.A.
si possono ritenere attività tipiche di un gruppo carismatico, pur
caratterizzate da una forte impronta personale derivata dal ruolo carismatico,
profetico e di guida attribuito indiscutibilmente a Giannella; in seguito
– e con il consolidarsi della leadership di Giannella e dei suoi
famigliari, nonché con la costituzione formale di A.R.A. nel 1991 – il
gruppo assume forte connotazioni e specifiche proprie a livello organizzativo,
di struttura interna e di prassi.
L’esperienza
nello scoutismo da parte di Giannella sfocia invece nella fondazione
dell’associazione CAMELOT by A.R.A., destinata fondamentalmente a bambini e
giovani (dai 5 ai 20 anni), le cui attività – partendo appunto dallo
stile caratterizzante i gruppi scout – in base al Regolamento della
stessa associazione, hanno come scopo quello di proporre «una esperienza che si
ispira al leggendario Regno di CAMELOT e alle gesta di Re Artù, della Regina
Ginevra e della Tavola Rotonda [...] L’Associazione si prefigge di promuovere
attività di natura ludica, creativa, intellettuale, manuale, motoria,
espressiva e quanto altro inteso a favorire lo sviluppo della persona umana
secondo gli ideali di CAMELOT». In effetti, CAMELOT si è segnalata negli anni
sia per l’organizzazione di iniziative ludiche e ricreative destinate ai membri
di A.R.A., sia per l’organizzazione sul territorio varesino di eventi e
spettacoli destinati al pubblico in generale
[11]
.
La
struttura di CAMELOT prevede un collegamento diretto con A.R.A. mediante il
Settore CAMELOT della stessa A.R.A., a cui partecipa anche l’organismo dirigenziale
di CAMELOT, la Tavola Rotonda. Si deve notare che anche nel caso di CAMELOT, la
famiglia Santini, pur ammettendo ruoli dirigenziali (i cavalieri della Tavola
Rotonda) – comunque subordinati – affidati ad altre persone esterne
alla famiglia, ha comunque rivendicato in maniera esplicita e con forte
connotazioni simboliche la propria autorità. Infatti, Giannella e il marito
rivestono rispettivamente il ruolo di regina e re, mentre le due figlie sono le
principesse e i figli i principi.
c)
Il metodo: la prassi e la vita in A.R.A.
In
base a quanto sopra evidenziato – soprattutto relativamente alle origini
di A.R.A. nel contesto del movimento carismatico – sono da interpretare
alcuni atteggiamenti, gesti e azioni che dai racconti e dalle deposizioni sono
attributi come caratterizzanti l’opera e la figura appunto di Giannella, leader indiscusso, da tutti riconosciuto e in grado di oscurare qualunque altra
figura, compresa quella del marito Piero, che dall’inizio – per quanto
sempre presente – è e rimane costantemente (e forse ambiguamente) sullo
sfondo.
(1) Una pratica diffusa nel corso degli incontri di A.R.A. è l’apertura casuale
della Bibbia, a seguito della quale Giannella, ma anche altri (fra
cui le figlie Sara e Bernadette) leggevano e commentavano, interpretandolo
personalmente, il versetto biblico che si trovavano davanti, ricavando
indicazioni pratiche su quale fossero le scelte buone o cattive, in differenti
circostanze, per le persone interessate. Tale prassi, definibile «carisma delle
letture» è certamente in vigore presso i gruppi carismatici, i quali però
mettono in guardia dalla «bibliomanzia», cioè dal considerare la Bibbia come un libro magico da consultare, come fosse l’oroscopo, per prendere
decisioni, ma vedono nel carisma citato una semplice fonte di riflessione,
volta a ricevere indicazioni di carattere spirituale ed edificatorio. Notiamo,
al contrario, che la prassi dell’apertura casuale della Bibbia, nel
contesto di A.R.A. e, soprattutto, nel clima fortemente autoritario instaurato
dalla leadership, è stata utilizzata con finalità volte ad
orientare – anzi, imporre – scelte di vita ad alcuni membri, in
genere facendo perno su tematiche delicate e problematiche estremamente
personali o famigliari e quindi volte ad impaurire e intimidire l’interessato,
certamente in condizioni di debolezza psicologica rispetto al leader autoritario
che interpretava il versetto biblico, nell’intento di indurre o forzare la
scelta.
(2)
A Giannella è inoltre riconosciuto dai suoi seguaci un indubbio ruolo
profetico. Giannella (e in misura molto minore altri
membri della sua famiglia e dirigenti di A.R.A. esterni alla famiglia Santini)
è vista come la guida, colei che interpreta in maniera veritiera la strada che
Dio vuole indicare. Il ruolo profetico di Giannella si esercita nella vita
quotidiana del gruppo attraverso il ruolo di guida spirituale e nel
riconoscimento che la sua stessa comunità le attribuisce. Ma Giannella si
configura nel contesto di A.R.A. anche come «profeta» in senso carismatico, cioè
come persona dotata di un particolare dono che le consente di parlare
direttamente a nome della Madonna. Alcune profezie, in cui Giannella parla a
nome della Madonna, la Madre di Gesù Cristo, si aprono con queste frasi: «Io
sono la Madre», «Io sono la Madre in mezzo a voi» e in seguito si articolano in
messaggi spirituali in cui risuonano echi biblici e temi o termini simili o
identici a quelli che si trovano nei messaggi diffusi dai veggenti delle famose
apparizioni mariane di Medjugorje, in Bosnia Erzegovina. Tuttavia, il clima di
A.R.A., il ruolo indiscusso di Giannella, lo stile di guida autoritario impostato
dalla stessa e dalla sua famiglia, conferiscono al ruolo profetico della stessa
Giannella non solo la capacità di interpretare e comunicare in qualche modo,
grazie a un dono soprannaturale, un messaggio divino per l’assemblea e quindi
di essere un’intermediaria e come tale un puro strumento. Giannella, nella
visione che hanno di lei i membri di A.R.A. è molto di più: è una persona
dotata di doni straordinari che le permettono di manifestare la volontà di Dio
non in termini generali, ma nella vita dei singoli appartenenti ad A.R.A. e,
come tale, pretende di orientarne le scelte di vita, le decisioni in momenti
cruciali, consci che trasgredire a un orientamento di Giannella significa trasgredire
la volontà divina. Ma ciò non basta: una testimonianza condivisa da parte di
alcuni ex-membri sostiene che, all’interno di A.R.A., la figura di Giannella,
con il tempo, è stata via via letta identificandola direttamente con la Madonna
e quindi non solo come profeta, ovvero semplice «strumento di comunicazione»
fra la realtà divina e i membri di A.R.A. In questo senso le frasi di apertura
delle profezie «Io sono la Madre» sarebbero da intendere in senso letterale,
almeno nell’intenzione di alcuni fuoriusciti da A.R.A. Anche in questo caso,
l’enfasi posta sulla figura di Giannella e, per riflesso, sui membri della sua
famiglia può avere certamente contribuito a creare le condizioni di una
debolezza psicologica dei membri di A.R.A. rispetto alla leadership anche quando non si trattava di sole scelte di vita personali o famigliari (di
per sé già estremamente delicate), ma addirittura di investimenti in denaro a
favore dell’associazione.
