PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUCIANO VIOLANTE
La seduta comincia alle 15,10.
(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).
Sulla pubblicità dei lavori.
PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata, oltre che attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, anche mediante la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.
Audizione di rappresentanti dell'Unione atei agnostici razionalisti.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva in materia di libertà religiosa, l'audizione di rappresentanti dell'Unione atei agnostici razionalisti.
Come i nostri ospiti sapranno, è in corso presso la Commissione affari costituzionali della Camera dei deputati l'esame abbinato, in sede referente, di due progetti di legge sulla libertà religiosa: auspichiamo che il confronto su questo tema, già avviato - e non concluso - dal Parlamento nel corso della precedente legislatura, possa finalmente giungere all'esito atteso.
Prima di sentire la vostra opinione in proposito, prego il relatore Zaccaria di esporre sinteticamente le questioni fondamentali da affrontare, su cui apprezzeremmo ricevere il vostro contributo.
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ROBERTO ZACCARIA. Presidente, comprendo il suo richiamo alla necessità di illustrare «sinteticamente» le questioni di priorità al nostro esame. In verità, non amo molto ripetere le stesse cose ai medesimi interlocutori; se l'ho fatto e lo farò adesso è solo per rispetto dei nostri ospiti.
PRESIDENTE. Ha perfettamente ragione, onorevole.
ROBERTO ZACCARIA. Ciò precisato, le manifesto sin d'ora l'intenzione di rispettare il suo invito e mantenermi entro i limiti suggeriti dall'avverbio, presidente. Per definire una sorta di piattaforma unitaria da cui muovere, mi piacerebbe dar conto della ricchezza del dibattito sin qui svolto; credo, però, che la cosa più importante sia poter fornire in poche parole una sintesi delle questioni principali da esaminare. Voi conoscete la relazione che ho presentato in Commissione affari costituzionali e, certamente, conoscerete i testi dei quali stiamo parlando in questa sede. Mi soffermerò, pertanto, solo su alcuni aspetti di particolare rilievo.
In primo luogo, si discute di una normativa di attuazione costituzionale e ciò significa che occorrerà muoversi all'interno di una certa cornice, quella della Costituzione. Ci muoviamo - lo abbiamo già detto, ma mi pare importante ripeterlo - anche alla luce dei principi enucleati dalla Corte costituzionale, che pure sono noti. In particolare, uno di essi è più importante degli altri, essendo in grado di produrre degli effetti anche sulla legislazione successiva: mi riferisco al principio di laicità dello Stato. Questo è un elemento importante e tale principio noi inseriremo nell'articolo 1 della disciplina al nostro esame, giacché lo stesso non è contenuto nelle disposizioni attuali, sebbene sia da esse presupposto, ed è bene pertanto sottolinearlo.
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Un altro punto su cui soffermarsi e di cui più volte abbiamo parlato riguarda la libertà religiosa individuale e collettiva, libertà religiosa positiva e negativa. Finalità delle norme al nostro esame è senza dubbio abrogare la legge sui culti ammessi del 1929, che rappresenta un macigno sul nostro ordinamento, destinato ad appesantirsi con il passare del tempo. Altra finalità è elevare il grado di libertà religiosa, giacché essa non dipende soltanto dai trattamenti giuridici, che possono anche essere diversi: in altri termini, l'importante è che ci sia una piattaforma di libertà garantite su alcuni istituti fondamentali che occorre siano realizzati in via legislativa.
Abbiamo poi discusso molto - naturalmente, questo discorso si pone a monte dell'incontro odierno - del problema delle intese che l'articolo 8 della Costituzione prevede: riteniamo che uno dei benefici derivanti dalla disciplina al nostro esame possa essere, appunto, quello di «sdrammatizzare» tale questione. Naturalmente, è vero che alle confessioni religiose le intese piacciono, permettendo esse di stabilire un certo parallelismo tra gli articoli 7 ed 8 della Costituzione; però credo che, ancora prima di ciò, si ponga l'applicazione del principio di laicità e quindi il pieno e compiuto riconoscimento della libertà religiosa come base dell'ordinamento. Ciò che mi pare importante è aver individuato - stante la difficoltà di definire cosa si intenda per confessione religiosa - i due aspetti essenziali delle libertà di religione e di coscienza. Qualcuno ha addirittura proposto di cambiare l'intitolazione della disciplina, tenendo conto di entrambi gli aspetti (anziché della sola libertà religiosa, indicata, appunto, nell'attuale titolo dei provvedimenti al nostro esame): di questa osservazione terremo certamente conto.
L'ultima notazione riguarda il fatto che alcuni istituti siano stati messi sotto attenzione, in modo particolare l'istituto del
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matrimonio, di cui si è discusso tanto questa mattina, con i rappresentanti della consulta islamica, quanto nei giorni precedenti. Altro aspetto affrontato riguarda il problema dell'insegnamento, oggetto di grande attenzione nel corso di questa indagine. A me, però, interessa concentrarmi sull'architettura complessiva della disciplina, che come ho già evidenziato è basata sui principi della libertà individuale e collettiva, di religione e di coscienza (la legge, oggi, parla di «credenza»). Occorre, inoltre, stabilire una demarcazione tra i soggetti che non richiedano né le intese né alcun tipo di riconoscimento e quei soggetti che, invece, quel riconoscimento domandano, atteso che la Costituzione non fa menzione di tale aspetto. Da questo riconoscimento, che per alcune religioni è particolarmente delicato (con particolare riferimento alla figura dei ministri del culto), naturalmente possono discendere delle conseguenze giuridiche più rilevanti, ossia, a fronte di un trattamento più generale, ve n'è uno capace di dar luogo ad alcuni diritti per i soggetti che ottengano il riconoscimento della personalità giuridica o semplicemente il riconoscimento del ministro del culto.
Sono questi i problemi di fondo della disciplina al nostro esame, che naturalmente ci auguriamo possa concludere il proprio iter, sebbene con il passare del tempo le difficoltà esistenti anziché diminuire siano destinate ad aumentare: forse, un provvedimento come questo sarebbe stato di più agevole approvazione negli anni ottanta che non nel 2007.
PRESIDENTE. Tra dieci anni sarà ancora più difficile ottenere tale risultato, quindi sarà meglio cercare di concluderne subito l'iter, onorevole Zaccaria...!
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Nel ringraziare il relatore per il suo intervento introduttivo, do ora la parola al segretario nazionale dell'Unione atei agnostici razionalisti Giorgio Villella, affinché illustri la sua relazione.
GIORGIO VILLELLA, Segretario nazionale dell'Unione atei agnostici razionalisti. L'Unione atei agnostici razionalisti, di cui sono il segretario, è di gran lunga la più grande associazione in Italia e l'unica esplicitamente di atei: il nostro scopo è che le istituzioni statali del paese siano laiche. Non abbiamo nulla contro la Chiesa cattolica, nulla contro le altre religioni; vogliamo, però, che le istituzioni siano laiche e, purtroppo, questo in Italia non sempre accade. Perciò, il senso della mia partecipazione, in questa sede, è anche quello di illustrare quali siano i problemi degli atei in Italia.
Il numero degli atei nel nostro paese oscilla tra 3 e 10 milioni, a seconda di chi effettui le statistiche e del momento in cui siano state effettuate. Non vi sono dati certi; possiamo, però, affermare che circa 10 milioni di italiani non faccia riferimento a nessuna religione. In particolare, la fascia dei trentenni-quarantenni con figli, già adesso, in maggioranza è costituita da persone non sposate in chiesa, conviventi oppure sposate in municipio; quando i loro figli vanno a scuola, costoro incontrano, purtroppo, numerosi problemi che, nel corso del mio intervento, mi accingerò ad illustrare. Quindi, il punto di vista delle persone senza religione, in Italia, deve essere tenuto in considerazione, perché sono numerose: molte di più dei 35 mila ebrei, dei 40 mila albanesi e del mezzo milione o del milione di musulmani presenti nel nostro territorio. Di solito, però, di noi non si parla mai; non veniamo neppure nominati, non siamo presi in considerazione.
Quando in una precedente occasione sono venuto a parlare, avevo letto la prefazione di Margiotta Broglio alla legge: nella
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prima parte si diceva che la situazione degli atei non è contemplata e che essi hanno dei problemi. Tuttavia, nell'articolato non si è affrontato questo aspetto.
Egualmente nella nuova legge non si parla mai di noi. Nella introduzione del presidente si legge: «L'articolo 19 della Costituzione garantisce non solo la scelta tra religioni diverse, ma assicura anche il diritto di rifiutare qualsiasi professione di fede, proteggendo quindi la libertà di coscienza e l'ateismo. L'ordinamento italiano, quindi, da un lato favorisce la manifestazione positiva delle libertà religiose, tutelando dall'altro la posizione di chi non riconosce alcuna confessione religiosa». Più avanti prosegue: «Sono da ritenersi in contrasto con l'articolo 19 della Costituzione tutte quelle disposizioni che impongono ai singoli di tenere un comportamento che, in modo diretto od indiretto, importi l'adesione ad una qualunque fede religiosa» Mi sono compiaciuto per queste parole, ma poi negli articoli della legge non si fa cenno ai nostri problemi.
In Italia si fa un gran parlare delle radici cristiane, della nostra cultura e della nostra civiltà. Concordo sul fatto che la nostra cultura e civiltà attuale discende anche da radici cristiane; tuttavia, essa discende - e di più - anche dalle radici delle persone senza religione. Mi riferisco non solo agli inizi della nostra cultura in Grecia o nell'antica Roma, ma anche ai periodi successivi al Medioevo. Negli ultimi due secoli dopo l'Illuminismo, tutto quello che è stato fatto dal mondo occidentale nell'ambito delle relazioni moderne è avvenuto in contrasto con la Chiesa. Si pensi al Sillabo di Pio IX e a tutti gli ostacoli che la Chiesa ha messo alla libera circolazione delle idee, come la censura sui libri. Quindi, esistono le radici cristiane, ma attualmente quelle che pesano di più sono le nostre radici. Se l'Italia adesso è quella che è, lo è diventata in contrasto con la Chiesa. Per il solo fatto che alcuni pensano
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che le radici più importanti siano quelle cattoliche, non dobbiamo bloccare la situazione e non permettere che tutti i cittadini siano uguali.
