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Interventi sul caso Toaff di storici italiani che si sono occupati dell'accusa del sangue: mons. Iginio Rogger (Avvenire, 8 febbraio 2007)

Lo storico della Chiesa trentina: «Simonino non perì per mano ebrea» di Diego Andreatta

«Per noi, e per la scienza storica, il caso Simonino era chiarito. Chi vuole rimetterlo in discussione, deve poter documentare un'indagine storica dello stesso livello, altrettanto rigorosa, prima di impugnare ciò che generazioni di studiosi hanno appurato».

È rimasto sorpreso dalle anticipazioni del libro di Ariel Toaff Pasque di sangue (in uscita dal Mulino), ma con il distacco dello studioso onesto, monsignor Iginio Rogger, decano degli storici trentini, accetta di ribattervi a caldo («vorrei però leggere integralmente il libro») per documentare la posizione della Chiesa trentina che nel 1965 aveva abolito il culto di san Sinonimo (vittima nel 1475 di «un omicidio rituale ebreo» inesistente), proprio sulla base della ricerca storica.

Della decisiva "Notificazione" del 28 ottobre 1965, con cui l'arcivescovo Alessandro Maria Gottardi, sentita la Sede Apostolica, disponeva una "prudente rimozione" del culto autorizzato ancora nel 1588 da Sisto V, monsignor Rogger era stato principale ispiratore, proprio in nome della corretta applicazione «della regola scientifica che non può accontentarsi dell'autenticità formale e filologica di un documento, ma deve porsi il quesito della rispondenza alla realtà dei fatti». Un metodo che Rogger vorrebbe ritrovare nelle argomentazioni degli storici di oggi e che egli, aveva visto applicato già nel 1903 dallo studioso Giuseppe Menestrina proprio nell'esame del caso Simonino in una tesi all'Università di Innsbruck.

Le conclusioni di quella ricerca investigativa - «gli ebrei non sono responsabili dell'uccisione del piccolo Simone da Trento, ritrovato morto in una roggia» - venne ribadita in profondità nel 1964 dagli studi del grande storico domenicano padre Paul Willehad Eckert e poi confermata dalla ricostruzione dell'intero meccanismo processuale da parte dell'équipe della Facoltà di Giurisprudenza diretta dal professor Diego Quaglioni.

«Quella conclusione per me è ancora imbattibile, condivisa anche da studiosi ebrei e protestanti», ripete oggi Rogger, 87 anni, che peraltro ricorda bene quanto la popolazione trentina fosse affezionata a quella devozione. Con gli anni, però, abolite le processioni (perfino l'intitolazione al santo di una via nel centro storico di Trento, oggi "via del Simonino"), si è compresa l'importanza di quell'intervento pastorale: «Proprio l'argomentazione razionale - commentava Rogger in un intervento pubblico lo scorso anno - ha contribuito a vincere il sospetto, da più parti insinuato, che l'abolizione fosse determinata da simpatie filo ebraiche divenute di moda all'indomani dello sterminio nazista».

Ebbe anche l'effetto di togliere di mezzo un'insanabile frattura che sussisteva anche fra i cittadini di Trento e le comunità ebraiche, oltreché a facilitare anche ad alti livelli, in Germania ma non solo, il dialogo fra ebrei e cristiani. È significativo che Trento ospitò già nel 1979 una sessione della Commissione Vaticana per i rapporti con l'ebraismo e nel giugno 1992 autorevoli rappresentati ebraici scoprirono una targa sul palazzo dove sorgeva la sinagoga cittadina, a ricordo della riconciliazione dopo l'abrogazione del culto al Simonino.

Ma perché allora il libro di Ariel Toaff va a ripescare il caso di Trento? «Non c'è dubbio che nella panoramica dei vari omicidi in Europa attribuiti agli ebrei quello del Sinonimo si presenta come il più attestato, provvisto di una massa ingente di documenti contemporanei ai fatti, mentre gli altri casi si perdono generalmente nella leggenda», osserva Rogger. «Ma proprio perché episodio ben preciso, esso presenta nomi, dati e circostanze ben chiare, sulle quali è stato fatto - non da me, tengo a precisarlo - un lavoro di ricerca storica molto accurato. Vedo, insomma, una sproporzione fra le tesi generiche annunciate finora nel libro di Toaff e la ricchezza di studi molto seri prodotta in tanti anni, anche dietro stimoli provenienti dagli ebrei. Resto peraltro disponibile - conclude pacatamente Rogger - a prestare attenzione alle conclusioni che uno studioso, ebreo o non ebreo, presenterà sulla base di un'indagine storica corretta, che tenga conto della bibliografia già esistente».