(3) Una terza tematica di carattere spirituale ricorrente nella vita di
A.R.A. è quella della pratica della preghiera di guarigione mediante l’imposizione delle mani da parte di componenti dell’A.R.A.,
testimoniata anche dalle dichiarazioni rilasciate da un fuoriuscito e riportate
in un articolo del quotidiano Il Resto del Carlino del 18 ottobre 2002.
Il primo sabato del mese, prima della morte di Giannella, si teneva presso la
sede di Varese una preghiera carismatica aperta anche a persone esterne
all’associazione, momento certamente sfruttato anche come occasione di proselitismo.
Tali preghiere erano caratterizzate anche da «visioni» circa lo stato psichico
della persona. In data 14
settembre 2000, la Congregazione per la Dottrina della Fede, organismo della
Santa Sede, ha emanato il documento Istruzioni circa le preghiere per
ottenere da Dio la guarigione, da cui prendono le mosse le stesse Disposizioni
pastorali di monsignor Tomassetti del 30 novembre 2000, riguardanti A.R.A.
Il Vescovo dichiara a proposito delle preghiere di guarigione:«di non aver mai
dato un permesso esplicito per tali celebrazioni [...] liturgiche e non
liturgiche. Qualora tale concessione fosse stata data in passato, essa va
riconsiderata essendosi riscontrati, nella prassi invalsa presso alcuni gruppi,
elementi non accoglibili». Se è vero che l’imposizione delle mani era effettuata
anche da membri di A.R.A., è pur vero che la protagonista di rilevo della
preghiera appariva, al solito, Giannella che, in caso di assenza, provvedeva a
fornire opportune indicazioni su ciò che doveva essere fatto e pretendeva
completi resoconti. Alcune testimonianze di ex-membri affermano pure che in
A.R.A. spesso si sosteneva che la preghiera bastava a se stessa, sconsigliando
di ricorrere – in alcuni casi – a cure mediche. Non si hanno
ulteriori prove di questa affermazione circa il consiglio di rifiutare la
medicina tradizionale; tuttavia essa appare nettamente in contrasto, oltre che
con il buon senso, anche con le direttive esplicite riguardanti la prassi
ordinaria della Chiesa cattolica in tema di preghiera di guarigione e pone
l’accento sull’assoluta fiducia e l’atteggiamento di completo abbandono che a
livello psicologico era richiesto ai membri di A.R.A. In effetti, secondo
alcuni resoconti, la stessa Giannella (defunta nel febbraio 2005 a causa di un
tumore), muore a casa e quindi priva di cure ospedaliere per meglio rispettare
la volontà di Dio. Circa il «carisma di guarigione» vissuto all’interno di
A.R.A., valgono così le considerazioni già sviluppate a proposito dei due punti
precedenti: ovvero, nel clima autoritario tipico dell’associazione in
questione, l’attribuzione di doni divini straordinari, ha senza dubbio
contribuito a rafforzare la leadership di Giannella e, di
riflesso, della sua famiglia, ponendo i membri in condizione di debolezza
psicologica nei confronti delle stesse guide e fondatori.
(4) Un’ulteriore
tematica tipica di A.R.A. è il frequente accento posto sulla lettura demonologica
della realtà e degli eventi. Avremo modo di accennare più avanti al tema,
guardando alla visione del mondo e della realtà esterna nella dottrina e
nell’ideologia di A.R.A. In questo ambito ci limitiamo a notare che un
consistente accenno a temi demonologici è – ancora una volta –
riconducibile alle origini dottrinali poste nel mondo carismatico, in cui è
diffuso il «carisma di liberazione», ovvero il dono di liberare tramite la
preghiera dagli influssi diabolici e dalle conseguenze di legami occulti, che
si possono contrarre tramite pratiche medianiche, arti magiche ed occulte in
genere o altri eventi della vita. La questione della liberazione dagli influssi
diabolici appare presente consistentemente – e ciò conformemente alla
visione del mondo tipica di A.R.A., di cui diremo – nelle fonti
consultate, in cui compaiono sia meditazioni sul tema, sia studi su testi
specifici condotti o consigliati da Giannella
[12]
,
sia apposite tracce per preghiere di liberazione.
(5) Un ultimo tema che
è utile sottolineare come caratterizzante A.R.A. è l’insistenza sullo studio
delle dinamiche psichiche umane in un’ottica spirituale e teologica. Si
tratta in questo caso di un apporto personale di Giannella e di per sé, se non
estraneo, comunque assente nel mondo carismatico nelle dimensioni di importanza
con cui si presenta in A.R.A. Al di là degli incontri pubblici di preghiera,
l’attività di A.R.A. comportava momenti dedicati ai soci, guidati generalmente
da Giannella, riservati allo studio e alla lettura di libri, ai giochi di ruolo
(caratterizzati anche questi da un approccio tipicamente psicologico) e focalizzando
fondamentalmente l’attenzione sulle due materie in cui Giannella –
descritta univocamente come personaggio colto, grande lettrice, con notevoli
capacità comunicative e di gestione di gruppi – era particolarmente
preparata e costantemente si documentava: la teologia e la psicologia. Alcuni
fuoriusciti hanno messo a disposizione di chi scrive alcuni testi di psicologia
su cui Giannella teneva gli incontri di studio. In tal modo ho avuto fra le
mani i volumi di seguito citati e brevemente commentati.
-
Carol
S. Pearson. L’eroe dentro di
noi. Sei archetipi della nostra vita, Astrolabio, Roma 1989, la cui autrice, psicologa analista e
scrittrice, si concentra sull’evoluzione psichica umana contraddistinta da sei
archetipi di base che – a detta della Pearson – illuminano gli
stati cruciali di sviluppo della personalità. Dalla piena conoscenza degli
archetipi si potrà sviluppare una presa di coscienza della propria posizione
all’interno del modello proposto, per comprendere meglio se stessi e gli altri.
-
Erich Neumann (1905-1960), Storia delle origini della coscienza,
Astrolabio, Roma 1978, il cui autore, filosofo e medico, è stato allievo di
Carl Gustav Jung (1875-1961) dal 1934 al 1936. Si tratta di una summa del
pensiero dell’autore e uno dei maggiori contributi alla fondazione alla teoria
psicanalitica dopo lo stesso Jung. L’intento dell’autore è costruire una teoria
evolutiva della coscienza in cui la storia dello sviluppo psichico individuale
coincida con la storia dello sviluppo psichico collettivo dell’umanità.
-
Eugen Drewermann, Funzionari di Dio. Psicogramma di un ideale, trad. it., Raetia, Bolzano 1995, il cui autore,
filosofo, psicoanalista e teologo tedesco, nonché sacerdote cattolico, in dissenso
rispetto alla Chiesa cattolica per le sue posizioni teologiche, è stato
interdetto dall’insegnamento dalle autorità cattoliche. Drewermann parte dalla
concezione della religione come patologia e dà per scontato che certi elementi
tradizionali debbano avere necessariamente un effetto negativo. Egli sostiene
che nel clero cattolico i problemi psichici sono dati dall'obbedienza al Papa e
dal celibato come repressione dell’amore; ne deriva un'immagine del clero cattolico
molto discutibile. Secondo Drewermann, infatti, ci si fa preti per sublimare il
complesso edipico, o coprire le tendenze omosessuali, o ancora per paura del
mondo. Inoltre, per Drewermann la scissione tra anima e corpo, spirito e
materia, è una divisione artificiale che provoca nell'uomo un conflitto ed è
alla base della sua ansia. Obiettivo della terapia è dunque recuperare l'unità
originaria. Nel caso di un chierico, durante l'adolescenza la cultura e l'etica
cattolica non gli permettono di emanciparsi dall'attrazione edipica nei
confronti della madre. In sostanza i preti, non essendo in grado di diventare
autonomi, hanno bisogno di inserirsi in una società che sostituisca la famiglia
e dove non debbano confrontarsi coi problemi del rapporto con l'altro sesso.