Come ho già detto, la mia associazione non combatte né la Chiesa né le religioni. Sono contento che si introduca una legge che permetta a tutte le religioni di acquisire maggiore libertà e rispetto. Di solito le leggi riguardanti i diritti civili si scrivono per difendere le minoranze, non le maggioranze. Le maggioranze, infatti, si difendono da sole; la Chiesa non ha alcun bisogno di una nuova legge per essere tutelata. Chi ne ha bisogno sono le religioni minoritarie.
Nella relazione dell'onorevole Spini, ho letto che si può immaginare la situazione delle religioni in Italia come un palazzo a più piani: sul piano più importante vi è la religione cattolica, ad un piano inferiore si trovano le religioni che hanno un'intesa ed al di sotto di tutti vi sono le religioni che non hanno un'intesa. Ovviamente si è dimenticato dei dieci milioni di italiani che sono fuori del palazzo, in mezzo alla strada.
PRESIDENTE. Sono in garage?
GIORGIO VILLELLA, Segretario nazionale dell'Unione atei agnostici razionalisti. In mezzo alla strada. Quindi, sono qui per far presente questi problemi.
Per non parlare troppo, vorrei fare due esempi per illustrare i problemi creati dall'attuale situazione italiana, che non viene affatto migliorata da questa legge, bensì lasciata inalterata. Mi riferisco all'insegnamento della religione nelle scuole pubbliche e ai funerali.
Non voglio fare del pietismo, ma 25 anni fa mi è morto un figlio. Io e mia moglie siamo sposati in municipio; mio figlio non era battezzato ed era un noto ateo. Al liceo era tra coloro
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che si davano da fare in tal senso. É deceduto in un incidente stradale, in agosto, e abbiamo dovuto fare il funerale. Ho chiesto al municipio la disponibilità di una sala dove svolgere la funzione, ma naturalmente non esisteva. Ho allora chiesto di poter portare il corpo di mio figlio dall'ospedale a casa di un mio amico che aveva a disposizione un grande spazio. La risposta è stata negativa, perché la legge stabilisce che si debba andare dal luogo in cui si trova il cadavere direttamente al cimitero, a meno che non si debba andare in chiesa; in quel caso si può scegliere qualsiasi chiesa seguendo qualsiasi percorso dall'ospedale alla chiesa e poi al cimitero. Invece, per mio figlio non ho potuto fare niente altro che portare il suo corpo al cimitero (seguendo il percorso più diretto), dove è stata svolta la funzione. Si era in agosto, nelle ore centrali della giornata, sotto un sole che spaccava le pietre. Erano presenti 200 persone, perché mio figlio aveva 20 anni e frequentava la Scuola Normale di Pisa da cui provenivano alcuni professori. Insomma, erano presenti 200 persone al funerale, che è stato celebrato in un vialetto secondario vicino alla tomba di mio figlio. Un mio amico ha letto alcune lettere molto interessanti che mio figlio aveva scritto quando era all'università. Durante la cerimonia siano stati interrotti tre volte dal passaggio di un camion che trasportava gramaglie e poi da alcune carriole. Così si è svolto il funerale di mio figlio.
È vero che noi atei non abbiamo riti particolari, tuttavia siamo animali sociali come tutti gli uomini, quindi come festeggiamo i compleanni dei figli, la nascita di un bambino o un matrimonio, così anche noi abbiamo bisogno di una cerimonia funebre. Lo Stato spende miliardi per le chiese e per le cerimonie funerarie cattoliche, mentre per noi non spende una lira. Anzi, lo Stato spende anche i miei soldi per le loro cerimonie.
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PRESIDENTE. Di che comune si stava parlando?
GIORGIO VILLELLA, Segretario nazionale dell'Unione atei agnostici razionalisti. Di Padova.
Sono andato al comune di Padova a chiedere, ma non vi era nulla da fare. In seguito, abbiamo raccolto 850 firme (tra cui molte di cattolici, compresi due sacerdoti) affinché si realizzasse una sala del commiato. È stata concessa una sala, corrispondente a circa la metà di quella in cui sto parlando; si trattava di un ex magazzino del cimitero trasformato in sala. Nei tre funerali lì svolti cui ho partecipato, questo spazio non è mai stato sufficiente a contenere le persone presenti, che dovevano stare all'aperto, magari sotto la pioggia in inverno. Per noi, insomma, non vi è alcuna considerazione.
Il fatto di non essere neppure nominati è esattamente equivalente alla situazione degli omosessuali di 50, 40 o 30 anni fa, quando non erano neppure menzionati. Gli omosessuali non hanno risolto i loro problemi, ma grazie al loro movimento, ai loro outing, al fatto di uscire allo scoperto e protestare, insomma di manifestarsi, si può parlare normalmente di omosessualità. Vi sono persone che vogliono dare loro diritti ed altre che non lo vogliono, tuttavia gli omosessuali esistono. Mi sembra invece che gli atei non esistano. Non so cosa avviene negli ambienti colti, forse la situazione è migliore nelle università. Tuttavia, in genere noi non esistiamo.
Il relatore afferma che gli atei hanno dei diritti, ma nell'articolato non siamo presenti. Accade così questa volta e così è accaduto anche la volta precedente. Margiotta Broglio aveva scritto che abbiamo diritti da tutelare, ma poi siamo spariti. Chiedo pertanto che questa legge ci prenda in considerazione. In ambito internazionale, nell'Unione europea, ogni volta che si fa una riunione o si firma un documento (ad esempio il trattato di Nizza) si parla sempre di libertà di
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religione o di ateismo o di umanesimo. Nella pratica questo non viene mai preso in considerazione.
Vorrei leggere un passaggio del documento finale della conferenza consultiva internazionale sull'educazione scolastica, in relazione con la libertà di religione e di credenza, tolleranza e non discriminazione, organizzata dall'ONU a Madrid nel novembre 2001, dove si precisa che il documento è stato redatto «con l'intesa che la libertà di religione o credenza include convinzioni teiste, non teiste ed atee così come il diritto di non professare alcun credo religioso». Inoltre, vorrei leggere il passaggio seguente: «Alle associazioni religiose vengono equiparate quelle associazioni che perseguono il fine di coltivare una comune concezione del mondo». Si tratta di un documento tedesco. L'Italia ha firmato la Carta dei diritti dell'uomo, quella dell'Unione europea del 1950...
MARCO BOATO. Del Consiglio d'Europa.
GIORGIO VILLELLA, Segretario nazionale dell'Unione atei agnostici razionalisti. In ogni caso, in Italia non vi è stata alcuna conseguenza derivante dalla sottoscrizione di tali atti, infatti noi siamo considerati come non esistenti.
Sono stato il primo in Italia a chiedere che i crocifissi fossero tolti; lo avevo chiesto alla Corte costituzionale, che solo dopo tre o quattro anni ha tolto il crocifisso. Un nostro socio ha chiesto che fosse tolto il crocifisso dalla scuola media di Abano frequentata dai suoi due figli, ma i giornali non ne hanno parlato. Quando tale richiesta è stata fatta da Adel Smith, che ha copiato dal nostro sito la relativa domanda, tutti i giornali ne hanno parlato. Se ne parla quando la questione riguarda i musulmani!
Il fatto che il 50 per cento dei bambini appartengano a famiglie che non fanno alcun riferimento alla religione non
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interessa a nessuno; interessa solo il musulmano. Sono contento che i diritti dei musulmani, dei valdesi, dei buddhisti, degli ebrei vengano rispettati, tuttavia spero che sia rispettato anche il nostro diritto a dare ai nostri figli un'educazione laica e serena. Io ho avuto tre figli e li ho educati ad essere contenti, ottimisti, molto responsabili delle proprie azioni e a non sentire nessuna colpa per quello che hanno fatto gli altri. Questa visione di responsabilità personale, e non di responsabilità dei nostri antenati, veniva compromessa nella scuola pubblica perché alle elementari e alla materna non era possibile esonerare i bambini dall'ora di religione. Dunque, ho scoperto che i miei figli conoscevano le preghiere cattoliche, essendo costretti a prendere parte all'ora di religione. Non capisco perché io non possa impartire ai miei figli un'educazione non religiosa, non superstiziosa, non colpevolizzante, non di peccato. Ho insegnato ai miei figli ad essere onesti, leali e a pagare le tasse. Pertanto, la scuola deve essere organizzata in modo neutro.
È giusto che i cattolici possano educare i propri figli nelle famiglie, nelle parrocchie, attraverso i ritiri spirituali, ma non è giusto che lo Stato ponga dei limiti a noi che vogliamo dare ai nostri figli un tipo di educazione completamente opposta a quella sostenuta dalle religioni.
Allora abitavo a Roma, mia moglie era una giovane assistente universitaria e sono stato costretto a trasferirmi in Inghilterra per riuscire ad educare in modo diverso i miei figli. Per tre volte abbiamo alternato la nostra residenza tra l'Italia e l'Inghilterra e in quest'ultimo paese mi sono trovato benissimo, perché i miei figli non subivano alcuna pressione dal punto di vista religioso. Recentemente sono tornato in Inghilterra per organizzare sul nostro sito la questione relativa a come difendere i genitori che hanno problemi con l'ora
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alternativa. Mi sono recato presso un'associazione inglese omologa alla mia, la British Humanist Association (BHA), dove mi hanno spiegato che in Inghilterra, nelle scuole elementari, le ore di religione sono ripartite in modo che siano insegnate tutte le religioni, considerando anche gli atei.
Il problema fondamentale con riferimento all'ora di religione è che lo Stato ha organizzato molto bene l'insegnamento della religione cattolica, prevedendo appositi docenti pagati sempre dallo Stato, mentre quando si vuole svolgere l'ora alternativa questa è a carico della scuola.
