Distratti da altri problemi, pochi si sono accorti di un tragico anniversario. Vent’anni fa iniziava in Uganda la guerra civile scatenata nel Nord del paese dall’Esercito della Resistenza del Signore (Lord’s Resistance Army, LRA) contro il governo del presidente Yoweri Museveni, un ex marxista convertito all’economia di mercato e persuaso dagli Stati Uniti a introdurre nel suo regime una certa quantità di democrazia. Benché i morti in combattimento siano stati “solo” trentamila, le carestie e le epidemie causate dalla guerra hanno fatto in vent’anni mezzo milione di vittime, e si continua a morire. L’unica istituzione che cerca di ricordare al mondo la tragedia è la Chiesa cattolica. L’arcivescovo di Gulu, una città che si trova al centro dei combattimenti, John Baptist Odama, da anni gira il mondo chiedendo un intervento internazionale, con il pieno appoggio della Santa Sede.
Se in Uganda i cattolici ormai sfiorano la metà della popolazione, la tremenda dittatura del generale Idi Amin negli anni 1970 ha generato anche due altri movimenti di reazione religiosa. Uno si è rivolto a forme millenariste di cristianesimo, che vedevano in Amin l’Anticristo e il precursore della fine del mondo e si sono fuse con una robusta tradizione locale di spiritismo. L’altro, grazie a missionari provenienti dal Sudan, è il fondamentalismo islamico, che ha fatto proseliti nella minoranza musulmana (16%), denunciando le istituzioni ufficiali dell’islam ugandese come infeudate ad Amin (egli stesso musulmano). Nel clima caotico del dopo-Amin diversi medium millenaristi, concentrati nel Nord del paese da sempre più povero e trascurato rispetto al Sud, affermano di ricevere messaggi che li chiamano all’insurrezione armata. La prima è Alice Auma, che nell’aprile 1986 dichiara di essere posseduta dallo spirito di un ufficiale defunto dell’esercito italiano, un certo Laquena. Con il nome di Alice Lakwena, la medium guida per un anno una sanguinosa insurrezione prima di dichiarare che Laquena ha abbandonato il suo corpo consigliando la pace. Oggi vive in un campo per rifugiati in Kenya. Tra i seguaci di Alice un altro medium, Joseph Kony, decide di continuare la lotta fondando appunto la LRA.
Vent’anni dopo Kony continua a ricevere messaggi dagli spiriti, ma si è anche convertito a un islam ultra-fondamentalista alla sudanese. La Corte di giustizia internazionale lo considera soprattutto un criminale, rimproverandogli il rapimento di trentamila minorenni trasformati in soldati bambini e mandati a morire al fronte. Vent’anni di sforzi militari e di atrocità inflitte dagli insorti soprattutto ai cattolici non sono stati sufficienti a sconfiggere Kony. L’opzione militare da sola non basta. Per porre fine alla vergogna ugandese, con i suoi massacri settimanali di cattolici e di bambini, occorre un piano che coniughi democrazia e aiuti economici alle regioni sottosviluppate del Nord. L’Uganda non può farcela da sola: la comunità internazionale può e deve intervenire.