Tra l’altro, per Drewermann sesso e amore si identificano
[13]
.
Con una certa
dose di fortuna e la collaborazione di alcuni ex-membri sono riuscito inoltre a
reperire la copia del libro di Drewermann di proprietà
della Giannella, sulla quale lei stessa aveva appuntato alcune note, dalle
quali si può notare da un lato l’accenno alla non condivisione di alcune idee
del teologo tedesco, mentre dall’altro alcune puntualizzazioni relative alle
critiche al clero cattolico, che la Giannella sottoscrive anche con riferimenti
precisi a chi, nella sua logica, osteggiava A.R.A. e in modo particolare, fra
gli altri, risultano citati don Fiorenzo Mina (ex parroco di Bobbiate, frazione
della città di Varese in cui prioritariamente svolgeva le proprie attività
A.R.A.) e monsignor Marco Ferrari, Vicario Episcopale dell’Arcidiocesi di Milano per la Zona Pastorale
Seconda – Varese.
In ogni caso,
l’orientamento dei volumi a cui si è fatto cenno – che si collocano nel
solco della psicanalisi freudiana e junghiana – conferma le testimonianze
di alcuni fuoriusciti (a cui si fa parzialmente cenno anche nell’articolo de Il
Resto del Carlino del 18 ottobre 2002), per cui risultava pratica comune in
A.R.A. il fatto che ogni individuo compisse un percorso psicologico volto a ripercorrere
le tappe della propria vita, dall’infanzia all’età adulta, concependo come
punto fermo il ruolo svolto dalla madre, visto come la causa di tutti i
problemi. Da questa consapevolezza indotta da questa sorta di «terapia», la
reazione e il rifiuto da parte di alcuni membri di continuare a intrattenere
rapporti con le famiglie e, in modo particolare, con la madre. In sostanza,
A.R.A. proponeva un cammino di purificazione e salvezza e il passaggio
fondamentale per ottenere la libertà si fondava su dinamiche psicologiche.
3. Il clima in A.R.A.: «sudditanza psicologica» e fondamentalismo
a. La «sudditanza psicologica»
Il tema psicologico o psico-spirituale in A.R.A. risulta di tutto
rilevo ai fini della comprensione del clima caratterizzante l’organizzazione;
infatti allo studio di tematiche e volumi a tema teologico o psicologico e al
cammino di distacco dalla madre e dalla famiglia proposto in termini tratti
dalla psicanalisi freudiana e junghiana, si accostava una messa in atto pratica
da parte di Giannella e delle figlie Sara e Bernadette di una propria tecnica
il cui effetto era volto creare e rafforzare continuamente il principio di
autorità da parte della leadership, principio di autorità già vigente in
base alla convinzione che Giannella – e, conseguentemente, i membri della
sua famiglia, e in modo particolare le figlie – godesse di doni divini
straordinari e per qualcuno fosse addirittura la Madonna.
A questo v’è d’aggiungere che Giannella
aveva proposto a tutti un cammino di fede molto forte che poteva essere
suggellato con delle «promesse» o «voti», il cui testo è riportato in alcuni
manoscritti. Così si sofferma una fuoriuscita in una testimonianza a proposito
dei «voti»: «In questo caso veniva recitata una “formula” religiosa ideata da
Giannella basata su: offerta, obbedienza, confidenza: “Offerta” della vita, per
i Sacerdoti e le comunità ad essi legate, “Obbedienza” a Dio nelle mani di
Giannella e infine “Confidenza” in Dio e cioè fidarsi di Dio in ogni
circostanza. Non esisteva un rituale per la recita della formula in quanto
chiunque poteva recitarla o in gruppo e da sola; era considerato un momento
molto solenne e importante e ogni qualvolta si decideva di rinnovarla, occorreva
comunicarlo a Giannella. Veniva così recitata una “formula” religiosa ideata da
Giannella basata su: offerta, obbedienza, confidenza». In particolare, la formula
parla testualmente di obbedienza «alla volontà del Padre, nelle mani di nostra
sorella Giannella, che ti chiediamo, per tua bontà, di illuminare con la
potenza del tuo Spirito per guidarci in questo cammino». Si noterà che, anche
in questo caso, il ruolo di Giannella come «mediatrice» della volontà di Dio
presso i membri di A.R.A. e guida è assolutamente enfatizzato.
La conseguenza di tutto quanto
dettagliato è senz’altro la creazione di uno stato di inferiorità a livello
spirituale e psicologico del singolo fedele rispetto a Giannella e alla leadership di A.R.A. Per quanto dunque sia in termini scientifici che in termini
giuridici nel caso in specie – così come in termini più generali –
non si possa parlare di plagio, «lavaggio del cervello», o «manipolazione
mentale»
[14]
,
con estrema cautela e in base alle dinamiche sopra approfondite, nel caso di
A.R.A. si potrebbe parlare comunque di un clima generale di «sudditanza
psicologica»
[15]
– da distinguersi però opportunamente dalla messa in atto di meccanismi di
«manipolazione mentale» – e inferiorità spirituale dei membri rispetto
alla leadership.
b. Il problema dei
«costi in uscita»
D’altra parte, in molti casi – ma non in via esclusiva – i
membri di A.R.A. erano persone in stato di oggettiva debolezza e fragilità materiale
e psichica: si trattava spesso di persone provenienti a Varese o nei dintorni
dal Sud Italia senza un lavoro, che riuscivano a trovare una sistemazione e anche
un’occupazione grazie ai contatti di A.R.A., oppure di persone in tutto e per tutto
dipendenti dall’associazione, a causa di decisioni e progettualità maturate
internamente ad A.R.A. che li avevano indotti a lasciare la loro professione.
Spesso anche gli stessi matrimoni erano fra membri di A.R.A. (come nel caso del
matrimonio svolto in «stile Camelot»
nel 1999) e, di per sé, il clima esclusivista e fondamentalista a cui
accenneremo a breve, rendeva difficile se non impossibile intrattenere rapporti
all’esterno dell’associazione, per cui i legami amicali e gli stessi vincoli
coniugali e famigliari potevano continuare ad essere vissuti se entrambi i
soggetti rimanevano all’interno dell’associazione. A volte si trattava pure di
soggetti disorientati e intimiditi, a causa del loro basso livello culturale,
di fronte alla mole di nozioni di carattere teologico e psicologico fornite nel
corso degli incontri di studio: lo si può notare dall’approssimazione
nozionistica che emerge nel corso dei colloqui con loro, oppure dagli errori
grossolani commessi nella pura trascrizione dei nomi degli autori oggetto di
studio e formazione che avrebbero dovuto invece conoscere in maniera approfondita
nelle intenzioni formative di Giannella.
