CESNUR - Centro Studi sulle Nuove Religioni diretto da Massimo Introvigne
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Papa Leone XIII (Gioacchino Pecci, 1810-1903) è nato a Carpineto Romano (Roma) il 2 marzo 1810, duecento anni prima del 2010. Papa Benedetto XVI, sempre particolarmente attento alle ricorrenze e ai centenari, ha dunque raccomandato di celebrare nel 2010 un anno di Leone XIII, e il 5 settembre 2010 si è personalmente recato in pellegrinaggio a Carpineto Romano. Considerando il ruolo straordinariamente importante di Leone XIII nella storia della Chiesa e del pensiero cattolico, è davvero sorprendente come il rilievo dato al bicentenario – nonostante l’appello di Benedetto XVI – sia rimasto sostanzialmente modesto: un certo numero di convegni per specialisti e poco più.
La ragione principale di questo disinteresse sembra essere la riduzione del ricchissimo magistero di Leone XIII a un unico documento, l’enciclica Rerum novarum del 1891, che è certo importantissima ma che, letta al di fuori del contesto complessivo dell’insegnamento di Papa Pecci, non può che essere da un lato fraintesa, dall’altro celebrata sempre più stancamente.
Certo, spiega Benedetto XVI, il Magistero sociale di Leone XIII è stato «reso celeberrimo e intramontabile dall’Enciclica Rerum novarum» (Benedetto XVI 2010a): ma questo testo va letto tenendo conto dei «molteplici altri interventi [di Papa Pecci] che costituiscono un corpo organico, il primo nucleo della dottrina sociale della Chiesa» (ibid.). «I vecchi politici cattolici – notava il filosofo italiano Augusto Del Noce (1910-1989) nel 1977 – leggevano la Rerum novarum come se fosse isolabile dall’insieme del Corpus Leonianum; coerentemente i nuovi, portando alle conseguenze ultime il difetto di questa linea, hanno del tutto trascurato di leggerla» (Del Noce 1977, 25-26). L’oblio della Rerum novarum è avvenuto «diciamo pure con ragione, perché scissa dal suo fondamento filosofico, dal contesto delle nove encicliche essenziali, e in particolare dall’Aeterni Patris, è destinata a perdere significato» (Del Noce 2005, 77).
Il riferimento a «nove encicliche essenziali» è qui al suggerimento dello stesso Leone XIII il quale, nell’enciclica Pervenuti all’anno vigesimoquinto del 19 marzo 1902, pubblicata per il venticinquesimo anniversario della sua elezione a Pontefice, consigliava di studiare in un ordine non cronologico ma logico «le [sue] Encicliche sulla filosofia cristiana [Aeterni Patris, 1879], sulla libertà umana [Libertas, 1888], sul matrimonio cristiano [Arcanum Divinae Sapientiae, 1880], sulla setta dei Massoni [Humanum genus, 1884], sui poteri pubblici [Diuturnum, 1881], sulla costituzione cristiana degli Stati [Immortale Dei, 1885], sul socialismo [Quod apostolici muneris, 1878], sulla questione operaia [Rerum novarum, 1891], sui principali doveri dei cittadini cristiani [Sapientiae Christianae, 1890]». In un discorso di trent’anni fa Del Noce si chiedeva «perché nessuno in Italia abbia pensato all’edizione delle nove encicliche secondo quell’ordine logico che il Papa aveva fissato» (Del Noce 2005, 77). Nessuno ci ha pensato ancora oggi, e una riedizione delle encicliche in quest’ordine potrebbe essere un modo di dare retta a Benedetto XVI quando c’invita a rileggere Leone XIII prendendo occasione dal bicentenario.
Né è possibile separare la dottrina sociale della Chiesa dalla vita spirituale. Nella Caritas in veritate, dopo un’ampia rassegna della dottrina sociale, Benedetto XVI conclude che i problemi sociali rimandano sempre «anche a cause di ordine spirituale» (Benedetto XVI 2009, n. 76) e che «senza Dio l'uomo non sa dove andare e non riesce nemmeno a comprendere chi egli sia» (ibid., n. 78). A proposito di Leone XIII il Pontefice regnante ci ricorda che egli è autore di moltissime encicliche – in effetti ben ottantasei, un record fra i Pontefici romani. È giusto sottolineare e studiare il suo straordinario contributo alla dottrina sociale. Ma le encicliche sociali hanno un collegamento organico con quelle di contenuto teologico e spirituale, che non vanno affatto dimenticate.
