Tutte panzane. Molti giornali ci avevano raccontato che nella Conferenza Episcopale Italiana era in atto uno scontro fra amici di Prodi e di Berlusconi, che come in un telefilm di serie B in Vaticano c'erano il poliziotto cattivo, impersonato dal Papa, e il poliziotto buono, interpretato dal cardinale Bertone che avrebbe consigliato ai vescovi italiani mano leggera sui Dico. Sciocchezze, spazzate via dal testo ufficiale della nota dei vescovi italiani sui Dico, dove non c’è traccia né di sconti né di scappatoie.
Il documento giudica la legge Bindi-Pollastrini sui Dico «inaccettabile sul piano di principio, pericolosa sul piano sociale ed educativo». Né bastano le proclamate buone intenzioni: «Quale che sia l’intenzione di chi propone questa scelta, l’effetto sarebbe inevitabilmente deleterio per la famiglia. Si toglierebbe, infatti, al patto matrimoniale la sua unicità, che sola giustifica i diritti che sono propri dei coniugi e che appartengono soltanto a loro. Del resto, la storia insegna che ogni legge crea mentalità e costume». Come è ovvio, è giudicato «un problema ancor più grave» quello «rappresentato dalla legalizzazione delle unioni di persone dello stesso sesso, perché, in questo caso, si negherebbe la differenza sessuale, che è insuperabile». Ma il «più» davanti a «grave» significa che restano gravi anche i Dico eterosessuali. Eventuali problemi concreti e casi pietosi possono essere risolti «nell'ambito dei diritti individuali, senza ipotizzare una nuova figura giuridica che sarebbe alternativa al matrimonio e alla famiglia e produrrebbe più guasti di quelli che vorrebbe sanare».
La battaglia decisiva che i «cattolici adulti» hanno combattuto sui media amici cercando qualche sponda fra i vescovi - soprattutto in pensione, però - e permettendo a qualche giornale di riferire i fatti della Chiesa in due colonne, dove all'insegnamento del Papa si contrapponeva il «magistero parallelo» del cardinale Martini, di qualche professore di teologia e giù giù fino a Rosy Bindi, non riguardava però il giudizio della Conferenza Episcopale sui Dico. Dopo una raffica di interventi chiarissimi del Papa, nessuno poteva immaginare che i vescovi si pronunciassero diversamente. La vera questione era quella del margine di manovra delle varie Bindi, pronte ad appellarsi alla libertà di coscienza e all’autonomia della politica, che è il cuore del progetto dei «cattolici adulti».
Su questo punto, dove avevano voluto portare la battaglia, i «cattolici adulti» incassano la più sonora delle sconfitte. Certamente, spiega la nota, i cattolici impegnati in politica devono decidere secondo coscienza, ma questa dev'essere «rettamente formata». Diversamente, l'appello alla coscienza potrebbe giustificare qualunque cosa. «Il fedele cristiano - spiega la nota - è tenuto a formare la propria coscienza confrontandosi seriamente con l'insegnamento del Magistero, e pertanto non può appellarsi al principio del pluralismo e dell'autonomia dei laici in politica, favorendo soluzioni che compromettano o che attenuino la salvaguardia delle esigenze etiche fondamentali per il bene comune della società». Per chi non avesse capito, o non volesse capire, questo significa che «il parlamentare cattolico ha il dovere morale di esprimere chiaramente e pubblicamente il suo disaccordo e votare contro il progetto di legge». Se non lo fa, è un «cristiano incoerente»: e dovrebbero trarne conseguenze precise sia il suo parroco sia gli elettori cattolici.