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Le tecniche psicocorporee, mezzo di supporto per l’emergere dell’armonia nell’uomo o autoidolatria?

Maria Raffaella Dalla Valle (Verona, Italy)
Paper presented at the CESNUR 12th International Conference 1998

1-    Introduzione

In questa relazione si vuole riflettere e far riflettere sulle tecniche psico-corporee, o meglio, su quanto esse servano per raggiungere l’armonia o invece su quanto portino all’infelicità attraverso una sorta di autoidolatria. Mai come in questa epoca si è visto un pullulare di queste tecniche alternative. Viene da chiedersi: perché? Quale è il loro significato? Si possono considerare un fenomeno positivo, un pericolo o qualcosa di neutro?

Potremmo azzardare una risposta sostenendo che questa è la inevitabile reazione ad una educazione dualista che non ha riconosciuto al corpo e alla sessualità il loro vero valore: infatti, “anche se il corpo mortale si disintegra giorno dopo giorno, ha una dignità che non potrà mai essere stimata abbastanza”[1]. Va inoltre detto che purtroppo, c’è “una specifica difficoltà ad avvertire l’essenzialità umana del proprio corpo”[2].

Tuttavia potremmo aggiungere che, come al solito, “i contrari si incontrano: l’adorazione precipitosa dei sensi e il loro disprezzo sono molto vicini l’una all’altro”[3].

2-    Alla ricerca della perduta unità dell’uomo

Nonostante il progresso odierno nell’ambito della tecnica e della scienza, l’uomo si rende conto      della propria mancanza di unità interiore, sicché si domanda “come coniugare unità e molteplicità, come preservare la prima senza soffocare la seconda (che è invece la perenne tentazione sincretista e monista), come rispettare la seconda senza frammentare la prima (che è l’esito del dualismo)”[4]. La risposta potrebbe essere “l’unità duale, che è altrettanto distante dal monismo e dal dualismo puri e semplici, come da quel goffo tentativo di sintesi che è stato descritto come un “dualismo su sfondo monistico””[5]. Nei prossimi paragrafi torneremo a definire l’uomo; per il momento suggeriamo di avere un atteggiamento di “stupore” di fronte alla sua unità, il “che è una  sfida nei riguardi di molti nostri schemi razionali, soprattutto quelli dualisti della modernità che invitano a prendere partito o per l’anima o per il corpo”[6].

2.1- Chi è l’uomo?

Prima di proseguire, nel definire l’uomo, riteniamo importante un chiarimento terminologico riguardo ai termini anima, corpo, psiche e spirito. Nell’uomo ci sono tre dimensioni: vegetative, sensitive e razionali.  Non di rado questo trinomio viene tradotto come: soma o corpo, psiche o anima, mente/mind o spirito. Al primo insieme appartengono i diversi organi corporei (apparato respiratorio, digerente, endocrino); al secondo, i sensi (vista, tatto, fantasia); al terzo appartengono l’intelligenza, la volontà e la memoria intellettiva. Si tratta di dimensioni concrete, reali, fisiche; il che non equivale a materiali: infatti, quella razionale non è materiale.

La terminologia si ingarbuglia quando, come nel nostro caso, la divisione tripartitica si riduce ad un binomio: spesso si parla di body and mind (nell’area anglossassone) o di corpus et mens ovvero, con un’espressione fuorviante, di corpus et anima vel spiritus (nell’ambito latino). E’ chiaro che le anzidette dimensioni vegetative e sensitive costituiscono ora il body o corpus, mentre la dimensione razionale o spirituale costituisce la mind o mens o anima o spirito. Questa terminologia vuole  tracciare una frontiera tra ciò che l’uomo possiede in comune con gli animali (soma o corpo più psiche o anima) e ciò che possiede in esclusiva (la ragione o anima o mente o spirito). Il rischio in agguato consiste nel separare troppo queste dimensioni ed incorrere nel dualismo di risonanze platoniche. Nella tradizione aristotelica, invece, viene adoperata una terminologia  bipartitica radicalmente diversa dalla precedente nei contenuti, benché sia uguale nei vocaboli: corpus et anima o soma e psiche. Qui, l’anima o psiche è integrata da due dimensioni che nella terminologia precedente restavano separate: la dimensione sensitive e la dimensione razionale.

Va quindi sottolineata la grande dignità del corpo umano che è razionalizzato. Ma sappiamo pure che esso ha dignità minore di quella dello spirito corporizzato, sebbene è da ricordare che “quando il corpo sta bene l’anima balla”. Vanno quindi evitati i due estremi: il culto esagerato del corpo ed il disprezzo del corpo stesso.