Molti genitori mi scrivono dicendo che i propri figli, pur essendo stati educati in senso ateo, chiedono loro di poter fare la comunione, perché a scuola le maestre non fanno altro che parlare di questo sacramento. Il mio consiglio, pertanto, è stato quello di organizzare, nello stesso giorno in cui hanno luogo le comunioni, una gita a Gardaland. Due bambini che hanno seguito il mio consiglio e che, una volta tornati a scuola, hanno raccontato ai compagni di aver visto i dinosauri sono stati rimproverati dai genitori degli altri bambini perché avrebbero rovinato la prima comunione dei propri figli, alcuni dei quali avrebbero preferito andare a Gardaland anziché fare la prima comunione.
CARLO GIOVANARDI. Di domenica? Che c'entra la scuola con la domenica?
GIORGIO VILLELLA, Segretario nazionale dell'Unione atei agnostici razionalisti. Questo è avvenuto il lunedì.
Dunque, perché dobbiamo ricorrere a tutta questa creatività affinché i nostri figli siano rispettati? Perché non far frequentare ai cattolici un'ora di ateismo e agli atei un'ora di insegnamento della religione cattolica? Se ai miei figli non fa male frequentare l'ora di religione, ai cattolici non farebbe
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male frequentare un'ora di ateismo! In Inghilterra si insegna un po' di tutto, affinché i bambini abbiano un quadro completo delle diverse religioni. Tuttavia, perché ciò si attui occorre che il Parlamento, nella predisposizione dei provvedimenti legislativi, preveda esplicitamente gli atei.
In ambito internazionale si fa riferimento alle religioni e alle associazioni filosofiche non confessionali. I filosofi riflettono su cos'è la vita, cos'è la morte, che senso ha vivere, chi ha creato il mondo; questi sono i problemi fondamentali della filosofia. Chi fa filosofia non confessionale ha una visione diversa, non religiosa, ma i problemi sono sempre gli stessi. Quindi, chiedo che questa legge si riferisca alla libertà, ai diritti e ai doveri delle religioni e delle associazioni filosofiche non confessionali. L'Italia, in ambito internazionale, ha già firmato alcuni atti che vanno in questa direzione.
Ora darei un'occhiata veloce al testo del provvedimento per dare i nostri suggerimenti. Già nel titolo della proposta di legge, «Norme sulla libertà religiosa e abrogazione della legislazione sui culti ammessi», non si accenna nemmeno di sfuggita all'ateismo.
L'onorevole Zaccaria poc'anzi ha detto che avete intenzione di aggiungere un articolo ...
ROBERTO ZACCARIA. Ci è stato suggerito.
GIORGIO VILLELLA, Segretario nazionale dell'Unione atei agnostici razionalisti. Va bene.
A me non piacciono le parole «coscienza» o «credenza»; in inglese c'è il termine «belief» che vuol dire sia «convinzione» sia «credo». Per questo si parla di religione o di credo, ma per «credo» in genere s'intende quello di una persona che è stata educata ad una religione - per esempio, in Italia, il cattolicesimo - e che, ad un certo momento, se ne distacca,
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anche se non completamente; infatti, non dichiara di non essere religioso, non si occupa più di religione, ma mantiene una vaga credenza sull'esistenza di Dio, dell'anima e via dicendo. Io, invece, voglio che si parli di quelli che non hanno nessuna religione, cioè di quelli che sono al di fuori di ogni religione; quindi, quando si parla di credenti si deve fare riferimento a persone che hanno convinzioni atee oppure filosofiche non confessionali.
ROBERTO ZACCARIA. La libertà di coscienza non è la stessa cosa?
GIORGIO VILLELLA, Segretario nazionale dell'Unione atei agnostici razionalisti. La libertà di coscienza, che viene citata nel testo del provvedimento, non è esattamente riferibile all'ateismo. Alcuni individui intendono in questo modo, ma si può intendere anche in maniera diversa; io, invece, vorrei che fosse detto in modo esplicito.
Ormai in tutto il mondo occidentale l'ateismo è molto diffuso e ciò vale anche per l'Italia, dove esiste ma non lo si nomina. Negli ultimi anni sono stati pubblicati circa cinquanta libri sull'ateismo e molti filosofi scrivono sull'ateismo. In America fino ad alcuni mesi fa il best seller era il libro di Dawkins - uno scienziato di Oxford molto famoso che ha scritto L'orologiaio cieco e altri libri sul darwinismo - intitolato Contro le religioni, in cui si dice che le religioni sono negative nell'educazione dei bambini. Questo libro è stato il best seller in America; cinquant'anni fa non lo sarebbe stato, però adesso è così. Se le persone non si sposano in chiesa significa che non interessa loro commettere un peccato mortale nel convivere senza sposarsi in chiesa ....
ROBERTO ZACCARIA. Interloquisco solo perché nell'articolo 2 della proposta di legge è scritto: «La libertà di coscienza
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e di religione comprende il diritto di professare (...). Comprende, inoltre, il diritto di mutare religione o credenza o di non averne alcuna».
MARCO BOATO. Lo sa, l'ha detto anche l'altra volta (Commenti).
ROBERTO ZACCARIA. Lo so, lo so, ma era solo per dire che in realtà non c'è un'assenza totale; anzi, questa (Commenti del deputato Boato)...
GIORGIO VILLELLA, Segretario nazionale dell'Unione atei agnostici razionalisti. A ciò non segue concretamente niente. Condividiamo l'enunciazione di principio. La Corte costituzionale ha sancito che il principio di laicità è supremo e che la libertà di religione significa anche non avere religione; ma queste sono affermazioni di principio che vorrei venissero enunciate anche nell'articolato.
Nell'articolo 6 si afferma: «La libertà religiosa comprende il diritto di aderire liberamente ad una confessione o associazione religiosa e di recedere da essa, nonché il diritto di partecipazione, senza ingerenza da parte dello Stato, alla vita (...). Non possono essere posti in essere atti aventi lo scopo di discriminare, nuocere o recare molestia a coloro che hanno esercitato i diritti di cui al comma 1». Anche in questo articolo gli atei sono assenti. Lo Stato non può ingerire nei confronti di una confessione religiosa, ma può farlo nei confronti della filosofia di vita degli altri? Con questo articolo si proteggono le religione da ogni ingerenza dello Stato, mentre nessuno mi protegge quando lo Stato s'intromette nella mia famiglia e nell'educazione dei miei figli; quindi, anche in questo articolo bisognerebbe aggiungere qualcosa.
All'articolo 8, comma 3, si enuncia: «In caso di decesso in servizio dei soggetti di cui al comma 1, che appartengono ad
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una confessione avente personalità giuridica, l'ente di appartenenza adotta le misure necessarie, d'intesa con i familiari del defunto, per assicurare che le esequie siano celebrate da un ministro di culto della confessione di appartenenza». Gli atei non possono fare un funerale? Anche in questo articolo si dovrebbe aggiungere una disposizione tesa a garantire anche a noi atei il diritto a funerali laici.
A tale proposito esprimo un'altra osservazione che non è proprio attinente a questo provvedimento: tra i morti di Nassyria c'era un carabiniere che era divorziato e conviveva con un'altra donna che, al momento dei funerali di Stato, è stata allontanata dai carabinieri che stavano fuori dalla chiesa...
PRESIDENTE. Non era un carabiniere, ma un giornalista.
GIORGIO VILLELLA, Segretario nazionale dell'Unione atei agnostici razionalisti. Va bene. Comunque i carabinieri l'hanno allontanata dai funerali di Stato...
MARCO BOATO. Era la convivente del laico, dell'unico non militare.
CARLO GIOVANARDI. Aveva due conviventi. L'altra ha scritto dicendo che era lei... e la figlia ha detto: se viene lei, non vengo io al funerale.
MARCO BOATO. Presidente, potremmo evitare di far risultare nel resoconto queste ultime affermazioni ...
GIORGIO VILLELLA, Segretario nazionale dell'Unione atei agnostici razionalisti. Va bene, sono d'accordo anch'io perché l'argomento era fuori tema.
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PRESIDENTE. Restituisco la parola al segretario Villella.
GIORGIO VILLELLA, Segretario nazionale dell'Unione atei agnostici razionalisti. Nell'articolo 12 si dichiara: «Nelle scuole pubbliche di ogni ordine e grado l'insegnamento è impartito nel rispetto della libertà di coscienza e della pari dignità senza distinzione di religione». Anche in questo caso si parla soltanto di religioni, cioè ci si preoccupa di non distinguere le religioni, senza badare a quel 50 per cento della popolazione che non ha nessuna religione di riferimento. Al comma 2 dell'articolo 12 si afferma: «Su richiesta degli alunni e dei loro genitori le istituzioni scolastiche possono organizzare, nell'ambito delle attività di promozione culturale, sociale e civile previste dall'ordinamento scolastico, libere attività complementari relative al fenomeno religioso e alle sue applicazioni, in conformità ai criteri e con le modalità stabilite da tale ordinamento» (Commenti)...
Il capo secondo si intitola «Confessioni e associazioni religiose»: e noi atei dove siamo?
All'articolo 15 è scritto: «.... fare propaganda della propria fede religiosa e delle proprie credenze». Concordo sull'esigenza che ciascuna confessione sia libera di diffondere la propria fede e le proprie credenze; però, ritengo che anche noi atei ne dovremmo avere diritto. Il vescovo di Padova - mi sembra nel mese di maggio - ha compiuto delle visite pastorali nelle scuole senza prima chiedere se fosse possibile andare; infatti, ha incaricato il suo segretario di inviare una lettera ad una scuola, avvertendo che in un determinato giorno, e in una determinata ora, si sarebbe recato nella scuola per la consueta visita pastorale, pregando di invitare anche i genitori degli alunni. La direttrice di una scuola ha risposto che non poteva interrompere le lezioni; infatti, nella legge con cui il Parlamento ha approvato l'intesa tra i valdesi e lo Stato si dice che
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in orario scolastico non si possono svolgere atti di culto e religiosi in genere. Quella direttrice, rispettando la legge, ha invitato il vescovo a visitare la scuola di pomeriggio perché la mattina non era possibile. Apriti cielo! Per questo diniego è successo il finimondo, tutti i giornali ...
