«Giù le mani dal valoroso Partito dei lavoratori del Kurdistan», cioè dal Pkk.   Sembra il titolo di una vignetta di Forattini, ma è la realtà di una   mobilitazione che mette insieme Rifondazione comunista, Comunisti italiani e   personaggi come Gianni Minà, quando riesce a prendersi una pausa dall’apologia a   tempo pieno di Fidel Castro. Tutti ufficialmente impegnati nella rete di   solidarietà con il partito fondato dal sanguinario Abdullah Ocalan. 
				  Capita   al Pkk quello che è successo al governo militare birmano: tutti si dimenticano   che si tratta di comunisti. Esistono diverse organizzazioni autonomiste curde:   quello che distingue il Pkk dalle altre è la sua ideologia comunista. Fondato   con la benedizione e il denaro dell’Unione Sovietica, il Pkk esordisce   assassinando 354 personalità politiche e militari turche nel biennio 1978-1979,   prima di iniziare nel 1980 una guerriglia che ha fatto almeno 35.000 morti fra i   civili della Turchia orientale e 5.000 fra i militari inviati da Ankara per   reprimere la rivolta, con una lunga scia di sangue, torture ed esecuzioni   quotidiane dei «nemici del popolo».
				  Sul Pkk la sinistra italiana dovrebbe   tacere dopo l’imbarazzante soggiorno di Ocalan in Italia, dove era   misteriosamente arrivato nel 1998 su un aereo proveniente da Mosca accompagnato   dal deputato di Rifondazione Ramon Mantovani. Dopo ulteriori peregrinazioni,   Ocalan sarà arrestato a Nairobi nel 1999, portato in Turchia e condannato   all’ergastolo, ma quella storia avvelena ancora i rapporti   italo-turchi.
				  Certo, nel 2002 ufficialmente il Pkk ha cambiato nome in Kadek   (Congresso per la libertà e la democrazia del Kurdistan). Ma il Kadek ha lo   stesso gruppo dirigente del Pkk, e dunque il cambio di nome è solo cosmetico, o   meglio serve a inserire accanto ai sacri testi marxisti un riferimento   all’islam. Si cerca così un’alleanza fra comunisti e ultrafondamentalisti   islamici, una carta giocata anche altrove.
				  Il Pkk, o Kadek, è un partito   comunista, i cui fondatori e dirigenti sono marxisti a suo tempo addestrati,   indottrinati e finanziati dalla vecchia Unione Sovietica. La piccola zona delle   montagne turche ai confini con l’Irak che il Pkk controlla con il ferro e con il   fuoco è un micro-Stato marxista all’interno della Turchia. La solidarietà etnica   curda ha assicurato al Pkk qualche sostegno fra i curdi dell’Irak, che però non   sono comunisti, e tra cui cominciano a levarsi voci dubbiose.
			    Il presidente   della regione autonoma irachena del Kurdistan, Barzani - che fra l’altro   condivide con il premier turco Erdogan l’appartenenza alla stessa confraternita   sufi - è notoriamente perplesso sul sostegno al Pkk, che considera più comunista   e antiamericano che «curdo». In effetti solo i nemici del governo democratico   iracheno, degli Stati Uniti e dell’Occidente hanno interesse a sostenere i   comunisti del Pkk e a provocare scontri fra Irak e Turchia. Non sorprende   ritrovare in questo fronte la sinistra radicale italiana.