Ieri in Indonesia è stato ucciso con due colpi alla nuca il reverendo Irianto Kongoli, segretario generale della Comunione delle chiese indonesiane per le isole Sulawesi (o Celebes) centrali, un'associazione ecumenica cristiana. Senza dubbio il suo assassinio è anche una risposta alle proteste internazionali per l'esecuzione della condanna a morte di tre attivisti cristiani, avvenuta lo scorso 22 settembre, ma anche in Indonesia c'erano state proteste dopo il discorso del Papa.
In visita in Marocco, sono stato accolto all'aeroporto di Casablanca da locandine con la provocatoria prima pagina di uno dei più diffusi settimanali locali, Perspectives du Maghreb. Una grande foto di Benedetto XVI raccolto in preghiera è coperta da un titolo provocatorio: "E se il Papa avesse ragione?". Il ragionamento dell'editorialista marocchino può essere così riassunto: Benedetto XVI, secondo molti, ha offeso l'islam affermando che il divorzio fra fede e ragione che si è verificato nella storia musulmana a partire dalla fine del XII secolo rischia di giustificare la violenza. I musulmani offesi hanno risposto con il consueto slogan secondo cui l'islam è una religione di pace e i terroristi sono estranei alla vera fede musulmana. Per dimostrare che l'islam è una religione di pace hanno assalito chiese, bruciato sedi di organizzazioni cattoliche, ucciso una suora e per non sbagliare, anche se i protestanti e gli ortodossi ovviamente non dipendono dal Papa massacrato religiosi ortodossi e pastori protestanti.
Né si tratta solo del Papa. Dopo le fin troppo famose vignette danesi, è capitato che Robert Redeker un professore di liceo francese su un quotidiano nazionale, Le Figaro, abbia scritto un articolo per dar ragione al Papa, con qualche espressione un po' pepata alla Oriana Fallaci. Il professore è stato minacciato di morte da una tempestiva fatwa ha dovuto lasciare il suo liceo e il suo domicilio: vive protetto dalla polizia in semi-clandestinità, non senza che un pavido Ministro dell'Educazione francese, esprimendogli una blanda solidarietà, abbia pure osservato che dopo tutto Redeker se l'è cercata evitando le sane regole della prudenza.
In Pakistan l'arcivescovo di Lahore denuncia l'arresto di un cristiano, Younis Masih, sfuggito a stento a un tentativo di linciaggio durante le proteste sul discorso del Papa. In Irak la settimana scorsa un sacerdote ortodosso, padre Paulos Eskandar, è stato decapitato per essersi rifiutato di affiggere all'esterno della sua chiesa un manifesto di scuse per le parole del Papa a Ratisbona (e di pagare alla cosiddetta "resistenza" irakena, che non manca mai di mostrare il suo lato banditesco, anche un "risarcimento" di trecentomila dollari). A Bassora un ragazzo cristiano è stato crocefisso e diverse ragazze cristiane violentate. E si potrebbe continuare.
Il giornale marocchino ha ragione, e sono la nostra stampa e i nostri politici a non sottolineare sufficientemente il paradosso. Per protestare contro il Papa che ha indicato nelle fonti originarie dell'islam il rischio della violenza e dimostrare che l'islam è una "religione di pace" si uccide con il colpo alla nuca, si decapita, si crocifigge, si violenta. Si conferma così, purtroppo, che Benedetto XVI, tra i pochi ad avere il coraggio di parlare, ha indicato un problema assolutamente reale. I musulmani devono trovare al loro interno la forza di affrontarlo senza reticenza. L'Occidente non li aiuta se si rifiuta di vedere l'ovvio, e nasconde la viltà dietro una presunta prudenza.