Scrive a proposito dei condizionamenti e del controllo sociale la
psicologa ed esperta di nuovi movimenti religiosi Raffaella Di Marzio: «I
gruppi religiosi si comportano come tutti gli altri gruppi: funzionano in base
alla loro struttura, definita dai ruoli di ciascun membro e dal suo status,
dal modo in cui i vari membri interagiscono e comunicano tra loro, dalle norme condivise.
La persona che, all’interno del gruppo, occupa una posizione di intensa
attività e di alto potere è il leader, che, per il suo prestigio, la sua
importanza e il suo valore, gode di uno status molto elevato. Grazie al
suo potere egli può influire sui membri modificandone le convinzioni e i
comportamenti, ma la riuscita della sua azione dipende da molti fattori tra
loro interdipendenti. Un leader carismatico che esercita il suo potere
"spirituale" sui membri non riesce, infatti, a controllare tutti i
suoi fedeli nella stessa misura né a influire sulla loro vita nello stesso
modo. Questo perché la sua azione si combina con le caratteristiche di
personalità del membro affiliato e con le condizioni più o meno favorevoli che
si verificano nel gruppo. Oltre a questo, nonostante i gruppi religiosi siano
spesso chiusi ad altre influenze, anche le altre agenzie di socializzazione
(come la famiglia, la scuola, il gruppo dei pari) possono potenziare o rendere
meno efficace l’azione del leader»
[16]
.
E, ancora: «Se il processo ha successo l’individuo diventa "affamato"
di convinzioni e attaccamento e comincia a dipendere da chi glieli fornisce.
Nello stadio successivo la persona può arrivare a rinunciare alla sua
individualità al punto da non riconoscere più la validità emotiva della vita
lontano dal gruppo settario e dal suo leader che lo governa
"carismaticamente". Naturalmente è il caso di sottolineare il fatto
che ci sono leader carismatici che sanno esercitare il loro potere
spirituale in modo equilibrato e ragionevole, senza intaccare la libertà dei
loro seguaci, che esistono gruppi religiosi dai quali si può uscire senza
subire ritorsioni di alcun genere e all’interno dei quali la creatività e la
razionalità delle persone viene rispettata così come vengono salvaguardati la
loro intimità e le loro relazioni affettive. Questa realtà indubbiamente
positiva che riguarda molti gruppi non deve mai allentare la vigilanza nei riguardi
di quei leader che esercitano il loro potere spirituale senza scrupoli, che
strumentalizzano altri esseri umani per interessi personali [...]».
Naturalmente, l’individuazione esclusiva del gruppo come unico contesto sociale
di riferimento finisce per rendere estremamente problematici sia il confronto
con la realtà esterna, sia le possibilità che un membro esca senza difficoltà
dall’organizzazione.
Queste tematiche introducono una questione ampiamente studiata dagli
esperti di minoranze religiose e una lettura che offre una visione alternativa
rispetto a quella – impraticabile a livello giuridico e scientifico
– del «lavaggio del cervello». Si tratta del problema dei cosiddetti
«costi in uscita», ovvero: tanto più il gruppo è esclusivista, tanto più le
relazioni sociali della persona appartenente al gruppo si riducono ai rapporti
interpersonali con i leader e i membri dell’organizzazione.
L’appartenente al gruppo può quindi pensare di uscire dallo stesso, ma si vedrà
isolato rispetto al resto della società: spesso aveva troncato i rapporti con
amici, conoscenti e famigliari che non avevano aderito all’associazione e
quindi sentirà tutta la difficoltà di riallacciare normali relazioni con essi
[17]
,
potrà incontrare difficoltà di tipo materiale avendo rinunciato al lavoro o
fatto scelte professionali non conformi in base alle logiche dell’associazione
e non di rado si troverà nella condizione di avere investito – magari con
entusiasmo all’atto della donazione – con offerte e donazioni anche di
rilevo, nelle attività del gruppo che pensa di lasciare. Tutti temi questi che
appaiono non estranei, ma anzi familiarissimi nel contesto di A.R.A. e rendono
in buona parte conto del perdurare negli anni dell’organizzazione sino –
come vedremo – alla morte di Giannella, vero leader carismatico,
in grado di totalizzare l’attenzione dei membri su di sé e il proprio
messaggio, rendendo A.R.A. l’unica realtà effettivamente vivibile dai membri ed
escludendo o leggendo in maniera critica e negativa qualunque realtà esterna.
c) La dottrina: il «fondamentalismo»
Quanto sopra si ricollega in maniera chiara con una caratteristica
saliente di A.R.A., ovvero il suo approccio fondamentalista sia al mondo
esterno sia al testo biblico. L’attenzione posta sul «fondamentalismo» permette
di fatto, di concentrare l’attenzione passando dal metodo alla dottrina di
A.R.A., come suggerisce Massimo Introvigne fornendo alcuni criteri volti a
vagliare la bontà o meno di un’esperienza religiosa, ovvero la sua presunta
pericolosità sociale: «[...] non esistono – salvo, come si è accennato i
casi in cui si fa ricorso alla violenza fisica o a sostanze chimiche
– metodi di persuasione di per sé illegali; la ricerca di una definizione
di questi metodi a prescindere dai contenuti caratterizza precisamente la falsa
pista e la strada senza uscita su cui si sono avventurati molti teorici del
lavaggio del cervello. Esistono invece metodi di persuasione “forti”che possono
diventare illeciti nella loro combinazione con contenuti che sono di per
sé inaccettabili, in quanto favoriscono la frode ovvero promuovono la violenza.
[...] sia gli studiosi che le autorità di polizia possono – e forse
devono – analizzare le dottrine inculcate attraverso i processi di
“riforma del pensiero” (di per sé diffusissimi e non illeciti) per prevedere
quali, con un maggiore o minore grado di probabilità, potrebbero spingere chi
le professa ad azioni illegali»
[18]
.
Prescindendo in questa sede dall’ampio dibattito accademico sulla
definizione di «fondamentalismo»
[19]
, possiamo
interpretare il messaggio dottrinale globale di A.R.A. riconducendolo a due possibili
significati della categoria «fondamentalismo». In questo prenderemo spunto
dalle considerazioni su A.R.A. espresse da monsignor Tonassetti nelle Disposizioni
Pastorali ed esplicitate in alcuni punti nella Lettera indirizzata
al Consiglio Direttivo di A.R.A. del 19 febbraio 2001, che chi scrive ritiene
del tutto appropriate e condivisibili.
