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Anthill: «Formiche in lotta tra fede e ateismo»

di Massimo Introvigne (Avvenire, 13 ottobre 2010)

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Arriva in libreria anche in Italia, pubblicato da Elliot, Anthill («Formicaio», ma il titolo non è tradotto nella versione italiana), il romanzo di Edward Osborne Wilson, il padre della sociobiologia che è stato tra i casi letterari e sociologici dell’anno negli Stati Uniti. Il romanzo, parzialmente autobiografico, mette in scena il giovane entomologo Raff Cody, figlio di un padre povero e campagnolo e di una madre di una vecchia famiglia dell’Alabama che sembra uscita dalle pagine di Via col vento. La situazione non è nuova, e la prima parte del romanzo è piuttosto convenzionale. Così come non è nuova la terza parte, dove Cody deve affrontare l’opposizione di cristiani fondamentalisti ostili all’evoluzionismo, pronti a ricorrere anche al rapimento e all’omicidio ma che faranno a loro volta una brutta fine dopo avere incontrato nel primitivo mondo delle paludi dell’Alabama dei violenti più violenti di loro.

L’interesse del romanzo sta tutto nella seconda parte. Raff – come l’autore Wilson – è affascinato dalle formiche e dai formicai e cerca di difendere dagli speculatori edilizi le rive del lago Nobokee, dove gli insetti abbondano. Parallela alla sua lotta ve n’è un’altra, invisibile agli occhi di chi non sia un entomologo, fra tre colonie di formiche che si contendono l’egemonia nella zona. La seconda parte del romanzo, presentata come la tesi di laurea di Raff, è la storia di questa lotta descritta dal punto di vista delle formiche. Qui, in forma di romanzo, Wilson ripresenta le tesi che lo hanno reso famoso come padre della moderna sociobiologia.

Wilson si afferma nel 1971 con Le società degli insetti, un’opera in cui applica alle formiche l’equazione di Hamilton. Questa risponde a un’obiezione che Charles Darwin (1809-1882) considerava potenzialmente fatale per l’idea stessa – cruciale per l’evoluzionismo – secondo cui i caratteri acquisiti utili sono trasmessi ai discendenti. L’obiezione riguarda le formiche operaie, che sono tutte femmine sterili. Questi insetti acquistano caratteri utili ma, giacché sono sterili, non possono trasmetterli alla loro progenie: come avviene quindi in questo caso la trasmissione dei caratteri acquisiti? La soluzione che già Darwin aveva abbozzato consiste nell’ipotizzare che il progresso evolutivo possa trasmettersi non solo direttamente ai discendenti ma anche indirettamente ad altri membri della comunità. Questa spiegazione, per la verità piuttosto fumosa, è formalizzata in un’equazione dal biologo britannico William Donald Hamilton (1936-2000), ed è applicata da Wilson allo studio empirico delle formiche.

Dopo il successo de Le società degli insetti Wilson lancia una nuova scienza chiamata «sociobiologia» – il termine esiste già da decenni, ma è sconosciuto al grande pubblico –, la quale dovrebbe generalizzare i risultati dell’equazione di Hamilton estendendoli anche all’uomo e alle società umane. L’impresa è ambiziosa, e provoca reazioni furibonde.

Se una certa sinistra accusa la sociobiologia di razzismo, gli ambienti religiosi temono che, applicando all’uomo e alla società idee desunte dal mondo degli insetti, spariscano la dignità unica dell’uomo, il libero arbitrio e anche l’idea di Dio. Occorre però distinguere fra le posizioni di un popolare divulgatore della sociobiologia – lo zoologo e ateo militante britannico Richard Dawkins – e quelle del suo maestro Wilson. Quest’ultimo dichiara che la fede in Dio non è semplicemente falsa ma «è vera in senso darwiniano», in quanto produce coesione sociale e quell’«altruismo che è necessario per la sopravvivenza delle società umane». È pure possibile che la religione non abbia solo un’utilità funzionale. Wilson afferma di non considerarsi né ateo né agnostico ma «un deista provvisorio. Questo significa che voglio considerare la possibilità di una Causa Ultima. Ma non siamo veramente vicini a capire di che cosa possa trattarsi».

Nel romanzo Wilson mette in scena una contrapposizione fra formiche atee e credenti. Le une negano, le altre affermano l’esistenza di dei nella forma di «alberi che si muovono», divinità capricciose che possono portare alle formiche magnifici doni oppure distruggerle senza motivo. Hanno ragione le formiche credenti. Gli «alberi che si muovono» esistono: sono gli uomini, divinità benevole che quando lasciano sulle rive del lago i resti dei loro picnic elargiscono alle formiche un’abbondanza inattesa. La dinamica ricorda quelle dei cargo cult dell’Oceania, dove i nativi scambiano per navi degli dei quelle europee che portano aiuti alimentari. Ma quando, proprio grazie a quest’abbondanza, gli insetti si moltiplicano in modo considerato fastidioso gli uomini li distruggono senza preavviso con lanciafiamme e insetticidi. Le formiche atee dunque hanno torto. Tuttavia, anche quelle credenti non hanno completamente ragione perché gli «alberi che si muovono» non sono entità soprannaturali. Ma il fatto che gli uomini non siano dei non prova che gli dei non esistano. Anche come romanziere, Wilson non si lascia ridurre ai suoi più schematici epigoni come Dawkins. E la sociobiologia conserva tutta la sua irriducibile ambiguità.