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L'urlo di Papa Ratzinger contro le morti silenziose

di Massimo Introvigne (il Giornale, 16 dicembre 2006)

Nel leggere il mirabile messaggio di Benedetto XVI per la Giornata Mondiale della Pace 2007 sarà forte la tentazione di concentrarsi solo sulla ferma denuncia dello «scempio del diritto alla vita» e sul rilievo che è inutile manifestare contro le morti in guerra se si ignorano «le morti silenziose provocate dall’aborto, dalla sperimentazione sugli embrioni e sull’eutanasia». Se queste parole echeggiano come una campana a morte sulle ultime, incaute campagne del governo Prodi, il documento va letto come sempre nella sua interezza.

In tutti gli ultimi messaggi che Giovanni Paolo II e Benedetto XVI hanno dedicato annualmente alla Giornata della Pace ha un ruolo centrale la forte rivendicazione della libertà religiosa come presupposto essenziale della pace. Dove la religione non è libera, lì non c’è vera pace. Ma quest’anno il Papa va oltre, sia approfondendo il concetto di libertà religiosa come condizione preliminare per la pace sia indicando altre condizioni che - anche rispettato questo iniziale presupposto - sono indispensabili perché cresca quello che chiama «l’albero della pace».

Anzitutto, la libertà religiosa non è violata solo dove le minoranze, e in particolare i cristiani, sono perseguitati «con efferata violenza» per imporre «a tutti un’unica religione»: l’accenno a «episodi recenti» chiama in causa senza nominarli l’Indonesia, il Pakistan e altri Paesi islamici. Violano la libertà religiosa anche i «regimi indifferenti» alla religione, i contesti non sanamente laici, ma laicisti che promuovono o favoriscono «un sistematico dileggio culturale nei confronti delle credenze religiose». Anche questa persecuzione incruenta determina una «cultura negativa per la pace».

In secondo luogo, la libertà di religione non è sufficiente. È necessario un ampio consenso intorno al «diritto naturale» che per il Papa è «la “grammatica” scritta nel cuore dell’uomo dal suo Creatore». Mentre il relativismo afferma che ogni cultura ha i suoi valori e le sue leggi, così che non è possibile paragonarla alle altre, per Benedetto XVI c’è una «legge naturale» che si impone a tutti, «credenti delle diverse religioni e non credenti». Questa legge naturale richiede certo il rispetto delle minoranze religiose: ma anche la «indisponibilità» del diritto alla vita, la condanna senza condizioni del terrorismo, anche «religioso» - «quando una certa concezione di Dio è all’origine di fatti criminosi, è segno che tale concezione si è già trasformata in ideologia» - e il rifiuto delle «concezioni antropologiche ancora presenti in alcune culture che riservano alla donna una collocazione sottomessa all’arbitrio dell’uomo».

Condanna del laicismo che attacca la vita e la famiglia, dunque, ma anche - senza mai nominarlo, ma richiamando in nota parole pronunciate a Ratisbona - del fondamentalismo islamico che condona la «violenza in nome di Dio» e viola i diritti delle donne e delle religioni minoritarie. Laicismo e fondamentalismo sono entrambi avversari della vera pace. Rispetto a precedenti interventi dei Pontefici sul tema, c’è anche una nota più critica nei confronti dell’Onu.

Se le Nazioni Unite «perdono di vista il fondamento naturale dei diritti dell’uomo» e scivolano «verso una loro interpretazione solo positivistica», finiscono per tollerare molteplici offese alla «dignità della persona» e perdono non solo l’«autorevolezza» ma la stessa «principale giustificazione del loro stesso esistere». Chi ha orecchie per intendere, intenda.