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L’Honduras, i cattolici e il finto golpe

di Massimo Introvigne (Articolo pubblicato su Libero del 17 settembre 2009, p. 25, con il titolo “I cattolici italiani si sono divisi pure sulla presidenza dell’Honduras”)

michelettiPer capire dove si situano le linee di faglia che dividono i cattolici italiani ogni tanto, oltre che a Fini e a Casini, sarebbe bene dare uno sguardo alla politica estera. In particolare a un Paese piccolo, bellissimo (provare per credere: io ci sono stato) e dimenticato, l’Honduras. Qui nel giugno scorso è venuto al pettine il nodo di uno scontro che da mesi vedeva contrapposti da una parte il presidente, Manuel Zelaya, dall’altra la maggioranza del Parlamento, la magistratura, l’Esercito e la Chiesa Cattolica. La materia del contendere era una modifica costituzionale che avrebbe permesso a Zelaya di farsi rieleggere presidente, cosa che la Costituzione gli vietava. Zelaya voleva imporre la modifica per decreto e farla ratificare da un referendum. Ma in realtà in Honduras il presidente non può modificare la Costituzione: può farlo solo il Parlamento. La Corte Suprema ha dichiarato illegale il decreto di Zelaya, e l’Esercito lo ha deposto e mandato in esilio, nominando capo dello Stato provvisorio il presidente del Parlamento. Si tratta dell’imprenditore di origini bergamasche Roberto Micheletti – peraltro dello stesso partito di Zelaya –, il quale ha subito indetto nuove elezioni per novembre, assicurando che abbandonerà la carica non appena sarà stato eletto un nuovo presidente.

Una virulenta campagna di stampa internazionale ha presentato il civile Micheletti come l’ennesimo militare golpista latino-americano. Dietro questa campagna c’è il presidente venezuelano Hugo Chavez, che ha perso un pezzo – l’Honduras – della sua alleanza anti-americana e filo-castrista ALBA (Alleanza Bolivariana delle Americhe), di cui con Venezuela e Cuba  rimangono parte Bolivia, Ecuador, Nicaragua e le isole caraibiche di Antigua e Dominica. Zelaya, in effetti, voleva seguire Chavez sulla strada che porta a diventare presidenti a vita. Il vero golpista era lui. L’arcivescovo della capitale dell’Honduras, Tegucigalpa, cardinale Óscar Rodríguez Maradiaga e i vescovi del Paese hanno giustificato la deposizione di Zelaya. Ma la propaganda di Chavez e Castro urla così forte che nessuno dà loro retta. Anche gli Stati Uniti e l’Europa esitano a riconoscere il governo provvisorio di Micheletti. E pure un certo numero di cattolici e di ecclesiastici europei critica il presunto golpe.

In Italia, mentre un bel pezzo della sinistra cattolica ha aderito a un “Comitato pro Zelaya”, altri scendono in campo contro l’ex-presidente, dalla rivista “Tempi”, vicina a Comunione e Liberazione, al blog “Comunità Ambrosiana”, la voce milanese di Alleanza Cattolica, che riprendono le posizioni dei vescovi honduregni e condannano Zelaya. Caduti altri miti rossi, come si è visto nella sua passeggiata trionfale a Venezia, quello del Sudamerica di Chavez – e dei suoi alleati – è l’ultimo sogno che scalda i cuori comunisti: e anche quelli catto-comunisti. Passa per il giudizio sull’Honduras, e su Chavez, la linea di discrimine fra i cattolici che amano la libertà e i nostalgici di Che Guevara e di Castro.