(1) Innanzitutto A.R.A.
si caratterizza per un approccio fondamentalista alla Bibbia, in ciò
richiamando in senso stretto il significato originario del termine «fondamentalismo»,
che sorge in ambito protestante di lingua inglese – e, precisamente,
dall’ambiente protestante americano che nei primi decenni del secolo XX precede
la Moral Majority e la «nuova destra cristiana» – per indicare la
difesa dei «fondamentali» del protestantesimo minacciati da ciò che veniva
percepito (fra i secoli XIX e XX) come cedimento alla modernità di molte
comunità protestanti storiche, sotto forma soprattutto del metodo
storico-critico di interpretazione della Bibbia e dell’evoluzionismo
scientifico. In A.R.A. il testo biblico, come abbiamo potuto notare, è spesso
interpretato in senso profetico e letterale, con riferimento diretto e pratico
ad alcune circostanze di vita dei singoli e dell’associazione e quindi sia in
maniera problematica rispetto a quanto suggerito dal Magistero cattolico
soprattutto mediante la Costituzione
dogmatica sulla Divina Rivelazione del Concilio Vaticano II, Dei Verbum (18 novembre 1965); sia in
maniera discutibile e pericolosa volta a fare perno su una presunta indicazione
divina per spingere il singolo ad attuare determinate scelte, anche relativamente
ad ambiti delicati, di carattere personale e famigliare. Ma un certo
fondamentalismo e quindi una tendenza all’interpretazione diretta e letterale
dei testi, riferendoli in via diretta a circostanze concrete, sembra
appartenere al patrimonio culturale di Giannella; infatti anche le annotazioni
personali sul libro di Drewermann, con riferimenti espliciti a persone che
osteggiavano A.R.A. pare possano essere interpretate in questo senso.
(2) La seconda
peculiarità per cui A.R.A. può essere considerata come caratterizzata da un approccio
fondamentalista alla visione del mondo è data dall'interpretazione a visione
della stessa organizzazione – come riferiscono i fuoriusciti in base a
una definizione a loro famigliare – come «salvezza e origine della
salvezza, per salvare il mondo». Tale visione della propria realtà come l’arca
della salvezza, da cui si esce per incontrare gli uomini nel mondo solo
affinché anche loro giungano all’arca (attraverso il proselitismo) è tipica di
molte espressioni nell’ambito dei movimenti religiosi contemporanei. In A.R.A. il
mondo appare nettamente diviso fra «noi» e «loro», ovvero da un lato A.R.A.,
che rappresenta la salvezza, dall’altra il mondo esterno, che è malvagio.
Al mondo esterno appartengono, naturalmente, tutti i non appartenenti ad A.R.A.
e quindi anche i famigliari che ad essa non hanno aderito, con i quali i
rapporti da parte dei membri sono del tutto problematici e sono, in vari casi
documentati nel corso delle indagini, sfociati nell’isolamento e nella
separazione totale. Questa tendenza, che caratterizza tipicamente i gruppi
fondamentalisti comporta la percezione di un altro grado di tensione rispetto
alla società circostante (e quindi una contraddizione o dissonanza tra le
pratiche e le idee del gruppo e le pratiche e le idee della maggioranza nella
società) e quindi «costi di appartenenza» al gruppo molto elevati (tanto più un
gruppo religioso è caratterizzato da tensione e dissonanza rispetto alla società
esterna, tanto più chi vi aderisce deve essere preparato a pagare costi significativi
di carattere simbolico e sociale), tematica che abbiamo già affrontato a
proposito dei «costi in uscita» per i vari membri. Ancora prendendo spunto e
approfondendo i concetti espressi sinteticamente da monsignor Tommasseti, il
fondamentalismo – ovvero la tensione e la rivendicazione delle differenze
rispetto alla società circostante – si esprime in A.R.A. attraverso
alcune sottotematiche del tutto rilevanti, che andiamo a descrivere.
- La visione demonologica del mondo circostante, che è malvagio, è il regno del demonio, caratterizzato
dall’apostasia in prima battuta dei sacerdoti, che – secondo Giannella,
la quale mutua anche, come abbiamo visto, alcune idee da Drewermann – non
hanno atteggiamenti conformi al volere di Dio. Peraltro, gli stessi membri di A.R.A. sono costantemente
ripresi dalla leadership in quanto non ritenuti buoni fedeli e perciò,
anche loro soggetti all’influsso demoniaco e come tali, dunque, costantemente
richiamati ad adempiere il volere di Dio che si esprime tramite le guide di
A.R.A. A questo proposito, ex-membri hanno riferito che le figlie di Giannella,
in alcune occasioni, hanno attribuito la colpa della morte della madre al
cattivo comportamento dei membri di A.R.A., che non sarebbero stati, a loro
avviso, buoni fedeli.
- Il carattere autoreferenziale e la tendenza a isolare e isolarsi dal
resto della comunità ecclesiale e dalla società in genere sono testimoniati, fra l’altro, da un episodio emblematico
di cui conserva memoria l'ex parroco di Bobbiate. Nell’anno 1996, infatti,
alcuni membri di A.R.A. prendono parte al pellegrinaggio a Lourdes organizzato
dalla Parrocchia di Bobbiate, senza mai partecipare ad alcuna Messa e ad altri
momenti comunitari. L’importanza secondaria attribuita alla Messa, che sta invece
al centro del culto cattolico, è anche confermata da altri episodi nella vita
di A.R.A. D’altra parte, tali atteggiamenti risultano essere le conseguenze
scontate di una tale visione del mondo. A scanso di equivoci, è utile segnalare
che certamente A.R.A. e CAMELOT hanno svolto molte attività sociali, di
volontariato e manifestazioni rivolte al mondo esterno, ma nella logica suesposta
queste possono essere interpretate da un lato come il foraggiamento necessario
dal punto di vista economico per la sussistenza dell’associazione, dall’altro
come l’occasione per diffondere il messaggio di A.R.A. e quindi creare nuovi
membri.
- La presenza di un insegnamento esoterico e di «percorsi religiosi non consueti» rappresentano, senza dubbio, un tratto delicato e difficilmente documentabile della storia di A.R.A. Infatti, tutto il materiale a disposizione non riporta accenni ad insegnamenti in tal senso e ciò vale, in particolare, anche per le dispense dei ritiri spirituali che per il periodico mensile. Pare così che tali insegnamenti siano stati trasmessi dalla leadership solo oralmente, ma anche in questo caso sono comunque gli ex-membri, le cui testimonianze sono concordi e confermate dall’accenno contenuto nelle Disposizioni Pastorali di monsignor Tommassetti, a darci qualche elemento in merito. È però ipotizzabile che, relativamente all’insegnamento esoterico che ha pure condotto allo sviluppo di percorsi religiosi non solo non consueti, ma del tutto estranei all’ortodossia cattolica, siano stati sviluppati molti più elementi nel corso della storia di A.R.A. di quanti è stato possibile raccoglierne con le testimonianze dei fuoriusciti nel corso dell’indagine. In A.R.A., a detta degli ex-membri, vigeva comunque il principio di «Non dire mai all’esterno quello che succedeva all’interno». Possiamo senz’altro ascrivere fra le «venature esoteriche» di A.R.A. alcune idee o eventi:
A fronte di
questa carrellata circa le tendenze fondamentaliste presenti come elementi
dottrinali rilevanti in A.R.A., va da sé che non solo il metodo utilizzato, ma
anche la dottrina vigente appare del tutto orientata alla rivendicazione
dell’associazione come esclusivo luogo di vita sociale per i membri. Ma
l’associazione è un luogo unico e l’unica possibilità di salvezza perché unica
e speciale è la leadership del gruppo, la sola in grado di comprendere e
mediare la volontà divina a favore di tutti i membri. Se unica è la realtà di
salvezza, identificata con A.R.A., in essa deve prevalere, secondo un principio
introdotto da Giannella, l’assoluta unanimità di vedute e quindi la concordanza
assoluta con il suo pensiero e – di conseguenza – quello dei suoi
famigliari. Le opinioni differenti, conformemente alla visione del mondo
fondamentalista che abbiamo dettagliato, sono bandite come demoniache e chi le
porta è accusato di volere «far fuori la guida». Quindi, anche l’impianto generale
dal punto di vista dottrinale pare, in A.R.A., voler perseguire un unico scopo
che è comune anche all’impianto metodologico utilizzato nella prassi
dell’associazione: l’affermazione del principio di autorità della guida e la
conseguente «sudditanza» (che si esprime in maniera anche figurata in CAMELOT,
dove la famiglia reale è naturalmente la famiglia Santini), inferiorità e debolezza degli altri membri,
soggetti in tutto e per tutto alla volontà divina, coincidente con la volontà
della leadership.
