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C’è complotto e complotto. Il cimitero di Praga di Umberto Eco

di Massimo Introvigne

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Il tema delle teorie del complotto interessa da sempre Umberto Eco, e si ritrova già nel suo romanzo del 1988 Il pendolo di Foucault (Bompiani, Milano). I complottisti del Pendolo di Foucault sono però personaggi storicamente marginali, per quanto pericolosi a se stessi e agli altri. I complotti di quel romanzo iniziano e finiscono nel circolo chiuso della subcultura esoterica, e la loro influenza sulla società e sulla storia è irrilevante. Non così per il nuovo romanzo di Eco Il cimitero di Praga (Bompiani, Milano 2010), che mette insieme quattro complotti – veri o presunti – che hanno avuto una reale influenza sulla storia d’Europa, cucendoli insieme attraverso un unico personaggio, di fantasia, presentato come il protagonista centrale di tutti.

Padre Augustin Barruel S.J. (1741-1820), dapprima gesuita, poi sacerdote secolare dalla soppressione della Compagnia di Gesù del 1773 al 1815, quindi di nuovo gesuita dopo la restaurazione del suo ordine è alle origini delle teorie che attribuiscono a un complotto massonico la Rivoluzione francese. Come ho cercato di mostrare nel mio libro Il simbolo ritrovato (Piemme, Milano 2010) le monumentali Memorie per servire alla storia del giacobinismo di Barruel contengono diversi errori storici, insieme però a osservazioni acute che dimostrano come l’autore non fosse poi quello sciocco che tanta letteratura successiva, e ora anche Eco, ci presentano. Barruel parla di un complotto massonico, non di un complotto ebraico. Un certo capitano Simonini, di cui s’ignorano i dettagli biografici, gli scrive chiedendogli conto di questa omissione, e la lettera figura in diverse edizioni dell’opera di Barruel. Eco immagina che questo Simonini abbia un nipote, Simone, il quale eredita dal nonno l’odio per gli ebrei, e percorre una lunghissima carriera di agente provocatore, falsario e sicario al servizio sia del suo lucro personale sia dei governi piemontese, francese, tedesco e russo.

Simonini – che ha strabilianti capacità di falsificatore di documenti e nessuno scrupolo morale – sarebbe il protagonista sconosciuto di quattro episodi che appartengono alla storia reale, anche se è naturalmente poco verosimile che ci sia sempre stata dietro una stessa persona. Neppure l’Agente 007 nei suoi giorni di gloria sarebbe riuscito a trovarsi sempre dietro le quinte degli snodi cruciali della storia del suo secolo. Il primo affare sporco di cui Simonini si occupa nel romanzo è la soppressione del poeta Ippolito Nievo (1831-1861). Vice-cassiere di Giuseppe Garibaldi (1807-1882) nell’impresa dei Mille, Nievo ha conservato tutta una serie di carte compromettenti che svelano come le camicie rosse siano riuscite a sconfiggere il ben più numeroso esercito borbonico non grazie a un superiore valore militare, ma a una trama di complicità massoniche e di tradimenti di generali delle Due Sicilie, finanziati dall’oro britannico e dai servizi piemontesi. Nievo è eliminato da una bomba fatta confezionare da Simonini, che cola a picco in alto mare la nave che sta portando il poeta dalla Sicilia a Genova. Qui Eco inserisce astutamente un tocco che collega il suo romanzo alle controversie sulle celebrazioni del 2011. Ma è vero che sulla scomparsa di Nievo non è mai stata fatta piena luce.

«Ceduto» dai servizi piemontesi a quelli francesi, Simonini continua a commettere omicidi e a fare arrestare cospiratori cui si mescola, ma per avidità, per obbedire ai suoi padroni e per dare sfogo al suo odio anti-ebraico è coinvolto in altri tre complotti di grande rilievo. Per incarico sia dei servizi francesi, sia dei Gesuiti, sia della stessa massoneria che ha tutto da guadagnare dalla diffusione di un anti-massonismo condito da rivelazioni fasulle e grottesche, Simonini organizza la falsa conversione al cattolicesimo dell’ex massone e polemista anticlericale Léo Taxil (1854-1907) e la sua prodigiosa produzione di documenti falsi. Questi svelano come la massoneria sia diretta da un ordine segreto di satanisti, la cui gran sacerdotessa Diana Vaughan si converte poi al cattolicesimo. La vicenda va dalla pseudo-conversione di Taxil del 1885 all’auto-smascheramento del 1897 quando, rivelatasi ormai insostenibile l’impostura, confessa che si è trattato di un gigantesco inganno. Eco racconta la vicenda di Taxil in modo sostanzialmente fedele, seguendo ampiamente il mio Indagine sul satanismo del 1994, che contiene un’ampia ricognizione dei documenti editi e inediti sul caso, mentre credo non abbia consultato il mio successivo I satanisti, dove avrebbe trovato la risposta ad alcune domande che nel 1994 lasciavo in sospeso. Eco trasforma in certezze quelle che nel mio libro avanzo come ipotesi – che Diana Vaughan non fosse una pura invenzione di Taxil, ma una squilibrata americana di cui l’impostore si era servito; e che Taxil avesse utilizzato anche materiale che in parte proveniva dal sacerdote scomunicato Joseph-Antoine Boullan (1824-1893) –: ma, dopo tutto, si tratta di un romanzo. Più discutibile è attribuire a Boullan una Messa nera che Eco trae piuttosto letteralmente dal romanzo Là-bas di Joris-Karl Huysmans (1848-1907), perché i satanisti di cui quest’ultimo romanziere parla male in Là-bas non sono seguaci ma nemici di Boullan, il quale praticava sì riti a sfondo sessuale ma con la pretesa di combattere, non di servire il Diavolo.

