CESNUR - Centro Studi sulle Nuove Religioni diretto da Massimo Introvigne
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Una
circostanza veramente felice ci porta a riflettere sul Vercelli Book a pochi giorni dalla visita in Gran Bretagna di
Benedetto XVI. Infatti, il Vercelli Book è un testo essenziale per comprendere le radici cristiane dell’Inghilterra.
Risale al decimo secolo ed è uno dei quattro più antichi codici poetici in
inglese, essenziali per lo studio della formazione di questa lingua, senza che
si possa dire con certezza quale di questi quattro testi sia il più antico. La
presenza a Vercelli di questo libro, casuale o se si preferisce provvidenziale,
è dovuta a un intreccio di strade che portavano monaci e pellegrini dalla
lontana Gran Bretagna a Roma e ritorno, già di per sé un elemento che mostra
l’unità spirituale dell’Europa del Medioevo. Il Vercelli Book è una prova particolarmente eloquente, che ancora
oggi possiamo vedere e consultare, delle radici cristiane della Gran Bretagna e
dell’Europa. I temi che tratta sono profondamente religiosi e cristiani, e
nello stesso tempo profondamente britannici ed europei. Le storie dei santi e
dei primordi della Cristianità intrecciano elementi biblici e altri che
derivano dai poemi epici celtici, non giustapposti ma fusi insieme
armonicamente. Dalle pagine del Vercelli
Book esce viva una cultura che è insieme celtica e cristiana, formata nei
monasteri, e che ci ricorda come alle radici greche, romane e bibliche
dell’Europa se ne aggiunga, a formare la Cristianità, una quarta,
anglo-germanica e appunto celtica, che non va mai trascurata.
In qualunque
Paese di tradizione cristiana si siano recati, il venerabile Giovanni Paolo II
(1920-2005) e Benedetto XVI sempre hanno insistito sul fatto che le origini e
la storia di questo Paese sono segnate dall’opera dei santi. Infatti, «le
antiche nazioni dell'Europa hanno un’anima cristiana, che costituisce un
tutt’uno col “genio” e la storia dei rispettivi popoli, e la Chiesa non cessa
di lavorare per mantenere continuamente desta questa tradizione spirituale e
culturale» (Benedetto XVI, 2010d).
Benedetto XVI è
tornato sistematicamente nel suo recente viaggio al tema della «lunga storia
dell’Inghilterra, così profondamente segnata dalla predicazione del Vangelo e
dalla cultura cristiana dalla quale è nata» (Benedetto XVI 2010c), e delle
«profonde radici cristiane che sono tuttora presenti in ogni strato della vita
britannica» (Benedetto XVI 2010a). Il Papa ha richiamato il ruolo essenziale
svolto per la nascita delle nazioni che compongono la Gran Bretagna dai «monaci
che hanno così tanto contribuito alla evangelizzazione di queste isole. Sto
pensando ai Benedettini che accompagnarono Sant’Agostino [di Canterbury,
534-604] nella sua missione in Inghilterra, ai discepoli di San Columba [521-597], che hanno diffuso la fede in Scozia e
nell’Inghilterra del Nord, a San Davide [ca. 512-601] e ai suoi compagni nel
Galles» (Benedetto XVI 2010b).
E nel secolo
successivo all’epoca d’oro dei santi inglesi, il settimo, il Papa evoca la
figura del benedettino san Beda il Venerabile
(672-735), dalla cui testimonianza preziosa ricaviamo qualche notizia sui primi
grandi poeti cristiani in lingua inglese, Cynewulf e Caedmon, i cui testi più antichi ci sono conservati nel Vercelli Book: Il destino degli Apostoli, Elena e forse Andreas per Cynewulf, Il
sogno della croce per Caedmon, senza peraltro che
le attribuzioni siano del tutto sicure. Certo invece è che questa altissima
poesia nasce come si è accennato dall’incontro fra l’epica celtica e la lettura
della Bibbia nei monasteri, nell’epoca d’oro del primo cristianesimo inglese.
