Il predicatore battista è stato la grande sorpresa del supermartedì. E ora sogna un posto da vice McCain. L'unico tema della sua campagna è la lotta all'aborto. E dice: "Perché separare religione e politica?"
«Romney ha detto che quella repubblicana è una corsa a due? Ha ragione: è fra me e McCain». Così, dopo il super-martedì, Mike Huckabee. Ora Romney, avviandosi a sospendere la sua campagna, sembra dargli ragione. Huckabee, ex governatore dell'Arkansas, martedì ha vinto in cinque Stati fra cui la Georgia, che è difficile liquidare come una terra di contadini e montanari perché un terzo dei suoi elettori vive ad Atlanta, una città ultramoderna sede della Cnn e della Coca Cola. Certo, alla fine la spunterà McCain, anche perché è l'unico candidato repubblicano che secondo i sondaggi oggi batterebbe sia Obama sia Hillary Clinton.
Tuttavia, sommando non i delegati (assegnati tra i repubblicani in molti Stati con un sistema per cui chi vince li prende tutti) ma i voti di Romney e di Huckabee, il totale è superiore ai voti di McCain, il che dimostra che l'anima conservatrice tra i repubblicani è tuttora maggioritaria In una summa appena pubblicata sul conservatorismo americano, il politologo Critchlow ricorda che questo consiste di tre segmenti che non è facilissimo mettere insieme: chi vuole una politica estera aggressiva, chi vuole poche tasse, e chi si batte per quelli che Benedetto XVI (ma anche molti leader protestanti e dell'ebraismo ortodosso) chiamano «valori non negoziabili» su vita e famiglia. I tre candidati repubblicani sono tutti per un'America con poche tasse e forte in politica estera. Il punto su cui si distinguono davvero sono i valori non negoziabili. Nella carriera politica di McCain non sono mai stati una priorità, anche se oggi propone alcune limitazioni all'aborto.
Romney invece è un devoto mormone, e la sua comunità religiosa è certamente contro l'aborto, l'eutanasia e qualunque riconoscimento delle unioni omosessuali. Per farsi eleggere governatore del liberale Massachusetts Romney si era concesso qualche apertura, ma ora era tornato all'ovile conservatore. Quanto a Huckabee, afferma che «quando mi si dice di separare la politica dalla religione, rispondo che una separazione totale è impossibile». Se Romney - un uomo d'affari miliardario, figlio di un governatore del Michigan - ha studiato ad Harvard e il soldato McCain all'Accademia navale, Huckabee, il cui padre faceva il pompiere, ha preso una laurea in teologia presso la semisconosciuta Università Battista Ouachita dell'Arkansas.
Prima di darsi alla politica, è stato pastore di congregazioni battiste di paesini i cui nomi sono ignoti a chi non vive nell'Arkansas. Eppure, è riuscito a costruirsi una solida base politica locale, a farsi eleggere governatore del suo Stato e - dopo essere diventato famoso per un libro dove spiega come ha perso cinquanta chili - a presentarsi all'anima religiosa del Partito repubblicano come un candidato credibile. Qualche settimana fa mi è capitato di seguire la campagna di Huckabee in Arizona (dove ha perso) e nel Tennessee (dove ha vinto). Mi ha colpito la quasi totale assenza di riferimenti alla politica estera, il suo punto debole.
La sua è quasi una «lista di scopo» - qualche cosa di cui si comincia a parlare anche in Italia - che raccoglie voti principalmente su un singolo tema: l'opposizione all'aborto. La tenuta dell'anima conservatrice nel super-martedì dei repubblicani e il successo di Huckabee non porteranno l'ex governatore dell'Arkansas alla Casa Bianca. Ma costringeranno McCain, se vuole vincere, a fare i conti con la base repubblicana ostile all'aborto. Magari con Huckabee come candidato alla vicepresidenza.