CARLO GIOVANARDI. Anche gli ex terroristi vanno a parlare nelle scuole! Dipende dalla scuola!
GIORGIO VILLELLA, Segretario nazionale dell'Unione atei agnostici razionalisti. Sì, ma lui non chiede e va. Per il fatto che in questa scuola non poteva andare il vescovo si è arrabbiato (Commenti)...
PRESIDENTE. Solo che non abbiamo ancora fatto una legge che vieti agli ex terroristi di parlare nelle scuole. Bisogna introdurre un comma ad hoc (Commenti)!
CARLO GIOVANARDI. Questa è l'autonomia scolastica ...
GIORGIO VILLELLA, Segretario nazionale dell'Unione atei agnostici razionalisti. Comunque io in quell'occasione, per tastare il terreno, ho inviato sette raccomandate con ricevuta di ritorno ad altrettanti istituti superiori - licei - di Padova, chiedendo di potermi recare nella scuola di pomeriggio per parlare con gli alunni del triennio superiore, ma non ha risposto nessuno.
Il vescovo scrive che andrà il mercoledì dalle 10 alle 11 e si reca nelle scuole pubbliche italiane; io chiedo di andare nel pomeriggio e non dai bambini dell'asilo e delle elementari. Infatti, non voglio intromettermi nell'educazione che le famiglie cattoliche danno ai loro figli e non voglio andare a parlare di ateismo a bambini di otto, dieci o dodici anni, ma a ragazzi di sedici, diciassette e diciotto anni. Le scuole non mi hanno neanche risposto.
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Occorre quindi inserire in questa proposta di legge una norma specifica che tuteli il nostro diritto ad essere considerate dallo Stato persone normali; a me non importa che la Chiesa mi consideri negativamente e ciò vale anche per la considerazione che di me hanno i musulmani, ma a me non va bene che il mio Stato mi tratti come fa con me la chiesa cattolica. Io voglio avere lo stesso rispetto che hanno gli altri. Io concedo il mio rispetto; nel nostro statuto è scritto che non facciamo proselitismo, non cerchiamo di convincere nessuno. Se c'è la vecchietta che non vede l'ora di morire per ricongiungersi in paradiso con il suo amato bene, non sarò io a dirle che il paradiso non esiste, sono fatti loro. Però vorrei che il Parlamento italiano votasse in maniera tale che i nostri diritti fossero riconosciuti al pari di quelli delle altre religioni.
La mia associazione nel 1994 ha fatto domanda di intesa con lo Stato e siamo citati in certi libri di diritto ecclesiastico, in cui vi è qualche pagina dedicata alla nostra associazione di atei. Naturalmente non ci hanno mai risposto. Il primo rappresentante di Governo che ci ha risposto è stato Dini. A quell'epoca i governi duravano sei mesi o un anno e quindi, non ricevendo risposta, ogni volta che cambiava il Governo dovevamo fare una nuova domanda. Il Primo ministro Dini ci ha risposto dicendoci che noi non siamo una religione e che non abbiamo culti, quindi nessun diritto. Abbiamo subito fatto ricorso al TAR o al Consiglio di Stato direttamente - adesso non ricordo bene la procedura adottata dai nostri avvocati - e ci hanno dato torto annullando la risposta del Primo ministro, perché formalmente non era corretta in quanto era stato il Presidente del Consiglio a rispondere, quando invece avrebbe dovuto farlo qualcun altro. Insomma, c'è stato un errore formale ma non sostanziale. Abbiamo ripresentato la domanda e ci hanno risposto di nuovo, abbiamo nuovamente
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fatto ricorso e adesso finalmente andiamo in Europa. Io non so come andrà a finire e probabilmente non ci sarà un buon esito nemmeno in Europa; tuttavia mi sento discriminato se non avrò gli stessi diritti delle altre confessioni.
Mi occupo di religione come se ne occupano i religiosi. Secondo le religioni che credono in un Dio, la risposta alla domanda sul motivo per cui siamo al mondo, su chi ha creato il mondo, su cosa succederà dopo la morte, è Dio; ciò vale non per tutte le religioni, in quanto i buddisti non hanno Dio ma la loro è anch'essa considerata una religione, mentre gli induisti hanno tanti dei e quindi non sarebbero una religione al pari di quelle che credono in un solo Dio. Tutti quanti ci occupiamo però delle stesse questioni: che senso ha la mia vita? Cosa succederà quando muoio? Come mai esisto? Chi ha fatto il mondo? Questo problema se lo pongono le persone che si rivolgono alla religione e le persone che si fanno una filosofia atea...
PRESIDENTE. Scusi, ma vorrei far presente qual è il problema. Religione e filosofia sono due cose diverse. Lei pone domande filosofiche, le religioni risolvono tali domande.
GIORGIO VILLELLA. Segretario nazionale dell'Unione atei agnostici razionalisti. Anche noi le risolviamo...
PRESIDENTE. Sul piano filosofico, però. C'è una differenza di fondo tra religione e «confessione atea». Io la rispetto, ma il problema della parificazione alle religioni è un punto delicato, perché l'ateismo non è una religione. Qui invece stiamo parlando del pari rapporto tra religioni, cioè tra visioni della vita che guardano ad un futuro al di là della morte. Questa è la religione.
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ROBERTO ZACCARIA. Oppure parliamo del pari rapporto anche tra visioni che la negano. Sono tuttavia d'accordo con il presidente: l'ateismo non è una religione.
PRESIDENTE. No, infatti. In questo caso bisogna vedere se la legge vada allargata al di là delle religioni, vale a dire comprendendo le opinioni e le filosofie del mondo che non prevedono la vita su un altro terreno. Questo è il punto.
CINZIA DATO. Al riguardo, se posso intervenire, credo che vi sia un aspetto, al di là dell'ateismo. Si può anche essere credenti e rivendicare la moralità e rivendicare la moralità e l'etica in capo alla natura umana, non riportando alcun valore alla rivelazione o alcuna logica del proprio comportamento all'imposizione della gerarchia e, allo stesso tempo, essere credenti. Ciò significa rivendicare la moralità e l'etica intrinseca all'umanità. Questo ha poco spazio. Quando si svolgono le grandi manifestazioni - ricordo il sindaco di Roma che ne ha indette alcune in occasione di eventi drammatici - in cui sono sul palco i rappresentanti delle tre religioni monoteiste, c'è chi si sente mortificato e si sente da meno non perché non sia un credente, ma perché vede mortificato il riconoscimento della moralità intrinseca dell'essere umano. Questo è un problema importante e forse anche elementare in termini del liberalismo, se risaliamo alle concezioni di Benjamin Constant della «libertà da»; non basta la «libertà di», ma è una «libertà da». Noi lo affrontiamo in altri termini, ma rispetto a questo sistema di valori, riflessioni filosofiche, tipologie di risposte o di approccio, davvero nel nostro paese siamo indietro.
PRESIDENTE. Onorevole Dato, vorrei rilevare che la sua posizione è diversa rispetto a quella di cui sta parlando il dottor Villella. É un'altra posizione ancora.
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CINZIA DATO. Sì, ma voglio dire che il problema in esame non è avvertito soltanto da persone che non credono, ma anche dai credenti. Io posso citare intellettuali; ad esempio, credo che sarebbe d'accordo con me Claudio Magris. Vi è il riconoscimento di una moralità e dignità intrinseca nell'umanità e nell'essere umano che prescinde da una rivelazione o dall'obbedienza alla gerarchia. Quando qualche mia collega in dibattiti recenti - come ricorderà anche l'onorevole Giovanardi, visto che ci siamo incontrati alcune volte durante il passato referendum - mi ha detto : «Io credo in questi valori perché sono cattolica», l'ho implorata di dirmi invece di essere cattolica perché crede in questi valori! Infatti, la laicità non è avere valori diversi, ma il partire dal valore e considerare questo irrinunciabile e per il medesimo valore mettersi anche contro la propria Chiesa o contro il proprio partito. Questa è la differenza della laicità, cioè tenere molto all'etica, a prescindere dal credo religioso.
PRESIDENTE. Do ora la parola a Giorgio Villella per concludere.
GIORGIO VILLELLA. Segretario nazionale dell'Unione atei agnostici razionalisti. Volevo dire che sia le religioni sia le filosofie atee sono concezioni del mondo. Si fa una legge perché la Costituzione tutela le religioni, ma la Costituzione tutela anche l'ateismo alla stessa maniera. Dunque è giusto secondo me - e lo chiedo qui, ma poi sarete voi a decidere - parificare la nostra concezione del mondo alle altre. Pertanto lo Stato non deve preferire le concezioni del mondo religiose a quelle non religiose, ma difenderle tutte perché la libertà di coscienza deve essere uguale per tutti. Inoltre, se come atei fossimo inseriti in questa legge potremmo certamente affrontare meglio dei problemi concreti. Io sono andato
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via da Roma tanti anni fa, perché non sopportavo l'idea che i miei figli a scuola imparassero a pregare, a farsi il segno della croce e a conoscere le storie sui santi: ad esempio - se ricordo bene - che santa Giustina fosse stata bruciata viva lo imparavano a scuola. Io avevo iscritto i miei figli non ad una scuola cattolica, ma ad una pubblica, cui dovevo peraltro mandarli per legge. Quindi, se non parificate l'ateismo in questa proposta di legge ci saranno sempre problemi - come molti soci ci scrivono ogni giorno - dovuti al fatto che le istituzioni non sono laiche.