«Fu l’impegno
dei monaci nell’imparare la via sulla quale incontrare la Parola Incarnata di
Dio che gettò le fondamenta della nostra cultura e civiltà occidentali» (Benedetto XVI 2010b). In Inghilterra
il Papa ha specificamente richiamato il suo discorso del 12 settembre 2008 al
Collège des Bernardins a
Parigi (Benedetto XVI 2008), da molti giudicato uno dei grandi discorsi del suo
pontificato insieme a quello del 12 settembre 2006 all’Università di Ratisbona che lo precede esattamente di due anni. Al
Collège des Bernardins il
Papa fa notare che le radici cristiane dell’Europa sono, più precisamente,
radici monastiche.
Le «radici della
cultura europea» si trovano nei monasteri, i quali «nel grande sconvolgimento
culturale prodotto dalla migrazione di popoli e dai nuovi ordini statali che
stavano formandosi» non solo conservano «i tesori della vecchia cultura» ma
insieme ne formano una nuova (ibid.).
Per la verità, i monaci non avevano come scopo la cultura: «si deve dire, con
molto realismo, che non era loro intenzione di creare una cultura e nemmeno di
conservare una cultura del passato. La loro motivazione era molto più
elementare. Il loro obiettivo era: quaerere Deum, cercare Dio. Nella confusione dei tempi in
cui niente sembrava resistere, essi volevano fare la cosa essenziale:
impegnarsi per trovare ciò che vale e permane sempre, trovare la Vita stessa.
Erano alla ricerca di Dio» (ibid.). Non si trattava però di una
ricerca senza bussole né di «una spedizione in un deserto senza strade» (ibid.).
Al contrario, «Dio stesso aveva piantato delle segnalazioni di percorso» e dato
ai cercatori una via: «la sua Parola», consegnata agli uomini nelle Sacre
Scritture (ibid.).
La cultura dei
monaci era così necessariamente una «cultura della parola», e i monaci avevano
bisogno di studiare le «scienze profane», a partire dalla grammatica, non
perché coltivassero la scienza per la scienza ma perché per la loro ricerca di
Dio avevano bisogno di comprendere la Scrittura, e questo non poteva avvenire
senza le scienze. Benedetto XVI cita ripetutamente lo storico benedettino dom Jean Leclercq, O.S.B.
(1911-1993), per il quale nell’esperienza dei monaci del Medioevo désir de Dieu e amour des lettres procedevano necessariamente insieme. Così,
ogni monastero aveva sempre una biblioteca e una scuola, perché senza questi
strumenti era impossibile prepararsi e preparare a comprendere la Parola di Dio
e quindi cercare Dio. Dunque, anche se lo scopo dei monaci non era creare la
cultura europea di fatto essi furono condotti a crearla e a trasmetterla alle
generazioni successive.
Per
comprendere bene la Parola di Dio e per annunciarla i monaci dovevano studiare
il greco, il latino, la cultura biblica e anche le tradizioni dei popoli in
mezzo ai quali vivevano e cui dovevano annunciare il Vangelo. Nasce qui quel
grande dialogo fra tradizione culturale celtica e sapienza biblica della cui
espressione in forma poetica il Vercelli
Book è eloquente testimone. Si pensi al primo poema del Vercelli Book, Andreas. Qui sant’Andrea, il
santo patrono della Scozia la cui crux decussata o croce diagonale,
su cui fu martirizzato, costituisce la bandiera scozzese ed è parte della
bandiera britannica detta Union Jack, cerca di
salvare il collega apostolo san Matteo che è stato rapito dai cannibali
Mirmidoni. Del leale equipaggio della sua nave – un tipico comitatus, o
gruppo di uomini, come s’incontra tanto spesso nella letteratura celtica e
britannica – fanno parte un timoniere e due marinai, che sono in realtà
Gesù e due angeli sotto mentite spoglie. Ma sant’Andrea non lo sa, e annuncia
loro il Vangelo. Gesù ne è così soddisfatto che gli concede prima il dono
dell’invisibilità, grazie al quale sant’Andrea riesce a penetrare nelle terre
dei Mirmidoni, poi la forza – quando è scoperto – di resistere alle
loro torture e infine di convertire i cannibali al Vangelo e liberare san
Matteo. Anche questo poema ci fa vedere come nasce l’Europa nei monasteri: le
radici della storia sono greche e derivano dagli Atti di Andrea nel quarto secolo, con un’ovvia eco dell’Odissea di Omero, ma la materia è
rielaborata con l’andamento fiero e quasi militare delle epopee celtiche, su
una base che rimane quella della Bibbia e della storia della salvezza
cristiana.