Di Leone XIII, insegna Benedetto XVI, «anzitutto va sottolineato che egli fu uomo di grande fede e di profonda devozione. Questo rimane sempre la base di tutto, per ogni cristiano, compreso il Papa. Senza la preghiera, cioè senza l’unione interiore con Dio, non possiamo far nulla, come disse chiaramente Gesù ai suoi discepoli durante l’Ultima Cena (cfr Gv 15, 5). Le parole e gli atti di Papa Pecci lasciavano trasparire la sua intima religiosità; e questo ha trovato rispondenza anche nel suo Magistero: tra le sue numerosissime Encicliche e Lettere Apostoliche, come il filo in una collana, vi sono quelle di carattere propriamente spirituale, dedicate soprattutto all’incremento della devozione mariana, specialmente mediante il santo Rosario. Si tratta di una vera e propria “catechesi”, che scandisce dall’inizio alla fine i 25 anni del suo Pontificato. Ma troviamo anche i Documenti su Cristo Redentore, sullo Spirito Santo, sulla consacrazione al Sacro Cuore, sulla devozione a san Giuseppe, su san Francesco d’Assisi. Alla Famiglia francescana Leone XIII fu particolarmente legato, ed egli stesso appartenne al Terz’Ordine. Tutti questi diversi elementi mi piace considerarli come sfaccettature di un’unica realtà: l’amore di Dio e di Cristo, a cui nulla assolutamente va anteposto» (Benedetto XVI 2010a).
Ricordando Leone XIII a Carpineto Romano Benedetto XVI ha pure invitato – per porre il suo Magistero nel giusto contesto storico – a riflettere sulla crisi dell’Europa nell’anno in cui Papa Pecci era nato, nel 1810. «Dobbiamo ora domandarci: qual era il contesto in cui nacque, due secoli fa, colui che sarebbe diventato, 68 anni dopo, il Papa Leone XIII? L’Europa risentiva allora della grande tempesta Napoleonica, seguita alla Rivoluzione Francese. La Chiesa e numerose espressioni della cultura cristiana erano messe radicalmente in discussione (si pensi, ad esempio, al fatto di contare gli anni non più dalla nascita di Cristo, ma dall’inizio della nuova era rivoluzionaria, o di togliere i nomi dei Santi dal calendario, dalle vie, dai villaggi…). Le popolazioni delle campagne non erano certo favorevoli a questi stravolgimenti, e rimanevano legate alle tradizioni religiose» (ibid.). Il Magistero, anche sociale, di Leone XIII è inseparabile da un giudizio storico e da un’analisi della crisi che l’Europa ha dovuto affrontare dopo la Rivoluzione francese.
Alla falsa liberté della Rivoluzione francese Leone XIII contrappose, in particolare nell’enciclica Libertas, l’autentica nozione cristiana della libertà. Fra l’altro, osserva Leone XIII, storicamente alla Chiesa si deve, nel mondo antico come nel mondo moderno, la lotta contro la schiavitù fino alla sua totale abolizione. È interessante osservare che l’enciclica Libertas è del 20 giugno 1888 e che un mese prima, il 13 maggio 1888, in Brasile il governo guidato dal primo ministro João Alfredo Corrêa de Oliveira (1835-1915), fratello del nonno paterno del pensatore cattolico contro-rivoluzionario Plinio Corrêa de Oliveira (1908-1995), aveva fatto approvare la legge che aboliva nel Paese la schiavitù, la cosiddetta Legge Aurea, voluta dalla principessa reggente Isabel de Bragança e Borbone (1846-1921) dopo un paziente lavoro della diplomazia della Santa Sede e dello stesso Leone XIII, che era intervenuto in particolare con l’enciclica In plurimis del 5 maggio 1888, indirizzata all’episcopato del Brasile.
All’epoca, l’intervento di Leone XIII sulle vicende brasiliane – come più tardi quello in Francia con il ralliement e la sofferta ricerca di un compromesso con la Repubblica laicista e anticlericale – fu giudicato da alcuni imprudente. L’abolizione della schiavitù sollecitata da Leone XIII determinò infatti una violenta reazione dei potenti proprietari di schiavi brasiliani – molti dei quali erano massoni – e costituì la causa prossima, anche se non unica, della fine della monarchia brasiliana e della sua sostituzione con una repubblica anticlericale.