3-    L’importanza dell’unione con il sé ideale, con gli altri, con Dio

Nell’uomo, raggiungere queste unioni è un dovere etico e religioso:

-       etico perché l’etica riguarda il bene dell’uomo, l’uomo ideale, l’autoperfezionamento dell’uomo stesso, il raggiungimento del forgiato progetto di uomo ideale. E questo perfezionamento include il rapporto con le altre persone umane e con l’Altra persona ovvero con Dio (ciò che viene chiamato “re-ligione”); perciò l’etica spinge verso la società con gli altri e verso la società con Dio, ossia verso la religione;

-       religioso perché la religione è il codice di istruzioni per raggiungere la persona perfetta che è Dio, il quale vuole la perfezione dell’uomo; la religione dunque, spinge verso l’etica. Infatti, l’uomo creato a immagine di Dio, “deve tendere alla propria affinità con il Creatore, realizzando tutte le potenzialità che sono state poste in lui”[7].

Etica e religione, quindi, si rinforzano vicendevolmente. Possiamo inoltre dire che qualsiasi azione etica è anche religiosa e viceversa, poiché l’autorealizzazione dell’uomo spinge verso la società con gli altri e con l’Altro e perché Dio vuole la perfezione delle sue creature. A questo riguardo possiamo citare alcune realtà come la Scientologia, che si trovano al confine tra psicologia e  religione, le quali sono difficile da catalogarsi.

Per quanto riguarda i possibili errori etici potremmo menzionare il non dare importanza al corpo ed alle tecniche psico-corporee oppure il dare troppa importanza a questi aspetti.

Per quanto riguarda i possibili errori religiosi potremmo invece menzionare il chiudersi la via verso Dio, il rompere il legame con Lui. Questo però avviene mettendo un qualcos’altro al posto di Dio, di solito l’uomo: da qui l’autoidolatria e l’autosalvezza in cui possono inciampare queste realtà umane. Ovviamente qui per esperienza di tipo religioso intendiamo le religioni del potenziale umano. Sappiamo che queste religioni sono caratterizzate dal fatto che la persona pensa di essere “Dio” solo in potenza e dalla ricerca di tecniche per attualizzare questa potenzialità. Potremmo dire che l’autoperfezionamento viene inserito nella natura di Dio, cancellando la sua perfezione e quindi la sua divinità. Ma riducendo Dio all’uomo ideale, si riduce la religione all’etica, come proponeva Kant.

4-    Il ben-essere ed il concetto di benessere

Le tecniche psicosomatiche odierne promettono un determinato benessere. Desideriamo fare un chiarimento al riguardo. Con il termine “Ben-essere” si può intendere il benessere integrale, la soddisfazione cioè dei rapporti con se stesso, con gli altri, con Dio. Va invece sottolineato che le tecniche psicosomatiche agiscono in modo da raggiungere direttamente solo un certo benessere psico-fisico individuale e, in piccola misura, una certa armonia con gli altri. Si potrebbe quindi tradurlo come salute psicofisica individuale (e, in parte, sociale).

5-    Le tecniche psico-corporee come mezzo per un equilibrio psicosomatico

Vogliamo ora sottolineare la necessità ed importanza delle tecniche psico-corporee, soprattutto al giorno d’oggi, vista la difficoltà ad avvertire l’essenzialità umana del proprio corpo in una cultura che ha sopravvalutato l’intelletto o la volontà. E’ necessario quindi bilanciare questa tendenza, rivalutando il corpo.

5.1- Le tecniche psicocorporee e lo sviluppo della persona

Le tecniche psico-corporee sono molto importanti nello sviluppo della persona e soprattutto nel superamento di blocchi psicoeducativi. Molti approcci di questo genere si sono dimostrati validi, se considerati nel loro vero significato e non come vie religiose. Potremmo citare ad esempio: il metodo Feldenkrais, l’eutonia, il metodo Mezieres, la sofrologia, i diversi tipi di rilassamento. “Quando una tecnica di sviluppo del potenziale umano o una terapia alternativa permettono alla persona di sviluppare la propria personalità, di prendere coscienza delle proprie qualità, di mettere a frutto le doti profonde fino a quel punto paralizzate da disfunzioni inibenti, l’ uomo è rinnovato e la gloria di Dio cresce”[8], ricordando la celebre frase di Sant’Ireneo “La gloria di Dio è l’uomo vivente”.

5. 2- Le tecniche corporee non sono vie di salvezza

Queste nuove tecniche devono essere usate sapientemente. Infatti, nell’affrontarle, occorre maturità sia da parte dell’insegnante che da parte dell’allievo. E’ quindi necessario informarsi con attenzione prima di prendere parte a determinati corsi, accertandosi della competenza degli insegnanti, perché il lavoro sul corpo, se mal gestito, può diventare pericoloso.