Mi chiedo perché i funerali di Stato debbano essere celebrati in chiesa. I funerali di Stato si fanno in prefettura, in municipio, al Campidoglio, perché si devono fare in chiesa? Si dà per scontato che, se muoiono venticinque persone, sono tutte cattoliche? Oppure, se si va in ospedale, perché si trova solo il sacerdote? In altri paesi europei c'è anche lo psicologo ateo che aiuta e sostiene il moribondo. Nel caso dei militari, ancora, ho il caso di mio figlio che, quando ha fatto il servizio militare, ha dichiarato di essere ateo; dopo tre giorni gli hanno dato la medaglietta con la scritta «cattolico». É tornato dal sergente dicendo che c'era stato un errore e quello invece gli ha risposto di stare zitto, a pena di pulire i «cessi» tutte le domeniche. Lui è stato zitto e così mio figlio risulta cattolico. Ma perché lo Stato deve esercitare continuamente questa prepotenza nei confronti di una fetta della popolazione che non ammonta a soli 35 mila come i valdesi, ma a ben 10 milioni di persone che non fanno nessun riferimento ad alcuna divinità? Sono sicuro che se qui dentro chiedessimo a tutti, dagli uscieri al presidente, molti di voi dichiarerebbero di non essere cattolici. Allora occorrerebbero leggi che soddisfino anche gli atei e che innanzitutto ci nominino; infatti non siamo mai menzionati.
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PRESIDENTE. La dottoressa vuole dire qualcosa?
GIORGIO VILLELLA. Segretario nazionale dell'Unione atei agnostici razionalisti. Vorrei presentare, in conclusione, la dottoressa Sgroia. Nel nostro sito, che è il sito più visitato d'Italia, abbiamo aperto una sessione sull'ora alternativa, perché la gente protesta continuamente nei confronti della medesima. La dottoressa Sgroia è la responsabile e può documentare il disagio di molti italiani per l'ora alternativa, così com'è organizzata.
ROSALBA SGROIA, Rappresentante dell'Unione atei agnostici razionalisti. Presidente, sono un'insegnante della scuola elementare, laureata in psicologia. Ho vissuto sulla mia pelle, come genitore, la discriminazione nei confronti di mia figlia in una scuola materna comunale di Roma. Ho iniziato a protestare, quando ho constatato che mia figlia, pur non avvalendosi dell'ora di religione, pregava (non con l'insegnante di religione, ma con un'altra insegnante) e veniva discriminata rispetto ai bambini di tre anni o quattro anni perché non credeva che esistesse il diavolo sotto terra (come le veniva detto) e prendeva schiaffi dagli altri bambini, che sostenevano che sarebbe andata all'inferno. Probabilmente, non lo diceva l'insegnante, ma sono frasi che comunemente si ripetono.
Se per la scuola statale la legge prevede quattro opzioni, per la scuola comunale si prevedono solo due alternative: frequentare l'ora di religione o non frequentarla. Non sono previste altra possibilità.
Abbiamo pensato di avviare questo progetto dell'ora alternativa per rendere esplicita una dissonanza contestuale all'interno delle nostre istituzioni scolastiche. Il progetto dell'ora alternativa consiste in un laboratorio on line, per cui tutti, indistintamente, anche le persone che vogliono dare contributi
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dal punto di vista di altre religioni, possono inviare materiale, per offrire agli insegnanti la possibilità di scegliere un piano di studio, dalla materna alle scuole superiori.
Devo dire che il progetto sta procedendo molto, molto bene. Innanzitutto, offriamo riferimenti normativi (quindi, vademecum). Molti genitori sono spaesati anche perché nelle scuole, pur essendoci un modulo preciso con quattro opzioni, a volte le stesse passano sottobanco e non vengono prospettate le possibilità; inoltre, si sollevano molti problemi, dall'impossibilità di uscire prima all'impossibilità di svolgere l'ora alternativa, ed il bambino viene spostato a destra e a sinistra; vi è, dunque, un vuoto normativo che la stessa Clotilde Pontecorvo ha esplicitato in un libro: anche se esistono leggi, le stesse non tutelano fino in fondo.
Il primo obiettivo è una reale parità tra chi si avvale dell'insegnamento della religione cattolica nella scuola pubblica e chi decide di non avvalersene; in particolare, questo progetto è rivolto a genitori, studenti, insegnanti, a chi è interessato alle attività formative, alternative previste dalla legge, a chi incontra difficoltà finanziarie, normative ed organizzative che ne impediscano l'attuazione.
Il secondo obiettivo del progetto, più ambizioso e sostanziale, è il superamento dell'attuale sistema educativo, che discrimina gli scolari in base alle scelte religiose; a volte le famiglie sono indotte a far frequentare ai propri figli l'ora di religione. Lo dico dall'interno, nel senso che, più volte, mi è capitato di ascoltare discorsi del tipo: che male fa?
Parlando con l'onorevole Stefania Craxi, le dissi che, nel 1984, durante il Governo presieduto da suo padre, fu deciso che la religione cattolica non fosse più la religione ufficiale dello Stato italiano; purtroppo, però, erano state inserite due
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ore di religione cattolica nelle scuole materne (devo dire che, dal punto di vista psicologico, ciò è abbastanza particolare).
Quando poi si sostiene che l'ora di religione cattolica non viene insegnata nella scuola materna, ma che si insegna solo, à la page, l'educazione all'amore e all'amicizia, mi chiedo per quale motivo sia stata inserita l'ora di religione cattolica, quando non si deve fare l'ora di religione cattolica, quando io, come insegnante laica - non atea, ma laica - insegno i valori dell'etica intrinseca all'essere umano! Anzi, abbiamo anche scritto dei libricini e abbiamo fatto filosofia, ma non ho dato risposte; sono stati i bambini che hanno elaborato il pensiero. Quindi, insegnare a pensare.
Ecco che le dissonanze contestuali, le stranezze, escono fuori. Come diceva il segretario Villella, nelle scuole vengono recitate le preghiere. Non sono contemplate le preghiere nella scuola pubblica! Ciò non perché non si debbano fare in assoluto: esistono dei luoghi preposti a questo. Tutto qui.
Lavorando insieme a questo progetto, l'obiettivo è di realizzare un sistema educativo che non discrimini più tra cattolici e non cattolici. Potrebbe diventare veramente qualcosa di più di un semplice desiderio ed il problema non esiste. Anche in politica, spesso, i giornali parlano di contrapposizione tra laici e cattolici: no, è tra laici e confessionalisti! Questa è la realtà.
Quindi, esprimiamo massimo rispetto per l'opinione personale religiosa, ma vogliamo essere rispettati.
CARLO GIOVANARDI. Presidente, con ammirazione, ho ascoltato le parole del segretario Villella, che ha veramente un compito immane davanti a sé; infatti, se l'obiettivo che si pone è cancellare i simboli che in Italia, nelle strade, nelle piazze, nelle chiese, stratificati in duemila anni di storia, rappresentano il cristianesimo, come la croce, avrà un gran da fare,
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anche nel futuro (richiamo l'esempio degli Stati Uniti, che sono un paese civile: cancellare God we trust sulle monete americane).
Il problema è che la nostra storia è figlia di una stratificazione secolare. Esiste anche un problema di cultura generale; arrivo subito al dunque, ma devo svolgere alcune riflessioni.
Secondo voi, un ragazzo può formarsi senza capire cosa è successo in Italia negli ultimi duemila anni, anche a livello religioso, se non conosce il Padre Nostro, come cultura generale, se non ha quel minimo di cultura religiosa che gli fa capire perché 1.600 anni fa Seneca, Cicerone e i più grandi ingegni romani, la domenica, andavano a vedere gli schiavi sbudellati, divertendosi moltissimo, perché ritenevano che la vita umana, se non si era cittadino romano, non valesse nulla? É successo qualcosa che ha messo in moto una riflessione, che ha superato questa visione di un tempo. Il cristianesimo qualche apporto l'ha avuto! Fa parte della storia dell'umanità.
Siamo tutti maggiorenni e vaccinati e sappiamo che occorre trovare degli equilibri, perché abbiamo esempi storici attuali: l'Iran è una teocrazia e la religione è tutto. In Albania, fino a dieci anni fa, era inserito nella Costituzione che Dio non esiste, l'ateismo era di Stato, e si è visto il bel prodotto umano che si è creato in Albania con l'ateismo di Stato, con la cancellazione di ogni ispirazione religiosa! Mi sembrano due esempi ben lontani dalla nostra Costituzione.
Noi abbiamo problemi diversi. Abbiamo il problema di una stratificazione di duemila anni di religiosità che si è vincolata attraverso il cattolicesimo; in più, abbiamo 120 nuove etnie, in Italia, e persone che rappresentano 5, 10, 15, 20 confessioni religiose, tra cui quella musulmana, che ha già un milione di
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praticanti. Queste sono confessioni religiose! Sono persone che credono in un messaggio religioso, trascendente o non trascendente.
I 10 milioni di atei non sono 10 milioni di persone che aderiscono ad un progetto; ammesso che siano 10 milioni, vi saranno agnostici, atei in servizio permanente effettivo, persone che hanno crisi religiose, che sono atei e poi si convertono; ma, sicuramente, nessuno può dire in Parlamento, oggi, quando ci si confronta con voi, che dieci milioni di persone in Italia aderiscono ad un progetto e che, essendo un fenomeno talmente vasto e radicato, lo Stato italiano deve pensare a concludere un accordo. Esisteranno, forse, centinaia di migliaia, milioni di posizioni individuali, che vanno dall'ateismo militante all'agnosticismo, all'ateismo (nonostante si decida di mandare i figli alla scuola cattolica perché si vuole per loro un'educazione cattolica), a tutte le variegate situazioni che conosciamo benissimo e che sono figlie della storia.
Tuttavia, agli effetti pratici, quello che ha affermato il segretario, forse, poteva essere detto vent'anni fa. Infatti, i problemi che ha lamentato, negli ultimi vent'anni, sono tutti spariti. Con l'evoluzione della società, del costume e della legislazione, tali problemi, che potevano nascere in un paesino del Veneto, in cui il 100 per cento della popolazione era cattolica, non esistono più in gran parte d'Italia, dove i funerali civili sono già la metà dei funerali in generale. Nelle città italiane, dove ormai i funerali civili sono la metà, tutti si sono attrezzati per dare dignità alla sepoltura civile per chi non vuole la sepoltura religiosa. Abbiamo avuto problemi con varie confessioni religiose; altro che la sepoltura musulmana, la sepoltura ebraica! I cimiteri delle città si adeguano ad una religione che prevede che il corpo sia sepolto in una certa maniera, con il viso rivolto verso la Mecca, e così via. Si tratta
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di problemi reali relativi alla libertà religiosa di chi, professando un certo credo, non vuole essere discriminato e nel momento della morte vuole essere sepolto secondo la sua religione. Il problema dei funerali è stato superato: si tratta di vicende dolorose di vent'anni fa, che oggi non accadono più.