E il messaggio è cristiano. I Mirmidoni che si cibano della carne degli
uomini rappresentano, come il drago ucciso da san Giorgio, il paganesimo con i
suoi sacrifici umani e con tutti i suoi aspetti oscuri che il cristianesimo
sconfigge e incatena. Ma i Mirmidoni non sono il drago, cioè Satana: sono
uomini, vittime del drago. Sant’Andrea dunque li sconfigge, ma non li
distrugge: li converte. Così fa il cristianesimo europeo, che non distrugge
l’eredità precristiana ma la purifica dai suoi aspetti inaccettabili e,
convertendola, la preserva e ne fa una componente del tessuto dell’Europa.
Non potendo citare tutti i testi del Vercelli
Book, vorrei fare almeno un riferimento a Elena, capolavoro di Cynewulf che vi
appone anche la sua firma, una classica storia di inventio di una reliquia, anzi della reliquia per eccellenza, la
Santa Croce, da parte di sant’Elena (ca. 250-330), madre dell’imperatore
Costantino (272-337). L’episodio è storico, come la grande passione di
sant’Elena per le reliquie, ma il poema è deliziosamente anacronistico, perché
mette in scena nella Gerusalemme dei tempi di Costantino gli Unni e i Franchi.
Sant’Elena è trasfigurata in una tipica eroina della mitologia celtica. Arriva
a Gerusalemme alla testa di un’armata e compie diverse azioni eroiche e
meritorie per ritrovare la Vera Croce, compresa la conversione di quello che
emerge come il suo principale oppositore, l’ebreo Giuda. Alla fine di una
ricerca davvero epica, in cui Satana stesso ostacola l’intrepida Elena, si
scoprono non una ma tre croci, e nessuno sa quale sia quella di Gesù Cristo. Sono
poste sopra un morto, e solo la Vera Croce lo fa risorgere. La Elena guerriera
e nordica si trasfigura in una zelante ed eloquente predicatrice della verità
del cristianesimo.
Forse il testo del Vercelli Book che ha avuto la maggiore influenza nella formazione della cultura britannica è The Dream of the Rood, talora tradotto come «Il sogno della croce». Rood è il legno dell’albero da cui è tratta la Vera Croce,
oggetto di una visione in cui il legno stesso appare, parla e racconta la
storia della crocefissione dal punto di vista della Croce stessa. Ora, un
albero che vive e parla è un elemento tipico del folklore celtico, e se ne
ritrovano le tracce ancora nell’opera di John Ronald Reuel
Tolkien (1892-1973). Ma i tentativi moderni di ridurre The Dream of the Rood a un testo pagano non possono che fallire. Lo specifico albero da cui è tratta
la Vera Croce è eminente per il suo rapporto con la Passione di Gesù Cristo, e
il suo messaggio annuncia Cristo crocifisso e destinato a risorgere, non gli
alberi o un mito pagano della natura. Contrapporre la radice celtica e quella
cristiana del poema è, anche qui, un errore. I due elementi vivono e compongono
un gioiello della poesia europea proprio in quanto stanno insieme.
Porzioni di The Dream
of the Rood sono incise sulla croce di Ruthwell, un’opera dell’arte anglo-sassone dell’ottavo secolo
che è una vera Biblia pauperum e
corrisponde a un vasto programma catechistico sviluppato attraverso le
immagini. È significativo che la croce sia stata distrutta da protestanti
iconoclasti nel 1664, i quali però provvidenzialmente non ne dispersero i pezzi,
così che nel secolo XIX è stato possibile il restauro dell’opera che oggi si
trova nella chiesa scozzese di Ruthwell.