4. Cosa rimane di A.R.A. oggi
Guardando ai membri di A.R.A., oggi fuoriusciti dall’associazione, si
tratta di persone con importanti esigenze spirituali – la conferma di ciò
è che ancora oggi molti ex-membri, pur in un contesto più «ordinario», prestano
molta attenzione alle questioni religiose nella loro vita e si sono riavvicinate
all’ambito parrocchiale –, che trovavano una guida forte, un vero e
proprio capo carismatico in Giannella, la quale ha saputo gestire abilmente,
grazie alle sue conoscenze spirituali, psicologiche e comunicative la
situazione per anni. Nei confronti della fondatrice non vi era solo una sottomissione,
ma una devozione incondizionata verso un capo spirituale unico. D’altro canto,
come abbiamo già avuto modo di rilevare, tutti gli altri ruoli e figure
all’interno di A.R.A. erano messi in ombra dall’autorità di Giannella. Dietro
alla madre erano comparse, ma solo come figure secondarie, le figlie Sara (nata
nel 1972) e Bernadette (nata nel 1985). Come però racconta una fuoriuscita:
«Nel febbraio del 2005, Giannella muore in quanto affetta da un tumore;
immediatamente le figlie Sara e Bernadette presero il sopravvento sul gruppo;
poiché non dotate dello stesso carisma della madre, non riuscirono a gestire
quel delicato equilibrio che regnava nell’associazione in precedenza accennato.
Le loro regole divennero assai più rigide e le defezioni degli “impuri” erano
oramai all’ordine del giorno. Nessuno di noi riconosceva il ruolo di Sara e,
pur non contestandola apertamente in quanto figlia di Giannella, di fatto
esprimevamo in mille modi il nostro dissenso. Piano piano molti di noi
rassegnarono le dimissioni, in quasi tutti i casi gli associati venivano
costretti ad andarsene in quanto a dire della nuova gestione, non facevano
quello che doveva essere fatto; nessuno però aveva mai capito cosa in realtà
occorreva fare. Nel corso dell’ultima riunione del 12 novembre 2006, Sara costrinse
tutti a dimettersi, nominandosi autonomamente, nuovo presidente dell’assemblea,
cosa in realtà vietata dallo statuto che recitava che in mancanza del
presidente il ruolo doveva essere ricoperto dal vice presidente; nel suo “colpo
di mano” la stessa era spalleggiata da un gruppo di fedelissimi composto da: la
sorella Bernadette [...] Persino il padre Santini Piero, fu costretto a
dimettersi in quanto ritenuto “indemoniato” poiché aveva avuto contatti con
alcuni fuoriusciti». E così un'altra fuoriuscita: «Santini Sara e la sorella
Bernadette, che come già detto erano divenute le vere guide dell’associazione,
avevano preannunciato che il futuro della nuova comunità sarebbe stato Lourdes
dove tutti avrebbero potuto vivere nell’albergo di proprietà dell’associazione».
Con la morte di Giannella A.R.A. dunque entra in crisi nel giro di soli
ventuno mesi; le figlie, prive del carisma e dell’autorità della madre,
riescono a mettere in atto solo una strategia di ottimizzazione dei vantaggi
economici derivanti dalla gestione dei beni dell’associazione, frutto delle donazioni
da parte dei soci perseguite nel clima autoritario che caratterizzava A.R.A.,
su cui ci siamo a lungo soffermati, e un’opera di allontanamento dei membri
scomodi, che al contempo – defunta Giannella – erano riusciti ad
affrancarsi dal principio di autorità che fino ad allora li aveva immobilizzati
e quindi avevano osato ribellarsi e prendere posizione nei confronti di guide e leader non più riconosciuti.
Nel corso dell’indagine, si è così di fatto assistito allo sfaldamento
di quel poco che rimaneva di A.R.A., anche se, dal punto di vista sia pratico
che spirituale – e al di là dei risvolti prettamente giudiziari –
l'esperienza vissuta ha comunque lasciato tracce talora indelebili o
difficilmente cancellabili nell'esistenza di molti ex-membri.
In ogni caso, allo sfaldamento della realtà in questione corrisponde un ritorno da parte dei fuoriusciti (dopo anni vissuti nel clima psico-sociale che abbiamo cercato di descrivere e che ha caratterizzato a lungo l'associazione), da un lato a una vita quotidiana non più caratterizzata dagli eccessi tipici di un'esperienza fondamentalista e autoritaria, dall'altro – grazie alla sensibilità e alla delicata opera di accoglienza da parte delle autorità ecclesiastiche locali – a un reinserimento a pieno titolo nella Chiesa cattolica.
.
Note
[1]
Sul concetto di «gruppi cattolici di frangia» cfr. Massimo Introvigne -
PierLuigi Zoccatelli (a cura di), Le religioni in
Italia, Elledici - Velar, Leumann (Torino) - Gorle (Bergamo) 2006, pp. 37-40.
[2]
Cfr. Andrea Menegotto, Parere in merito
all’Associazione Roveto Ardente - A.R.A. redatto in
base alla nomina di ausiliario di Polizia Giudiziaria, ex art. 348 comma 4
c.p.p. del 6 novembre 2007, 11 luglio 2008,
documento riservato, presso gli inquirenti.
[3]
I documenti ecclesiali
degni di nota a proposito di A.R.A. sono citati di seguito:
·
monsignor Vittorio Tomassetti, Disposizioni
pastorali indirizzate ai sacerdoti, ai religiosi/e, ai diaconi, ai ministri e
ai fedeli laici della Diocesi di Fano - Fossombrone - Cagli - Pergola, 30
novembre 2000 (protocollo della Curia n. 2531 – 29/12/2000);
·
monsignor Vittorio
Tomassetti, Lettera indirizzata al Consiglio Direttivo di A.R.A., 19 febbraio 2001
(protocollo della Curia n. 252 - 22/02/2001), in risposta alla Lettera inviata
allo stesso Vescovo quale replica alle succitate Disposizioni pastorali e
sottoscritta da Giovanna Giovannelli Santini (detta Giannella) per il Consiglio
Direttivo di A.R.A. in data 9 gennaio 2001 (protocollo A.R.A. n. 01/2001). In
data 12 gennaio 2001 lo stesso Consiglio Direttivo emana una Circolare ai soci
di A.R.A. in cui annuncia la decisione di scrivere a monsignor Tomassetti
«[...] chiedendo chiare spiegazioni sul contenuto delle disposizioni pastorali
che ci riguardano, dal momento che nessuno di noi era stato da lui interpellato
circa le sue affermazioni e di questa nostra lettera vi inviamo copia»
(protocollo A.R.A. n. 55/2001). In verità, monsignor Tomassetti, nella Lettera
indirizzata al Consiglio Direttivo di A.R.A. del 19 febbraio 2001, precisa:
«Prima di redigere il documento e fin dal maggio scorso, ci si è incontrati
– Vescovo e Vicario – con il sacerdote che qui di fatto rappresenta
l’A.R.A. Egli è stato invitato a riesaminare sotto il profilo della pastorale
parrocchiale le linee di conduzione di questa nuova appartenenza. Egli ha
ricusato il discorso, nella ferma convinzione di non avere nulla da rivedere»;
· monsignor Marco Ferrari, Vicario Episcopale dell’Arcidiocesi di Milano per la Zona Pastorale Seconda - Varese, Lettera a commento della presa di posizione del Vescovo di Fano indirizzata alla Presidente a tutti i membri dell’A.R.A., 9 marzo 2001 (protocollo della Zona Pastorale n. 567/2001), a cui Giovanna Giovannelli Santini per il Consiglio Direttivo di A.R.A. replica in data 17 maggio 2001 (protocollo A.R.A. n. 556/2001).