Il problema della scuola è stato risolto: c'è stato un Concordato e l'ora di religione è facoltativa. Possono esservi problemi di costume - questo sì - perché viviamo in un paese che ancora ha una sua sensibilità ed una sua cultura, che rispettano una storia ed una tradizione che vede nel cristianesimo una presenza attiva e vivente. È difficile dire che in questa proposta di legge, che in base alla Costituzione rispetta ancora Concordato e intese, non vi sia anche una fotografia di un'Italia che è ancora all'interno delle suddette dimensioni. Però, la dimensione dell'ateismo fatica a trovare presenza all'interno di una legge, se non nel dire che nel nostro paese ognuno è libero di avere il suo credo religioso e di poterlo propagandare, così come è libero di propagandare l'ateismo se ritiene di svolgere una missione filosofica più che religiosa. Infatti, propagandare l'ateismo significa insegnare a non credere al trascendente, ad una forma di vita al di là della morte, al Creatore per il monoteismo o ad una pluralità di dei per altre religioni: si tratta di imparare a vivere prescindendo da tutto questo.
Questa è una visione filosofica della vita, non un'organizzazione religiosa che intenda comportarsi come le religioni che abbiamo sentito questa mattina, le quali, convinte ognuna - giustamente - di avere la verità rivelata in mano, reclamano il diritto, in parità di condizioni rispetto alle altre, di esercitare la loro credenza.
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Quindi, una volta risolto il problema dei funerali, che non esiste più, perché i funerali civili ormai superano i funerali religiosi...
GIORGIO VILLELLA. Segretario nazionale dell'Unione atei agnostici razionalisti. In molti comuni attualmente non si può portare la salma dall'ospedale o dalla casa del defunto: si deve portare direttamente al cimitero.
PRESIDENTE. Forse, può capitare che in molti paesi piccoli su questo tema vi sia una minore sensibilità. Nelle grandi città la situazione è sicuramente quella che dice lei, onorevole Giovanardi, ma forse nei paesi più piccoli c'è una minore disponibilità su tali questioni.
CARLO GIOVANARDI. Sarà un problema di contenitore, perché in un paese piccolo la chiesa esiste ma difficilmente c'è qualcosa di alternativo. Dunque, in un paese piccolo, dove può essere trasportata la salma se non direttamente al cimitero?
GIORGIO VILLELLA. Segretario nazionale dell'Unione atei agnostici razionalisti. Si può fermare in comune, nel municipio.
CARLO GIOVANARDI. Però, in municipio c'è una tradizione italiana per cui vengono fatti i funerali quando si tratta di personalità. Ho qualche dubbio che in una legge sulla libertà religiosa possano essere affrontati e risolti questi problemi, anche perché sono multiformi le espressioni di ateismo, di agnosticismo o di rifiuto di un funerale religioso. Inoltre, non so quanto in questo possano entrare i regolamenti comunali. Ad esempio, fino a qualche anno fa, i matrimoni civili erano talmente rari che i comuni non erano attrezzati con sale adeguate.
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ROBERTO ZACCARIA. È un problema di soldi.
CARLO GIOVANARDI. I comuni, essendo aumentato il numero dei matrimoni civili, si sono tutti adeguati a dare anche al matrimonio civile...
MARCO BOATO. Una certa solennità.
CARLO GIOVANARDI. Sì, una certa solennità, sale appositamente destinate a ciò. Non si trattava di un pregiudizio religioso o di una discriminazione; semplicemente, quando di matrimonio civile ce ne era uno ogni dieci anni, il comune non pensava di spendere in quella direzione. Quindi, è giusto eliminare le discriminazioni, ma non vedo come, al di là di un generico riferimento alla libertà di propagandare l'ateismo, questo possa essere parificato ad una delle confessioni religiose che, nelle tre graduazioni di cui stiamo parlando, possono avere riconoscimento.
GIORGIO VILLELLA. Segretario nazionale dell'Unione atei agnostici razionalisti. Noi non pensiamo di togliere i crocifissi e non vogliamo che nei musei dove c'è una Madonna di Leonardo questa sia tolta. Vogliamo che negli edifici pubblici, nelle scuole, nelle classi dove vanno i bambini, non ci sia il crocifisso.
CARLO GIOVANARDI. C'è da sempre!
GIORGIO VILLELLA. Segretario nazionale dell'Unione atei agnostici razionalisti. Non vogliamo togliere niente, vogliamo solo che nei tribunali, nelle scuole, non ci sia il crocifisso, che attualmente viene affisso quando viene costruita una nuova scuola. Ci sono tante scuole che ce l'hanno e tante che non ce l'hanno.
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CARLO GIOVANARDI. Io la considero una discriminazione religiosa fatta da voi nei miei confronti!
GIORGIO VILLELLA. Segretario nazionale dell'Unione atei agnostici razionalisti. Comunque, la mia era solo una precisazione.
Con riguardo alla storia ed alla cultura moderna penso che si possa benissimo non conoscere il Padre Nostro e capirle ugualmente. Quanto alla storia della Chiesa, qualunque italiano la conosce perché si studia nell'ora di italiano, di filosofia, di storia, di storia dell'arte, ed in televisione se ne parla continuamente. Quindi, non è vero che c'è il pericolo che la cultura cattolica non sia conosciuta e si può benissimo fare a meno di insegnare il cattolicesimo a un bambino di sette anni - o di tre anni, se va all'asilo -, perché si dovrebbero insegnare tutte le religioni. Non vogliamo togliere la cultura, vogliamo togliere il crocifisso messo a marcare il territorio, che è una cosa diversa.
Quanto al fatto che non abbiamo diritto a questa legge, vorrei sottolineare che nella Costituzione europea - ratificata dal Parlamento italiano ma non entrata in vigore per le vicende relative alla Francia e all'Olanda - l'articolo I-52 è rubricato «Status delle chiese e delle organizzazioni non confessionali», dunque ci accomuna. Vuol dire che siamo qualcosa di simile, siamo omologhe, trattiamo la stessa materia; sono concezioni del mondo.
Secondo il suddetto articolo, «l'Unione rispetta e non pregiudica lo status di cui godono negli Stati membri, in virtù del diritto nazionale, le chiese e le associazioni o comunità religiose. L'Unione rispetta ugualmente lo status di cui godono, in virtù del diritto nazionale, le organizzazioni filosofiche. Riconoscendone l'identità e il contributo specifico, l'Unione mantiene un dialogo aperto, trasparente e regolare con tali
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chiese e organizzazioni». Quindi in una Costituzione europea dibattuta, discussa e messa a punto dalle migliori menti giuridiche, si parla contemporaneamente dell'una e delle altre.
Sempre nella Costituzione europea, l'articolo II-81 («Non discriminazione») stabilisce che «è vietata qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sul sesso, la razza, il colore della pelle o l'origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l'appartenenza ad una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, la disabilità, l'età o l'orientamento sessuale». Dunque, se fate una legge dove parlate solo di religione operate una discriminazione.
L'ultimo documento a cui vorrei riferirmi - purtroppo, ho il testo solo inglese, che leggo ma non traduco molto bene - riguarda le linee guida per la riforma delle leggi relative alle religioni o alle convinzioni personali: Venezia, 18-19 giugno 2004, OSCE. Se un gruppo religioso - vi si afferma - è coinvolto, ad esempio, in frodi o assalti, non è necessario approvare una legge che difenda la religione, ma è la legge ordinaria dello Stato a dover tutelare.
Vorrei osservare che si chiede spesso di varare normative a favore delle religioni, come se esse avessero bisogno di una difesa speciale, mentre in questo documento si afferma che, se qualche religione dovesse subire un attacco, un'offesa e via dicendo, sono le leggi ordinarie che devono intervenire, e non è necessario approvare una legge speciale per le religioni.
ROBERTO ZACCARIA. Però, è una visione diversa della cornice. Noi abbiamo una Costituzione che dice una cosa diversa.
È questo il motivo per cui ho insistito sul fatto che la proposta di legge presentata dal collega Boato è un provvedimento
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di attuazione della Costituzione italiana, nella quale - poi dirò qualcosa successivamente, dopo che avranno parlato gli altri colleghi - vi sono, comunque, principi che garantiscono la libertà religiosa. Voi state chiedendo un'estensione...
GIORGIO VILLELLA, Segretario nazionale dell'Unione atei agnostici razionalisti. Sì, ma lo ha detto una sentenza della Corte costituzionale.
ROBERTO ZACCARIA. Però non si può ragionare in questi termini.
Nell'audizione che avrà luogo nella giornata di domani saranno ascoltati dei professori che affermeranno che, secondo loro, il punto di vista migliore è quello di considerare quello religioso come un fenomeno indifferente, vale a dire come se fosse una società sportiva o un'associazione culturale. Questa, tuttavia, è una visione che non appartiene alla nostra Costituzione.
In ogni caso, le risponderò alla fine. Vorrei soltanto permettermi di dire che, con riferimento al nostro ordinamento costituzionale, alcuni dei documenti citati sono utilizzabili, ma altri lo sono meno.
GIORGIO VILLELLA, Segretario nazionale dell'Unione atei agnostici razionalisti. Mi sembra tuttavia - anche se non me ne intendo molto - che alcune sentenze della Corte costituzionale abbiano imposto il principio per cui ciò che vale per le religioni deve valere anche per l'ateismo. Infatti, quando si è parlato di libertà di religione, i giudici della Corte hanno spiegato che libertà di religione significa anche libertà di non seguirne alcuna.
Allora, per la Costituzione italiana la parola «religione», almeno in base all'interpretazione della Corte costituzionale,
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vuol dire anche libertà di professare l'ateismo: quindi, dobbiamo essere protetti anche noi nello stesso modo in cui vogliono essere tutelate le religioni!