Leone XIII ritenne tuttavia che la condanna della schiavitù fosse un dovere imperativo della Chiesa, al di là delle contingenze politiche. Né si fermò al Brasile: con l’enciclica Catholicae Ecclesiae, del 20 novembre 1890, esortò i missionari a combattere la schiavitù in Asia e in Africa, particolarmente nel mondo musulmano dove era sfortunatamente ancora presente: una causa che non ha perso di attualità neppure oggi. Il 5 settembre 2010, il giorno della visita di Benedetto XVI sul luogo natale di Leone XIII, l’Epistola del giorno proponeva la breve Lettera a Filemone di San Paolo, dove «l’Apostolo scrive a Filemone invitandolo ad accogliere Onesimo non più come schiavo, ma come fratello in Cristo. La nuova fraternità cristiana supera la separazione tra schiavi e liberi, e innesca nella storia un principio di promozione della persona che porterà all’abolizione della schiavitù, ma anche ad oltrepassare altre barriere che tuttora esistono. Il Papa Leone XIII dedicò proprio al tema della schiavitù l’Enciclica Catholicae Ecclesiae, del 1890. Da questa particolare esperienza di san Paolo con Onesimo, può partire un’ampia riflessione sulla spinta di promozione umana apportata dal Cristianesimo nel cammino della civiltà» (ibid.).
Un ultimo tema sottolineato da Benedetto XVI nel suo pellegrinaggio a Carpineto Romano sulle orme di Leone XIII è che il Magistero sociale di questo Papa non nasce all’improvviso. In effetti, si dovrebbero citare, in particolare quanto alla Rerum novarum, i lavori e in particolare il memorandum preparatorio all’enciclica predisposto su incarico di Papa Pecci dall’Unione di Friburgo – fondata nel 1884, due anni dopo la sua morte, per iniziativa del vescovo e futuro cardinale svizzero Gaspard Mermillod (1824-1892) –, di cui fu principale estensore il sociologo contro-rivoluzionario francese René de La Tour du Pin (1834-1924). Né si devono dimenticare tante esperienze pratiche di carità e di apostolato tra gli operai.
Leone XIII partecipò a questo lavoro culturale e a queste esperienze fin dalla sua giovinezza, guidato dagli insegnamenti sociali del suo principale maestro, il gesuita Luigi Taparelli d’Azeglio (1793-1862) – anch’egli esponente della scuola contro-rivoluzionaria e fratello dello statista piemontese Massimo d’Azeglio (1798-1866) da cui era peraltro molto lontano quanto alle idee religiose e politiche – che era stato suo insegnante a Roma, e lo aveva per primo interessato a tutta una serie di questioni filosofiche e sociali.
Il futuro Leone XIII, spiega Benedetto XVI, «fu sospinto e aiutato dalle riflessioni e dalle esperienze locali ad elaborare una lettura complessiva e prospettica della nuova società e del suo bene comune. Così, quando, nel 1878, fu eletto al soglio pontificio, Leone XIII si sentì chiamato a portarla a compimento, alla luce delle sue ampie conoscenze di respiro internazionale, ma anche di tante iniziative realizzate “sul campo” da parte di comunità cristiane e uomini e donne della Chiesa. Furono infatti decine e decine di Santi e Beati, dalla fine del Settecento agli inizi del Novecento, a cercare e sperimentare, con la fantasia della carità, molteplici strade per attuare il messaggio evangelico all’interno delle nuove realtà sociali. Furono senza dubbio queste iniziative, con i sacrifici e le riflessioni di questi uomini e donne a preparare il terreno della Rerum novarum e degli altri Documenti sociali di Papa Pecci. Già dal tempo in cui era Nunzio Apostolico in Belgio, egli aveva compreso che la questione sociale si poteva affrontare positivamente ed efficacemente con il dialogo e la mediazione. In un’epoca di aspro anticlericalismo e di accese manifestazioni contro il Papa, Leone XIII seppe guidare e sostenere i cattolici sulla via di una partecipazione costruttiva, ricca di contenuti, ferma sui principi e capace di apertura» (Benedetto XVI 2010a).
E l’enciclica non rimase lettera morta. «Subito dopo la Rerum novarum si verificò in Italia e in altri Paesi un’autentica esplosione di iniziative: associazioni, casse rurali e artigiane, giornali,… un vasto “movimento” che ebbe nel servo di Dio Giuseppe Toniolo [1845-1918] l’illuminato animatore» (ibid.). Come sempre avviene, il magistero sociale di Leone XIII poteva anche essere su qualche punto frainteso. Di qui dapprima l’interpretazione autentica dello stesso Leone XIII nell’enciclica Graves de communi, del 1901, quindi l’intervento di San Pio X (1835-1914) con la lettera apostolica Notre charge apostolique del 1910, di cui pure ricorre quest’anno il centenario, con cui condanna le interpretazioni cattolico-democratiche del Magistero leoniano.
