Da quando è entrato in carica, il governo Prodi è totalmente succube delle lobby internazionali anti-americane e anti-israeliane, che in questo momento hanno il loro centro nella Francia di Chirac e - grazie all'alleanza fra i francesi, gli interessi economici della Cina e qualche volta della Russia, e i paesi cosiddetti «non allineati» sempre più egemonizzati dal Venezuela di Chavez e da Fidel Castro - riescono a determinare un buon numero di documenti e prese di posizione delle Nazioni Unite. Del resto, c'era scritto nel programma dell’Unione: in politica estera «stare con l'Europa» e «stare con le Nazioni Unite», cioè seguire fedelmente la linea Chirac e rinunciare al ruolo autonomo dell'Italia che il governo Berlusconi aveva costruito intorno a un rapporto privilegiato e diretto con gli Stati Uniti. È questa la vera «discontinuità» fra l'attuale governo italiano e il precedente.
Se l'attenzione dell'opinione pubblica è giustamente rivolta al Medio Oriente, c'è una questione su cui il governo Prodi ha non solo modificato ma completamente rovesciato la politica del governo Berlusconi. Si tratta della questione somala dove l'Italia, primo partner economico e primo Paese europeo quanto a legami con la Somalia, non può non avere un ruolo chiave. Il governo della Casa delle libertà e la diplomazia italiana erano stati elogiati persino dalla televisione islamica Al-Jazeera per essere finalmente riusciti a mettere insieme i rissosi partiti somali in un governo certamente debole e provvisorio, ma che escludeva solo gli ultra-fondamentalisti dei Tribunali islamici, di cui sono provati i legami con Al Qaida.
Non si trattava di un governo di chierichetti: certamente molti partiti somali sono corrotti e hanno legami con la malavita organizzata. Sono tuttavia preferibili - per quanto anche qualche missionario cattolico la pensi diversamente, nonostante il feroce anti-cristianesimo dei Tribunali islamici chiaramente espresso dai documenti e dalle dichiarazioni dei loro ideologi - agli ultra-fondamentalisti che ospitano già nelle zone da loro controllate capi di Al Qaida ricercati in tutto il mondo, e che aspirano a fare della Somalia una nuova zona franca del terrorismo da cui far partire kamikaze e magari missili contro i nemici di Bin Laden.
Mentre il governo Berlusconi - e gli Stati Uniti - hanno sempre guardato con grande sospetto ai Tribunali islamici, Prodi (al solito, come la Francia e Kofi Annan) preme perché il governo somalo si ricostituisca come coalizione che comprenda i Tribunali. Dal momento che sul piano militare le milizie dei Tribunali sono le più forti presenti in Somalia, è facile capire chi dominerebbe una simile «coalizione». A impedire che i Tribunali si impadroniscano della Somalia si sono mosse, con il tacito consenso di Washington e l'approvazione di diversi Paesi confinanti, le truppe dell'Etiopia. I rapporti tra Etiopia e Somalia sono da sempre molto delicati, ma al momento l'Etiopia ha ragione. La priorità infatti è quella di impedire a terroristi notori di prendere il controllo di un intero Paese, restringendo semmai ogni trattativa a quelle componenti dell'islam politico somalo che denunciano il terrorismo e chi ha legami con Al Qaida. In poche settimane, Prodi ha disfatto tutto quanto di buono l'Italia aveva costruito negli anni scorsi in Somalia, seguendo lobby dove, accanto ai soliti pacifisti cattolici e no, c'è tutto un mondo della sinistra radicale che si dichiara apertamente a favore dei Tribunali islamici.