Avevano capito tutto i gesuiti americani. Già qualche anno fa sulla loro rivista America avevano cominciato a interessarsi al ritorno dei vampiri e al loro successo presso i giovani. Attenzione, scrivevano, si tratta di un fenomeno che ha molto a che fare con la religione. In realtà, è sempre stato così. Sulle origini del mito ci sono diverse ipotesi, ma oggi la maggior parte degli studiosi pensa siano stati i Rom a portare dall’India il vampiro in Europa, e precisamente nell’area balcanica dove ha acquistato alle origini dell’età moderna le caratteristiche che oggi conosciamo. E per loro il mullo, il vampiro, ha un ruolo centrale in una complessa mitologia religiosa che cerca di definire i rapporti fra i vivi e i morti.
Nel secolo XIX, con la tradizione che nasce con Byron e culmina nel Dracula (1897) del romanziere irlandese Bram Stoker, il vampiro dei Rom e dei Balcani – una creatura che assomiglia più a un mostro che a un gentiluomo – si trasforma in un nobile elegante e raffinato, il cui prototipo è appunto il conte Dracula. Ma rimane l’aspetto religioso: Dracula è un profondo romanzo sul desiderio dell’immortalità, e il protestante Stoker mette in scena un vampiro che può essere sconfitto solo da un’ostia consacrata cattolica. Dracula e le sue trasposizioni cinematografiche esauriscono per molti anni tutto quanto si può dire sul vampiro. Fino alla Seconda guerra mondiale c’è pochissimo di nuovo, e la rinascita è lenta. Bisogna arrivare al 1976 perché Intervista col vampiro dell’americana Anne Rice apra l’epoca di un sorprendente revival del mito. Mentre nel Dracula di Stoker il vampiro è cattivo e i suoi avversari buoni, quelli della Rice sono vampiri postmoderni, e la matassa dell’intreccio fra bene e male è quasi impossibile da dipanare. Neanche così, però, la religione passa in secondo piano. Lestat, il vampiro di Anne Rice, s’interessa sempre di più di teologia e dialoga con il Diavolo e con Gesù Cristo, fino all’annuncio recente della scrittrice di abbandonare l’horror per tornare alla fede cattolica dell’infanzia e dedicarsi a tempo pieno al romanzo religioso.
Dopo qualche anno di declino, nuovo revival negli anni 2000, soprattutto presso i giovani grazie ai fumetti (dove oggi sono disponibili in inglese diverse centinaia di titoli), alle serie televisive come Buffy e Angel e a romanzi come quelli di Stephanie Meyer. Benché autori come Joss Whedon, il creatore sia di Buffy sia di Angel, si dichiarino non religiosi, sociologi, antropologi e gesuiti sono d’accordo sul fatto che si tratta di mitologie molto elaborate con uno sfondo ancora una volta religioso, dominato però non da Dio ma dal Fato, cui numerose potenze divine sono sottomesse. In altre parole, una religiosità non cristiana ma pagana: una parte importante di quel contemporaneo ritorno del paganesimo di cui parlano studiosi come Stéphane François, e che si esprime nella cultura popolare ben più che nei movimenti neopagani organizzati.