Perché leggere Leone XIII oggi? È un esercizio riservato ai soli cultori di storia della Chiesa? Non ci sono nel secolo XXI testi più attuali o compiti più urgenti? La questione va al di là di Leone XIII, e chiama in causa il corretto rapporto con il Magistero pontificio in generale e con gli insegnamenti dei Pontefici sulla dottrina sociale in particolare. I documenti pontifici, a differenza degli yogurt, non scadono. Certamente possono fare cenno a vicende contingenti. E certo nel Magistero c’è uno sviluppo, anche a fronte di circostanze storiche che mutano e su cui la Chiesa propone il suo giudizio alla luce di principi che non mutano. Ma ogni documento va letto alla luce di tutta la tradizione precedente e all’interno del patrimonio complessivo del Magistero. Questo vale appunto – come Benedetto XVI ha ricordato nell’enciclica del 2009 Caritas in veritate – sia per il Magistero in genere, sia specificamente per la dottrina sociale.
Anche i documenti di dottrina sociale, insegna Benedetto XVI, vanno sempre letti «dentro la tradizione della dottrina sociale della Chiesa» (Benedetto XVI 2009, n. 10), «patrimonio antico e nuovo, fuori del quale [ogni] documento [sarebbe] senza radici» (ibidem), una mera collezione di «dati sociologici» (ibidem).
«In questo senso, non contribuiscono a fare chiarezza certe astratte suddivisioni della dottrina sociale della Chiesa che applicano all’insegnamento sociale pontificio categorie ad esso estranee. Non ci sono due tipologie di dottrina sociale, una preconciliare e una postconciliare, diverse tra loro, ma un unico insegnamento, coerente e nello stesso tempo sempre nuovo. È giusto rilevare le peculiarità dell’una o dell’altra Enciclica, dell’insegnamento dell’uno o dell’altro Pontefice, mai però perdendo di vista la coerenza dell'intero corpus dottrinale» (ibid., n. 12) della dottrina sociale.
Se dunque non esistono «due tipologie di dottrina sociale, una preconciliare e una postconciliare», che sarebbero «diverse tra loro, ma un unico insegnamento», allora il Corpus di Leone XIII – unico per ricchezza e sistematicità nella storia della dottrina sociale della Chiesa – non solo può, ma deve essere letto e studiato ancora oggi. Non come curiosità storica, ma per farne nostri e applicarne gli insegnamenti, utilizzandoli come strumento interpretativo del Magistero successivo così come le encicliche sociali dei suoi successori interpretano a loro volta il Corpus Leonianum e aiutano ad applicarlo a problemi sorti dopo la morte di Leone XIII. «Un unico insegnamento – appunto –, coerente e nello stesso tempo sempre nuovo».
«Possa il
Magistero sociale di Papa Leone – si augura dunque Benedetto XVI –
continuare a guidare gli sforzi dei fedeli per costruire una società
giusta che trovi le sue radici negli insegnamenti di Gesù Cristo»
(Benedetto XVI 2010b). E a Leone XIII, al di là del giudizio – su
cui è giusto che gli storici continuino a lavorare – su questa o
quella scelta diplomatica, dobbiamo essere grati per un Corpus che ancora oggi ci guida e che lo mostra come «un Papa molto anziano,
ma saggio e lungimirante» (Benedetto XVI 2010a), il quale «poté così
introdurre nel XX secolo una Chiesa ringiovanita, con l’atteggiamento
giusto per affrontare le nuove sfide. Era un Papa ancora politicamente
e fisicamente “prigioniero” in Vaticano, ma in realtà, con il suo
Magistero, rappresentava una Chiesa capace di affrontare senza complessi
le grandi questioni della contemporaneità» (ibid.).
Riferimenti
Benedetto XVI. 2009. Enciclica Caritas in veritate, del 29-6-2009. Disponibile sul sito Internet della Santa Sede all’indirizzo abbreviato http://tinyurl.com/moe89k.
Benedetto XVI. 2010a. Visita pastorale a Carpineto Romano. Santa Messa al Largo dei Monti Leporini. Omelia, del 5-9-2010. Disponibile sul sito Internet della Santa Sede all’indirizzo abbreviato http://tinyurl.com/2vcv8yy.
Benedetto XVI. 2010b. Angelus del 5-9-2010, Castel Gandolfo. Disponibile sul sito Internet della Santa Sede all’indirizzo abbreviato http://tinyurl.com/35dptwb.
Del Noce, Augusto. 1977. Il marxismo di Gramsci e la religione (CRIS Documenti, n. 35). Centro Romano di Incontri Sacerdotali (CRIS), Roma.
Del Noce, Augusto. 2005. Pensiero della Chiesa e filosofia contemporanea. Leone XIII / Paolo VI / Giovanni Paolo II. A cura di Leonardo Santorsola. Studium, Roma.