MARCO BOATO. Signor presidente, anche se la presente audizione non è molto partecipata dal punto di vista parlamentare, ritengo interessante la riflessione che stiamo svolgendo. Ovviamente, se dovessimo trattare a fondo tutte le questioni che il segretario Villella ci ha posto (per la seconda volta, perché ricordo che lo aveva già fatto il 22 ottobre 2002), dovremmo proseguire i nostri lavori non per qualche ora, ma addirittura per qualche giorno.
Credo sia molto utile, tuttavia, che risulti sia nel confronto parlamentare, sia negli atti della Camera la riflessione che stiamo svolgendo interloquendo con lei. Come lei può immaginare, vi sono posizioni differenziate anche tra di noi: Giovanardi ed io siamo entrambi di fede cattolica, però, nel rapportarci con i problemi che lei pone, abbiamo esplicitamente manifestato reazioni e atteggiamenti diversi. Penso che se, in questa occasione, fossero presenti parecchie decine di parlamentari, il florilegio delle posizioni, come lei potrà facilmente immaginare (poiché ha una lunga esperienza al riguardo), sarebbe ancora più ampio.
Purtroppo - anche a causa del fatto che, questa mattina, abbiamo svolto un'audizione lunghissima -, non si registra una grande partecipazione di parlamentari, anche se ciò non significa una scarsa attenzione nei suoi confronti. È comunque significativo che, nel 2007, il dibattito che svolgiamo con lei sia più ampio e approfondito di quanto non sia avvenuto il 22 ottobre 2002, quando, se non ricordo male, solamente il collega Carlo Leoni interloquì ed io intervenni solo per porre una domanda e per formulare al presidente una richiesta che intendo ripetere anche in questa circostanza.
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Chiedo infatti al presidente, come è accaduto per altri auditi, di autorizzare il segretario nazionale dell'UAAR a consegnare anche la documentazione scritta, in modo che possa essere allegata al resoconto della seduta odierna. Mi riferisco non al documento del 2004, che è successivo alla sua audizione del 2002, ma ad altri atti che lei ha citato oggi. Ovviamente, per coerenza, lei li aveva già citati nel 2002 e ricordo che, su mia richiesta, furono allegati al resoconto della menzionata audizione. Si trattava, tuttavia, di un'altra legislatura. Adesso siamo in una nuova legislatura, con nuovi parlamentari e con un dibattito che, nel frattempo, è ampiamente maturato: ne è una dimostrazione anche l'interlocuzione con lei. Ad esempio, ricordo che abbiamo ascoltato una ventina di esponenti della Consulta per l'Islam italiano; nella scorsa legislatura, invece, avevamo ascoltato soltanto un esperto, il quale, tra l'altro, nel frattempo è diventato un nostro collega parlamentare. Si trattava dell'allora professor Khaled Fouad Allam, che adesso è componente di questa Commissione.
Allora, in materia di Islam, parlò una sola persona. Alla fine di tutto, oggi, a distanza di cinque anni, abbiamo dedicato un'intera mattinata a svolgere un'audizione assieme ad una ventina di esponenti della Consulta per l'Islam italiano (che all'epoca non era stata neppure costituita). Ciò per far capire che la complessità e la delicatezza di tali problemi è molto legata anche alle trasformazioni socio-economiche, socio-culturali e socio-religiose, oltre che istituzionali, come lei ha più volte ricordato.
Per non dilungarmi ulteriormente, vorrei ribadire che sono non ateo, ma credente; tuttavia, credo che alcuni dei problemi che lei pone siano fondati. Su altri, invece, vi è una comprensibile estremizzazione - mi scusi se mi permetto di
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esprimere un giudizio - che, dal punto di vista razionalista (anzi, razionale prima ancora che razionalista), ha una sua logica. Essa, però, deve fare i conti con la complessità della storia italiana e con la peculiarità del nostro assetto costituzionale, cui l'ha poc'anzi richiamata il collega Zaccaria.
Vorrei osservare che non sono molte le Costituzioni che prevedono una norma analoga all'articolo 7 della nostra Carta costituzionale. Tale articolo, come lei sa, all'epoca divise l'Assemblea costituente, tuttavia fu approvato ed è rimasto all'interno della nostra Costituzione. Non possiamo immaginare di cambiare l'articolo 7 con una legge ordinaria; potremmo farlo attraverso un procedimento di revisione costituzionale, ma suppongo che anche lei comprenderà che sarebbe impensabile...
GIORGIO VILLELLA, Segretario nazionale dell'Unione atei agnostici razionalisti. Infatti, non l'ho chiesto!
MARCO BOATO. Ma certo. Io sto dialogando con lei con molto rispetto e con molta «problematicità», come lei vede.
Vorrei ricordare, inoltre, che nello stesso mondo cattolico vi sono state, storicamente, numerose posizioni contrarie al Concordato. Se leggessimo oggi ciò che scrisse Francesco Luigi Ferrari, esponente del Partito popolare dell'epoca in esilio in Belgio, su Papa Pio XI e sul Concordato, qualcuno denuncerebbe quei testi (scritti da una straordinaria figura cattolica, quale era Francesco Luigi Ferrari) per offesa, in questo caso, al Capo di uno Stato estero! Infatti, erano frasi così pesanti che, quando io le lessi e rilessi, in passato, mi sono addirittura stupito, perché eravamo in un contesto storico difficile. I fratelli Rosselli furono assassinati in Francia, come lei ricorda, mentre Francesco Luigi Ferrari era in Belgio, e forse fu la sua fortuna!
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Mi permetta di dire ciò per poter affermare solamente che dobbiamo tener conto della storia del nostro paese. Il collega Giovanardi ha parlato in un modo un po' brutale, facendo altrettante esasperazioni unilaterali: si possono citare i pagani che uccidevano nel Circo Massimo, ma qualcun altro può ricordare le crociate, che sterminarono migliaia di persone. Se cominciassimo a confrontarci su questo terreno, non finiremmo più!
Credo, quindi, che dobbiamo comprendere le difficoltà esistenti. Infatti, è la terza legislatura in cui cerchiamo di approvare (e spero che questa volta ce la faremo) la proposta di legge in oggetto. Ricordo che, nella scorsa legislatura, era stata presentato dal Governo di centrodestra un provvedimento tale e quale; nonostante ciò, non fu approvato.
La complessità e la difficoltà di questi argomenti è stata spesso richiamata anche dal nostro presidente. Essi, diventando questioni di carattere identitario, creano, anziché aperture, contrapposizioni e chiusure difensive, rendendo difficile procedere. Ritengo importante, tuttavia, che tale provvedimento giunga in porto in questa legislatura.
Se lei leggesse la data di presentazione delle proposte di legge all'esame della Commissione (una presentata da me ed un'altra sottoscritta dal collega Spini), scoprirebbe che si tratta del primo giorno dell'attuale legislatura: 28 aprile 2006, un sabato. Il primo giorno di questa legislatura, l'uno all'insaputa dell'altro, io e l'onorevole Spini abbiamo ripresentato le nostre proposte di legge. Si è trattato di un memorandum rivolto a questo Parlamento, nel senso che volevamo segnalare che occorreva ricominciare ad affrontare il problema e non bisognava lasciarlo cadere.
Vi sono alcuni articoli della Costituzione che hanno un riferimento generale alle concezioni cui lei, giustamente, si è
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richiamato più volte in relazione alla parificazione. Ad esempio, l'articolo 2, relativo ai diritti inviolabili dell'uomo (sia quello di credere sia quello di non credere), l'articolo 3, secondo cui tutti i cittadini hanno pari dignità e sono uguali di fronte alla legge senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione. Però, vi sono anche gli articoli 7, 8, 19 e 20, che fanno riferimento specifico alla tematica della libertà religiosa.
Lei, quando è venuto in Commissione nella precedente occasione, ha citato l'articolo 137, comma 7, della Legge fondamentale tedesca, che recita: «Alle associazioni religiose vengono equiparate quelle associazioni che perseguono il fine di coltivare una comune concezione del mondo». Ciò, in termini analoghi, non si riscontra nella nostra Carta costituzionale, anche se lei ha citato la giurisprudenza costituzionale, anch'essa fortunatamente evolutasi nel corso degli anni, che giustamente equipara il diritto di professare la propria religione al diritto di professare le proprie convinzioni laiche, agnostiche, ateistiche.
Su alcuni aspetti sarà possibile intervenire in sede di emendamenti, quando il relatore presenterà un testo unificato delle due proposte di legge; in quell'occasione, dovrà anche raccogliere le ipotesi emendative provenienti da diversi interlocutori. Forse - parlo a titolo personale pur essendo presentatore di una proposta di legge - i riferimenti da lei citati, esplicitamente previsti nell'articolo 2 (come ha di nuovo ricordato, poco fa, il collega Zaccaria), potrebbero anche essere ripresi in altri articoli. Però, l'impianto della proposta di legge ha un Capo I sulla libertà di coscienza e di religione, un Capo II sulla confessione e sulle associazioni religiose, ed un Capo III sulle intese. Non sarebbe immaginabile un'intesa con un'associazione che non fosse una confessione religiosa,
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alla luce dell'attuale testo vigente della Costituzione. Un domani potremo anche avere un testo analogo a quello dell'articolo 137, comma 7, del Grundgesetz tedesco, ma nella nostra Costituzione, qualcosa del genere, esplicito ed equiparato, in sede di articolo 8, relativo alle intese, non c'è.
Nel riconoscere la fondatezza di molti problemi che lei pone, in parte giuridici, ma in parte anche storici, di prassi, di consuetudini, constato che essi hanno tempi lunghi di cambiamento. La sua esperienza delle nozze civili, da lei raccontata nell'audizione del 2002, la tristezza di questo matrimonio, officiato nel comune di Padova da un consigliere monarchico e cattolico che la trattò quasi con disprezzo nel momento in cui celebrava come ufficiale di stato civile le sue nozze, forse (o quantomeno mi auguro), non si ripeterebbe. Oggi, i coniugi possono scegliere il consigliere, il sindaco, e nella legge vi è anche la possibilità che il sindaco deleghi altra persona rispetto al consigliere o all'assessore comunale a celebrare il matrimonio. Alcuni aspetti, lentamente, nel nostro paese sono cambiati.
