L’Autore, noto soprattutto per le sue numerose pubblicazioni in materia di religioni contemporanee, in questo saggio analizza le radici cristiane dell’Europa, a partire dalle importanti e ripetute provocazioni di Benedetto XVI sull’argomento, in particolare quella del discorso di Ratisbona (12 settembre 2006). Il testo, che prosegue l’analisi di un precedente testo – Il dramma dell’Europa senza Cristo – si snoda lungo otto sezioni, ognuna delle quali è corredata da letture monografiche di approfondimento.
Il punto di partenza è un dato di realtà: l’Europa è in crisi, così come già affermato da Benedetto XVI: “Quest’Europa sembra essere stanca, anzi sembra volersi congedare dalla storia” (22 dicembre 2006). Di tale crisi, l’Autore individua le cause soprattutto nella critica della ragione e dei valori universali, e nel proporre come uniche alternative possibili il fondamentalismo e il laicismo, mettendo così da parte una reale terza alternativa: una sana laicità che preveda la coesistenza e collaborazione tra fede e ragione. Fondandosi sui dati delle ricerche di Sociologia della religione, l’Autore può facilmente confutare la convinzione che la crescente secolarizzazione segni la fine della religione. Infatti non è così negli Stati Uniti, in Africa, Asia, America Latina. Per quanto riguarda l’Europa occidentale, occorre tener ben presente la distinzione tra secolarizzazione quantitativa e qualitativa, che non sempre coincidono. La prima, intesa come diminuzione della pratica religiosa, è reale, ma sembra far riferimento più alla effettiva partecipazione religiosa che alle credenze (“credere senza appartenere”). La seconda, che è la perdita di rilievo della religione nella vita culturale e politica, è progressivamente sempre più visibile, anche se meno nel nostro Paese, per il quale appunto si tende a parlare di “eccezione italiana”.
Per l’Autore, poi, gli attacchi più deleteri alla fede in Dio, soprattutto al Dio che entra nella storia con l’incarnazione di Gesù, provengono proprio da una certa teologia, così come Benedetto XVI mette in luce nel suo Gesù di Nazareth. Seguendo altri autori, Introvigne ritiene che nell’ottica cristiana la storia dell’Occidente possa essere letta come storia di quattro progressive radicalizzazioni o rivoluzioni, che progressivamente hanno allontanato il pensiero della Rivelazione cristiana, la ragione dalla fede. Tali passaggi critici sarebbero: il fideismo protestante e l’assolutismo; l’illuminismo francese e la Rivoluzione del 1789; il comunismo; il relativismo libertario. In proposito l’Autore invita il lettore, soprattutto credente, a far propria questa visione della storia, in accordo con le interpretazioni del Magistero.
Il testo è profondamente radicato nel pensiero di Benedetto XVI, continuamente citato nella trattazione. Pur tenendo conto della posizione dichiaratamente apologetica dell’Autore, le riflessioni da lui proposte appaiono stimolanti, anche quando non pienamente condivisibili. Il libro non va interpretato soltanto alla luce della sua funzione apologetica, pure molto evidente. Si direbbe anche finalizzato a produrre una presa di coscienza della fede cristiana, soprattutto in quei credenti che tendono a lasciarsi condizionare dalla cultura relativista e laicista, soltanto apparentemente non ideologica. Ma soprattutto vuole essere un invito ai fedeli laici a impegnarsi perché il Magistero sia conosciuto e diventi fermento di nuova evangelizzazione. E’ l’invito ad attivarsi concretamente nella polis, avendo come base di riferimento i “valori non negoziabili”: libertà religiosa, vita, famiglia, libertà di educazione. E’, infine, l’invito a fare memoria della storia, a prendere coscienza che c’è sempre stato chi si è opposto al passaggio delle crisi, a ritornare ai problemi di fondo cercando di coglierne il nucleo essenziale. Anche da un simile confronto con la storia, secondo l’Autore, può trarre alimento la speranza cristiana.