[4]
Le
fonti su cui si è fondato prima il parere fornito agli inquirenti e poi questo
contributo sono le seguenti:
-
la lettura dei verbali delle deposizioni rese dalle persone fuoriuscite
(ex-membri) da A.R.A., messi a mia disposizione dalla D.I.G.O.S. della Questura
di Varese;
-
ripetuti incontri, colloqui e scambi di corrispondenza con alcune persone
fuoriuscite da A.R.A., talune delle quali hanno ricoperto anche ruoli apicali
nell’organizzazione;
-
colloqui con persone e autorità ecclesiastiche a conoscenza dei fatti;
-
lettura di materiale interno ad A.R.A. (statuti, alcuni verbali delle assemblee
dei soci, bilanci e relazioni del tesoriere, tutti i numeri del periodico
mensile ufficiale di A.R.A. Ciao Maria (che inizia le sue pubblicazioni
nel 1993), di alcuni libri adottati come testi formativi nelle riunioni, di
dispense, appunti, corrispondenza e comunicazioni interne, preghiere per i
ritiri spirituali o le riunioni...) e la visione di materiale video e
fotografico fornito da alcuni ex-membri.
[5]
Cfr. M.
Introvigne, I naufraghi del buon senso, disponibile sul
sito del CESNUR all’URL www.cesnur.org/testi/naufraghi.html; alla tematica specifica degli ex-membri di minoranze religiose sono
inoltre dedicate varie pagine del volume, de medesimo autore, Il sacro
postmoderno. Chiesa, relativismo e nuova religiosità, Gribaudi, Milano
1996.
[6]
Il caso di ex-membri di movimenti e gruppi
religiosi che si organizzano in maniera formale, costituendo vere e proprie
associazioni, dotandosi di consulenti e legali al fine di rivalersi sulla
realtà di cui hanno fatto parte e spesso collegandosi con il più vasto
movimento anti-sette è piuttosto diffusa soprattutto nel mondo di lingua
anglosassone. Il «movimento anti-sette», di derivazione laicista (da non
confondere con i gruppi cristiani che criticano certi movimenti religiosi dal punto di vista della dottrina) dichiara di non
occuparsi di dottrine, ma solo di comportamenti e sostituisce il tradizionale
criterio qualitativo di valutazione delle esperienze religiose con un criterio
quantitativo che considera comunque «settarie» le esperienze ritenute, in base
a criteri di per sé non oggettivi, troppo intense ed esigenti, a prescindere
dal loro contenuto dottrinale. Le tesi del «movimento anti-sette» sono state
ormai ampiamente screditate sia dalla letteratura specialistica internazionale,
sia dal molta letteratura comunque contraria alle «sette» e avente comunque funzioni
apologetiche, in quanto prodotta all’intero di organizzazioni religiose
maggioritarie quali la Chiesa cattolica e le altre Chiese cristiane.
[7]
Sulle complesse questioni connesse
all'uscita di un membro da un gruppo «gruppo
carismatico», cfr. Raffaella Di Marzio, Nuove religioni e sette. La psicologia di fronte alle nuove forme di culto,
Edizioni Scientifiche Ma.Gi., Roma 2010, in particolare pp. 73-127.
[8]
Le origini e la storia di A.R.A. sono tratteggiate per sommi capi, ma
efficacemente, in una testimonianza di una fuoriuscita: «Nel 1981, quando
ancora vivevo a Caserta, facevo parte di un gruppo religioso composto da
numerose persone che frequentemente si riunivano in abitazioni private per
pregare. All’interno di questo gruppo vi era anche Giovannelli Giovanna detta
Giannella, persona di Pesaro che in quel periodo viveva a Caserta in quanto il
marito Santini Piero, Ispettore delle assicurazioni Generali, era stato
assegnato dalla compagnia alla sede di Caserta. [...] Già all’epoca Giannella
aveva tre figli, Sara, Piergiovanni e Pierfrancesco la quarta Bernadette,
nacque nel 1985 quando la famiglia, a causa di un nuovo trasferimento di Santini
Piero, si stabilì a Varese. Già in quel periodo la comunità riconosceva in Giannella
un ruolo di guida spirituale e anche quando andò via da Caserta il gruppo
continuò a fare riferimento a lei; ricordo che i suoi insegnamenti rigidi e
intransigenti avevano fatto si che persino i parroci locali non vedessero di
buon occhio il nostro gruppo religioso. Nel corso delle omelie domenicali
infatti, seppur in maniera non del tutto esplicita, eravamo prese di mira dai
sacerdoti che ci accusavano di essere al di fuori dalla chiesa cattolica
nonostante il nostro atteggiamento da credenti convinte. [...] Nel 1986 mi
recai a Varese per seguire Giannella e la sua famiglia e riprendere quindi il
mio percorso spirituale unitamente a loro. [...] Anche a Varese esisteva un
gruppo di preghiera che faceva riferimento e Giannella e dal momento che i
partecipanti aumentavano sempre più si rese necessario l’utilizzo di una sala
più grande che ci fu concessa da don Mario Cortellezzi, parroco della chiesa di
San Grato a Varese località Bobbiate. Il gruppo iniziò a svolgere un’attività
di volontariato e per tale motivo Giannella disse che era necessaria la
creazione di un gruppo legalmente riconosciuto; doveva essere un gruppo che
aiutava la gente seguendo sempre un percorso spirituale che avrebbe portato a
Dio. Tale percorso poiché dedicato alla Madonna veniva definito “roveto” e per
tale motivo alla nuova associazione venne dato il nome di “Associazione Roveto
Ardente” o più semplicemente “A.R.A”. Il gruppo fu costituito nel 1991 da
alcuni soci fondatori [...] Queste persone si recarono in viaggio a Lourdes
dove ebbero l’ispirazione di fondare l’associazione cosa che fu fatta al loro
ritorno. Come sede legale fu scelta inizialmente l’abitazione di Giannella sita
a Varese […], mentre la sede operativa divenne quella di Varese […] che col tempo divenne anche la sede
legale. Nel corso della prima riunione del consiglio furono nominate le cariche
principali e cioè come Presidente fu scelta Giannella, Vice Presidente il
marito Santini Piero [...] Fu nominato quindi un consiglio direttivo composto
da undici o tredici persone affiancate un certo numero di soci. Le attività di
volontariato erano molteplici: aiuto ai bambini handicappati, dopo scuola per
bambini bisognosi, materiali secondo il “metodo Doman” da fornire gratuitamente
ai bambini affetti da patologie di natura mentale, aiuto alle persone anziane,
accoglienza in genere, attività sportive e culturali, spettacoli e tutto quello
che poteva riguardare il mondo del sociale [...] in seno all’A.R.A. era nato il
gruppo CAMELOT indirizzato prevalentemente verso i giovani; in questo branca
dell’associazione Giannella e il marito rivestivano rispettivamente il ruolo di
Regina e Re, mentre le due figlie erano le principesse e i figli i principi,
alcuni noi eravamo invece i “cavalieri della tavola rotonda” [...] Nel febbraio
del 2005, Giannella muore in quanto affetta da un tumore; immediatamente le
figlie Sara e Bernadette presero il sopravvento sul gruppo [..] Nessuno di noi
riconosceva il ruolo di Sara e, pur non contestandola apertamente in quanto
figlia di Giannella, di fatto esprimevamo in mille modi il nostro dissenso.