Tuttavia esse si prefiggono un benessere parziale, come detto poc’anzi. Il rischio in agguato è quello di eliminare le altre parti, sostituendosi ad esse e diventando quindi una politica e una religione; o, meglio, un ibrido totalizzante. E’ ciò che accade per esempio, in quella cultura olistica che è la New Age.

Considerando le definizioni di etica e di religione sopra dette, risulta chiaro che le tecniche corporee non sono vie di salvezza o, meglio, non sono vie  di salvezza dirette o immediate. Potrebbero essere dette vie indirette o mediate in quanto aiutano alla realizzazione armonica di sé e della comunità.

Queste idee vanno chiarite molto bene, vista la situazione attuale. Non è la prima volta che una persona pensa di andare a fare corsi di rilassamento o respirazione e si trova invece coinvolta in esperienze che sono di tipo religioso, di quelle cioè che trasformano la salvezza psicofisica in salvezza spirituale o religiosa.

A conferma di quanto detto sopra, possiamo menzionare un’indagine che è stata fatta in Olanda presso parecchi centri che offrono attività alternative. Si è notato un processo di “psicologizzazione della religione e di sacralizzazione della psicologia”[9]. Questo studio dedicato all’autosalvezza ed il corpo si conclude affermando che in questi centri di tendenza New Age, la salvezza del corpo è preferita alla salvezza dell’anima[10]. Una certa attinenza al riguardo si è notata anche in Sri Auribondo.

Senza dilungarci in discorsi che richiederebbero troppo tempo, possiamo quindi dire che le tecniche corporee sono un messo e anche ottimo, ma è necessario evitare, come già detto, di scambiare un fine parziale in fine assoluto, il controllo e la conoscenza di sé nella felicità assoluta, di chiudersi nell’unità psicosomatica e nella sua dinamicità, ossia nel sé, e di considerarle uno “stile di vita” onnicomprensivo. Infatti, avendo eliminato il Dio trascendente in favore di un dio immanente ed avendo eliminato la religione in favore dell’etica, queste due componenti si espandono diventando uno stile di vita onnicomprensivo.

6-    L’emergere della vera armonia e integrazione nell’uomo

Le azioni manifestano che è la persona. La vera armonia richiede non solo l’uso di tecniche corporee, ma anche il “far rinascere la piena riconciliazione con se stessi, con gli altri e Dio. Giacché l’amore guarisce”[11]. Non è quindi sufficiente la consapevolezza di sé, il rientrare in se stessi, ma è necessario trascendere il proprio “io”, che è una creatura, per poi donarsi agli altri ed all’Altro.

7-    Conclusione

Concludendo queste sommarie considerazioni possiamo ora riproporre la domanda iniziale: le tecniche psico-corporee sono mezzo di supporto per l’emergere dell’armonia nell’uomo o sono autoidolatria? La risposta è che esse sono un mezzo ottimo, ma non un fine e neppure l’unico mezzo. E’ quindi necessario utilizzarle evitando di rimanere chiusi in se stessi, evitando che diventino una ossessione o una dipendenza e persino una ipertrofia dell’io, che farebbe di se stessi e del proprio corpo un idolo[12].



[1] h. l. martensen, Reincarnazione e dottrina cattolica, Cristianità, Piacenza 1993, p. 28.

[2] giovanni paolo ii, Uomo e donna lo creò, Città Nuova Editrice & Libreria Editrice Vaticana, Roma, 1987, p. 129.

[3] Ibidem, p. 27.

[4] j. villanueva, La New Age e le sue teologie, in “Acta Philosophica” (Roma), (1997), p. 160.

[5] Ibidem, p. 160.

[6] r. jimenez catano, Octavio Paz: Amore, famiglia e matrimonio in “Anthropotes”, (Roma) anno X, n. 2, Dicembre 1994, p. 207.

[7] j. vernette, Il New Age, Paline, Cinisello Balsamo (MI), 1992, p. 96.

[8] j. vernette, Il New Age, Paline, Cinisello Balsamo (Mi), 1992, p. 98.

[9] wouter j. hanegraff, citato in anneke h. van otterlo, Selfspirituality and the body. New Age Centers in the Netherlands since  the sixties, Congresso Cesnur Amsterdam, 7- 9 agosto 1997.

[10] anneke h. van otterlo, Selfspirituality and the body. New Age Centers in the Netherlands since  the sixties, Congresso Cesnur Amsterdam, 7- 9 agosto 1997.

[11] j. vernette, Il New Age, Edizioni Paline, Cinisello Balsamo (MI), 1992, p. 97.

[12] Si ringraziano il prof. Javier Villanueva del Pontificio Ateneo della Santa Croce per l’aiuto fornito nel redigere questa relazione ed il prof. Massimo Introvigne per averla accettata.