L’appetito viene mangiando, e Simonini è incaricato dai servizi francesi di preparare i falsi essenziali che servono a condannare per spionaggio il capitano ebreo dell’esercito francese Alfred Dreyfus (1859-1935) – che sarà poi riabilitato, dopo un affaire che ha un ruolo cruciale nella storia sia dell’antisemitismo sia del confronto fra cattolici e laicisti in Francia – e da quelli russi di confezionare il falso poi chiamato Protocolli dei savi anziani di Sion, presunta prova di un complotto ebraico per conquistare il mondo la cui fonte è correttamente identificata da Eco in un testo anti-bonapartista dell’avvocato Maurice Joly (1829-1879), alterato trasformando le accuse alla famiglia Bonaparte in accuse agli ebrei. Quanto all’altra fonte dei Protocolli, il romanzo Biarritz dell’anti-semita tedesco Hermann Goedsche (1815-1878), Eco ne spiega i rapporti con Joly ipotizzando che l’onnipresente Simonini, facendo il triplo gioco fra servizi francesi, tedeschi e russi, avesse consegnato una prima bozza del suo testo a Goedsche. Anche questa storia della genesi dei Protocolli non è nuova, ed Eco la riprende da una serie di autori che vanno da Norman Cohn (1915-2007), che non è peraltro la sua fonte unica, ai più recenti e documentati Pierre-André Taguieff e Cesare G. De Michelis.

Nonostante qualche errore di dettaglio o licenza poetica – per esempio, la datazione della vicenda Boullan è alterata perché Simonini lo incontri al momento giusto – la storia dei quattro complotti che s’intrecciano nel Cimitero di Praga è ricostruita in modo sostanzialmente esatto. È pero il tono generale del romanzo di Eco che lascia perplessi. Eco, naturalmente, non è Simonini: e Simonini – assassino e ladro, eppure untuoso e bigotto – è così antipatico che nessun lettore rischia d’identificarsi con lui o di farsi convincere dalla sua propaganda antisemita, così palesemente esagerata da sortire semmai l’effetto contrario. Il problema è un altro. Traspare nel romanzo l’idea, che Eco e tutto un ambiente di cui è il campione hanno esposto anche altrove, di una superiorità antropologica del mondo laicista, progressista, illuminato rispetto ai cattolici reazionari e retrivi che si oppongono alla Ragione e al Progresso, di cui il disgustoso Simonini è presentato come il prototipo. Forse, insinua Eco in pagine di un gusto un po’ malsano e torbido, i cattolici ostili alle magnifiche sorti e progressive del secolarismo soffrono di disturbi patologici a sfondo sessuale – Simonini finisce in cura perfino da un dottore di cui storpia il nome in «Froïde» ma che è ovviamente Sigmund Freud (1856-1939) – o sono stati molestati da qualche prete da piccoli, com’è avvenuto appunto al suo protagonista.

Sulle critiche alla massoneria, il romanzo fa di ogni erba un fascio: Papa Leone XIII (1810-1903) e la sua enciclica del 1884 sulla massoneria Humanum genus sono presentati come in qualche modo parte dello stesso anti-massonismo malsano e ridicolo inventato da Taxil. Ma fra i libri dell’impostore francese, dove il diavolo appare nelle logge massoniche in forma di coccodrillo, e la magistrale critica del relativismo filosofico massonico nella Humanum genus corre la stessa differenza che c’è fra la caricatura e la realtà. Né si può obiettare che Leone XIII ricevette e benedisse Taxil, che gli era stato presentato come un buon cattolico: la falsa conversione e le rivelazioni di Taxil sono successive al 1884, data dell’enciclica Humanum genus che all’impostore francese certamente non deve nulla.

Il mondo del Cimitero di Praga è un mondo in bianco e nero, dove i cattolici del secolo XIX – se non sono tutti ingenui nello stesso modo, ed Eco dà atto che alcuni di loro scoprono prima di altri l’inganno di Taxil – sono però sempre chiusi in un orizzonte auto-referenziale, ossessionati dal sesso e dall’antisemitismo e anche, a dirla tutta, un po’ imbecilli. Eco lascia intendere che se non c’è nessun grande complotto universale, ci sono però nella storia continuamente tanti piccoli complotti. La tesi è condivisibile. Ma tra questi complotti dimentica d’indicare – forse perché, in qualche modo, ne fa parte – quello che attraverso un martellamento mediatico di cui la cultura popolare e i romanzi sono parte integrante mira a presentare i cattolici che si oppongono, ieri come oggi, al secolarismo e alla «dittatura del relativismo» laicista come una razza culturalmente inferiore di bigotti e di stolti.