Per i simboli religiosi, la situazione è molto più complicata. Sono veneziano con madre padovana e vivo in Trentino-Alto Adige. Se si gira per il Trentino-Alto Adige, ogni cento metri si incontra un crocifisso. Sarebbe inimmaginabile una riflessione nel senso da lei indicato. Il territorio, non le aule, è cosparso di simboli religiosi. Per non parlare delle «mie» montagne. Non so se anche nella Valle d'Aosta, che frequenta il presidente Violante, sia così, ma quasi tutte le «mie» montagne hanno una croce in cima.
PRESIDENTE. Vi sono anche statue di Madonna alte quattro metri.
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MARCO BOATO. Sì, anche statue orribili dal punto di vista estetico.
GIORGIO VILLELLA, Segretario nazionale dell'Unione atei agnostici razionalisti. Recentemente è stata messa una statua di Buddha in Valtellina!
MARCO BOATO. Quando si vuole strafare, si determina un effetto boomerang. Esistono, comunque, una storia, una sedimentazione, riferimenti culturali.
Lei si lamenta dei funerali di Stato, ma sa benissimo che, se la famiglia di un militare o di un magistrato ucciso, o di chiunque altro, chiede che non vi sia la cerimonia religiosa, ma quella civile, essa ha il diritto di ottenerlo. Non è obbligata a partecipare al funerale religioso. Vent'anni fa era più difficile dire di no; oggi è più comprensibile.
Sono di formazione cattolica, ma avevo un padre laico, come lei, non credente. Quando è morto, ho chiesto un funerale religioso, perché in famiglia eravamo quasi tutti cattolici. La notte, ho trovato il testamento di mio padre in cui era scritto che desiderava un funerale laico e chiedeva di non passare neppure per la chiesa del cimitero. Telefonai al parroco per disdire la cerimonia religiosa ed abbiamo fatto un funerale laico, nelle situazioni agghiaccianti da lei, poco fa, ricordate. Il funerale laico era qualcosa di inconcepibile e si trattava soltanto di mettere la salma nella terra. Lessi un piccolo discorso. Vi era una situazione di gelo; era inverno, il 2 dicembre, con la nebbia veneziana; eravamo sull'isola di San Giorgio. Mi scuso per questi riferimenti personali ma, poiché lei ne ha fatti molti, vorrei farle capire che io, che sono credente, mi rendo pienamente conto del grande rispetto con cui è giusto affrontare quanto da lei detto, al di là del fatto di condividerlo.
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Alcune questioni, forse, possono essere affrontate (ad esempio, proprio l'aspetto relativo ai matrimoni ed ai funerali civili; lo sottopongo all'attenzione dell'amico Zaccaria) con una riflessione (non da svolgere nell'immediato), per capire se possano trovare accoglienza nel testo. È compreso il fatto che quanto previsto nell'articolo 2 e nell'articolo 6, cioè la non possibilità di discriminare non solo in base a motivi religiosi ma anche rispetto a chi non crede, possa essere richiamato, anche più esplicitamente, in altri punti del Capo I. Però, ritengo difficile immaginare (lo dico per lealtà intellettuale) una sorta di equiparazione per quanto riguarda il Capo II ed il Capo III, perché ritengo ciò, sul piano costituzionale e di una norma di attuazione costituzionale, sotto il profilo della libertà religiosa, più complesso e difficile. Ma, per quanto riguarda i principi generali contenuti nel Capo I, ritengo che alcune sue considerazioni potrebbero e dovrebbero essere accolte.
Rinnovo l'invito a consegnare alla Commissione un'eventuale documentazione. Nella precedente occasione lei è stato il primo ad essere audito (come ho visto dal resoconto stenografico); questa volta è l'ultimo, ma il fatto che questa interlocuzione si realizzi è un elemento che fa onore a lei, alla sua collaboratrice ed al Parlamento italiano. Nel clima di intolleranza, o di supponenza, che a volte si determina, questi aspetti sono del tutto sottovalutati. Invece, è opportuno che, anche nella circostanza attuale, siano stati posti all'attenzione della Commissione, e di ciò la ringrazio.
PRESIDENTE. Aspettiamo, quindi, che il segretario Villella invii del materiale per acquisirlo agli atti della Commissione.
CINZIA DATO. Sono già intervenuta ed intendo soltanto ringraziarvi e complimentarmi per il grande interesse che questo confronto solleva.
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Voglio anche chiedervi di farmi conoscere ogni vostra riflessione sul testo, perché è mia intenzione, con riferimento alla maggior parte degli argomenti, dare voce alla vostra visione, presentando alcuni emendamenti. Lo faccio molto volentieri, e credo sia doveroso anche ai fini della competenza del dibattito. Molti degli argomenti proposti li sosterrò con convinzione.
Ho personalmente qualche piccola esitazione in tema di simboli religiosi, perché la mia visione della laicità in questo momento è all'opposto di quella francese, per intenderci. Io riempirei la vita dei giovani di qualunque leggenda, racconto, simbolo, stimolo al confine tra il reale e l'irreale, il razionale e l'irrazionale. Credo che ciò aiuti la fantasia, la costruzione di una capacità sentimentale, e alla fine, costituisca un forte e solido sostegno alle capacità razionali dell'adulto.
In ordine a queste limitazioni, aborro ogni sorta di imposizione dall'alto, ma sono felice di ogni «coloritura nella vita»; sostengo le fiabe e le leggende, e non vedo perché non si debbano sostenere quelle offerte dalle tradizioni religiose!
GIORGIO VILLELLA, Segretario nazionale dell'Unione atei agnostici razionalisti. Vorrei precisare un concetto. Non sono contro i simboli religiosi, ma contro il fatto che nelle classi sia presente solo il crocifisso. Quando il giudice Tosti ha posto il nostro simbolo vicino alla croce, lo stesso è stato rimosso, lasciando solo il crocifisso. Contesto la mancanza di una parità di trattamento.
Ad esempio, in Inghilterra vi sono lezioni cui partecipano musulmani, buddisti, cattolici, protestanti, atei. Mi va bene questa situazione, ma non mi va bene quando si fa un'affermazione del tipo: «Qui ci siamo solo noi»! Non ce l'ho con i simboli religiosi!
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CINZIA DATO. Di questo mi rendo conto, ma, a proposito della mia interessata e grata disponibilità nel farmi portavoce delle vostre sensibilità e delle vostre proposte in termini emendativi rispetto al testo, sono assolutamente persuasa della giustezza della vostra visione, ma non che ciò passi attraverso l'interdizione dell'uso di simboli religiosi.
ROBERTO ZACCARIA. Il compito del relatore è meno gradito, perché lo stesso si deve fare carico di tante cose, e naturalmente deve tenere conto di un percorso complessivo della Commissione.
Ho affermato più volte che il fenomeno religioso è trattato in molti articoli della Costituzione (è il più trattato); tuttavia, quasi tutti gli articoli parlano di religione o di confessioni religiose. L'unico articolo che tratta questo problema, che poi ha dato spazio alla richiamata giurisprudenza della Corte, è l'articolo 19.
L'articolo 19 della Costituzione va letto in simmetria con l'articolo 21, il quale prevede la libertà positiva di esprimere le proprie idee, ma anche la libertà di non manifestarle. Ciò è il frutto dell'interpretazione della dottrina della Corte Costituzionale. Anche i riferimenti che lei ha fatto alla mia relazione sono chiari, perché sono frutto dell'interpretazione costituzionale. Pertanto, non disprezzerei affatto il consolidamento di questa interpretazione nelle norme di principio di una legge ordinaria di attuazione costituzionale, perché si tratterebbe di un risultato significativo.
Nelle occasioni precedenti in cui sono stati auditi altri soggetti, ho rilevato che le prime norme potrebbero avere un più chiaro risvolto definitorio. Non so se sceglieremo questa strada, ma comunque, oggettivamente, questa caratteristica è presente e avrà grande valenza con riferimento all'applicazione giurisprudenziale.
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Non sottovalutate questo fatto, e mi riferisco ad una norma che preveda anche una volta sola ciò che ho letto a proposito dell'articolo 2; poiché si tratta di un diritto ed i diritti si fanno valere anche davanti ai giudici, non riusciremo mai - lo dico con franchezza - a varare una legge che interamente ripercorra la questione, anche con riferimento ad ogni articolo. Anche io, se fossi rappresentante di un organismo come quello che lei rappresenta, andrei a raccogliere tutti i documenti nel mondo; ma la Costituzione italiana è il nostro punto di riferimento. Quindi, parleremo di questo argomento.
Questa mattina, qualcuno affermava - giustamente - che dovrà trattarsi di una legge di principi, anche se è di attuazione. Se entrassimo troppo nel dettaglio, probabilmente non riusciremmo a gestirla, nel senso che rischieremmo di omettere, di escludere alcuni aspetti. Conosciamo bene la difficoltà di dare attuazione a principi ed a libertà di tipo positivo, ma moltissime sue richieste configurano l'attuazione di un diritto sociale e, naturalmente, i diritti sociali presuppongono interventi dello Stato, della Repubblica, degli enti locali e, spesso, comportano oneri di spesa.
Questa non è una legge che presenta tali caratteristiche. Faremo uno sforzo in più rispetto a quello che abbiamo fatto fino a questo momento, perché, altrimenti, sarebbe inutile questa audizione; ma vi invito a non disprezzare il valore dell'inserimento nella legge di questi principi, che presentano un valore diverso dall'essere affermati dalla dottrina o dalla giurisprudenza della Corte.
PRESIDENTE. Queste precisazioni ci aiutano anche a definire meglio un campo molto complicato e difficoltoso. Ringrazio molto Giorgio Villella e Rosalba Sgroia.
Dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 16,45.
Il progetto di legge sulla libertà religiosa in Italia - Indice