Il Vercelli Book non contiene
solo poesia. C’è anche prosa: in particolare, una vita di san Guthlac di Croyland (673-714), un
santo tuttora molto venerato nell’Inghilterra Orientale. San Guthlac ci richiama a un’altra radice del cristianesimo
inglese ricordata da Benedetto XVI nel suo viaggio, quella regale e nobiliare. Rivolgendosi alla regina Elisabetta II il Papa
così si è espresso: «I monarchi d’Inghilterra e Scozia erano cristiani sin dai
primissimi tempi ed includono straordinari Santi come Edoardo il Confessore
[1002-1066] e Margherita di Scozia [1045-1093]. Come Le è noto, molti di loro
hanno esercitato coscienziosamente i loro doveri sovrani alla luce del Vangelo,
modellando in tal modo la nazione nel bene al livello più profondo. Ne risultò
che il messaggio cristiano è diventato parte integrale della lingua, del
pensiero e della cultura dei popoli di queste isole per più di un millennio. Il
rispetto dei vostri antenati per la verità e la giustizia, per la clemenza e la
carità giungono a voi da una fede che rimane una forza potente per il bene nel
vostro regno» (Benedetto XVI 2010a).
San Guthlac, nobile guerriero imparentato con re degli antichi
popoli inglesi e maestro di futuri re come Etebaldo
di Mercia (?-757), conclude – come altri nobili
inglesi di quell’epoca – la sua vita diventando monaco, nutrendosi
– come ci assicura il Vercelli Book – di pane ed acqua e vestendosi di sole pelli di animale. A riprova
dell’intreccio culturale di cui il libro è testimone, il testo di Vercelli
deriva da una più antica Vita Sancti Guthlaci in latino,
quasi contemporanea al santo e per questo particolarmente attendibile. Insieme,
la duplice vita di san Guthlac come guerriero e come
monaco ci richiama alla complessità delle radici dell’Europa, la cui identità è
stata difesa contro tanti nemici, con le armi e con i libri. In questo senso,
la riflessione sulle radici monastiche e regali della cultura europea
costituisce un nuovo richiamo a riscoprire quel segreto dell’Europa, l’armonia
fra fede e ragione, fra religione e vita civile che già era al cuore del
discorso di Benedetto XVI a Ratisbona.
Riferimenti
Benedetto XVI. 2008. Incontro con il mondo
della cultura al Collège des Bernardins.
Discorso del Santo Padre, Parigi, 12-9-2008.Disponibile sul sito Internet
della Santa Sede all’indirizzo abbreviato http://tinyurl.com/6d9grq.
Benedetto XVI.
2010a. Visita a Sua Maestà la Regina e incontro con le Autorità nel Parco
del Palazzo Reale di Holyroodhouse a Edimburgo,
del 16-9-2010. Disponibile sul sito Internet della Santa Sede all’indirizzo
abbreviato http://tinyurl.com/326oxo3.
Benedetto XVI. 2010b. Incontro con il
mondo dell’educazione cattolica nella cappella e nel campo sportivo del St Mary’s University College a Twickenham (London Borough of
Richmond), del 17-9-2010. Indirizzo agli insegnanti ai religiosi.
Disponibile sul sito Internet della Santa Sede all’indirizzo abbreviato http://tinyurl.com/3xlcshd.
Benedetto XVI.
2010c. Celebrazione Ecumenica nella Westminster Abbey (City of Westminster), del 17-9-2010. Parole introduttive nella recita dei
Vespri. Disponibile sul sito Internet della Santa Sede all’indirizzo
abbreviato http://tinyurl.com/38438hj.
Benedetto XVI.
2010d. Il viaggio apostolico nel Regno Unito, Udienza generale in Piazza
San Pietro, del 22-9-2010. Disponibile sul sito Internet della Santa Sede
all’indirizzo abbreviato http://tinyurl.com/34qjaxw.