Piano piano molti di noi rassegnarono le dimissioni, in quasi tutti i casi gli
associati venivano costretti ad andarsene in quanto a dire della nuova
gestione, non facevano quello che doveva essere fatto; nessuno però aveva mai
capito cosa in realtà occorreva fare. Nel corso dell’ultima riunione del 12
novembre 2006, Sara costrinse tutti a dimettersi, nominandosi autonomamente,
nuovo presidente dell’assemblea, cosa in realtà vietata dallo statuto che recitava
che in mancanza del presidente il ruolo doveva essere ricoperto dal vice
presidente; nel suo “colpo di mano” la stessa era spalleggiata da un gruppo di
fedelissimi [..]».
[9] Cfr. il sito Web ufficiale all’ URL: www.comunitamaria.net
[10]
Si tratta di una corrente spirituale letteralmente
esplosa nella Chiesa cattolica alla chiusura del Concilio Vaticano II (fine
anni 1960) a partire dall’America. Oggi il Rinnovamento è diffuso in 204 Paesi
dei cinque continenti fra 82 milioni di cattolici, e assume nelle varie nazioni
stili, forme di vita e stati giuridici diversi fra loro. In Italia, la corrente
carismatica cattolica (denominata a livello mondiale Rinnovamento Carismatico
Cattolico) è presente attraverso due realtà: il Rinnovamento nello Spirito
Santo (RnS) – maggioritario –, il cui statuto come associazione
privata di fedeli è stato approvato dalla CEI (Conferenza Episcopale Italiana),
e – appunto – il Rinnovamento Carismatico Cattolico (RCC, a cui
appartiene la Comunità Maria), che non vede un riconoscimento generale da parte
della CEI, ma in vari casi l’approvazione degli statuti di vari gruppi e
comunità da parte dei singoli Vescovi italiani. La corrente carismatica, sostanzialmente,
ripropone al centro della tradizione cattolica l’interesse per lo Spirito Santo
e per i suoi doni (detti carismi, da cui la stessa corrente spirituale prende
il nome), sempre presente nel cattolicesimo, ma riproposto dal magistero lungo
una linea che va dal corpus di Papa Leone XIII (1810-1903) al Concilio
Vaticano II.
[11]
CAMELOT ha
avuto un momento di attenzione notevole a livello almeno locale (mediante
articoli sulla stampa) grazie al matrimonio fra Rossano Taietti Gertrude Corsaro, la cui cerimonia si è
svolta a San Cassiano di Bobbiate in data 31 luglio 1999, dove tutti i
partecipanti, compresi i coniugi Santini, hanno partecipato al matrimonio
vestiti come i vari personaggi della corte di re Artù di CAMELOT Un reportage e
un dossier fotografico sull’evento sono stati pubblicati sul n. 66 - anno VII
del periodico mensile ufficiale di A.R.A. Ciao Maria, pp. 1-5.
[12]
Uno dei testi adottati per gli incontri di studio guidati da Giannella
risulta essere infatti: Padre Raul
Salvucci, Indicazioni pastorali di un esorcista, Ancòra Milano,
1995.
[13] Su Drewermann, in prospettiva critica: cfr. Ermanno Pavesi, Follia della Croce o nevrosi? “Funzionari di Dio: Psicogramma di un ideale” di Eugene Drewermann e la critica della psicologia del profondo alla religione, Cristianità. Piacenza 1998.
[14]
Per un approfondimento sul
tema: cfr. M. Introvigne, Il
lavaggio del cervello: realtà o mito?, Elledici, Leumann (Torino) 2002.
[15]
A questo proposito al punto 4 della Lettera di monsignor Tomassetti
indirizzata al Consiglio Direttivo di A.R.A. del 19 febbraio 2001 leggiamo:
«Persone che hanno già avuto qualche esperienza con l’Associazione, ritengono
di aver subìto condizionamenti a livello subconscio, a loro avviso risultati
vincolanti delle loro libere decisioni nel loro vissuto e anche nel gestire i
rapporti intrafamiliari».
[16]
R. Di Marzio, “Plagio o
carisma nei gruppi settari?”, in Leader for Chemist, anno XI, n.
10,-2000, pp. 20-23, disponibile all’URL www.dimarzio.it/srs/modules/sections/index.php?op=viewarticle&artid=25. Per un'analisi delle dinamiche psicologiche e sociali riguardanti i
cosiddetti «gruppi carismatici», caratterizzati da un'esperienza fondamentalista
e totalitaria, cfr., della medesima autrice, Nuove religioni e sette, cit.,
in particolare pp. 25-72; “La relazione carismatica nei nuovi movimenti
religiosi: attaccamento e paura dell'abbandono”, in Germano Rossi - Mario Aletti, Psicologia della
religione e teoria dell'attaccamento, Aracne, Roma, pp.137-147 e Marc Galanter, Culti. Psicologia
delle sette contemporanee, Sugarco, Carnago (Varese) 1993.
[17]
Nel corso dello svolgimento dell’incarico per conto della Questura di
Varese ho potuto constatare il verificarsi di un caso specifico in questo
senso: le difficoltà del riavvicinamento di un figlio di circa trent'anni e
della sua famiglia con la madre; a quest’ultima ho fornito consulenza nelle
fasi delicate del recupero del contatto con il figlio, la di lui moglie e le
loro figlie minorenni. Lo strascico del turbolento rapporto causato dalle
logiche e dal clima vissuto per anni in A.R.A. ha reso l’operazione
estremamente delicata, anche se posso affermare con soddisfazione che il
risultato sperato si è verificato, pur consigliando la madre in questione di
procedere, anche a distanza di mesi, con estrema delicatezza e con passi
progressivi in vista del pieno recupero del rapporto.
[18]
M. Introvigne, Il
lavaggio del cervello: realtà o mito?, cit., p. 150.
[19] Sul punto cfr. Jean-François Mayer, I fondamentalismi, Elledici, Leumann (Torino) 2001 e M. Introvigne, Fondamentalismi. I diversi volti dell'intransigenza religiosa, Piemme, Casale Monferrato (Alessandria) 2004.