I vecchi moralisti cattolici insegnavano che le bugie «officiose», cioè dette per non arrecare dolore a parenti e amici, in certi casi possono non essere peccato. Certamente i cattolici che si sono candidati per l'Unione insieme a Vladimir Luxuria, ai no-global, e agli esponenti del comitato italiano di solidarietà al dittatore bielorusso Lukashenko (due sono nelle liste di Rifondazione per la Camera) arrecano dolore ai loro amici e forse anche ai loro parenti. Ma, senza invadere il campo dei moralisti, le bugie dette in pubblico e in campagna elettorale non sembrano rientrare nel campo delle bugie «officiose». In termini meno teologici, si tratta di pure e semplici menzogne: e di menzogne pubbliche.
Turbati dalle critiche che molti hanno loro rivolto per la decisione di cercarsi un posticino in Parlamento con l'Unione, i vari Bobba e Binetti hanno risposto sia chiedendo a vescovi «amici» qualche dichiarazione sufficientemente ambigua da potere essere giocata negli ultimi giorni di campagna elettorale, sia - soprattutto - sostenendo che sui Pacs hanno vinto loro, e che Prodi ha accettato un programma che non prevede nessun riconoscimento delle unioni di fatto tra omosessuali. I portatori d'acqua cattolici dell'Unione hanno rimesso in campo perfino il vecchio gesuita Bartolomeo Sorge - da anni non più in panchina, ma in tribuna per raggiunti limiti di età - il quale, in un intervento che qualche parroco prodiano fa persino distribuire ai fedeli a Messa, ci assicura che si può votare il Professore con fiducia: nel suo programma sarebbe «ovvio che le coppie di fatto omosessuali (dove i conviventi sono incapaci di una vera unione “coniugale”) non possono essere equiparate alle coppie di fatto eterosessuali». Parlando a Torino, Bobba ha detto che sul punto hanno vinto i cattolici, che hanno indotto Prodi a rompere con le rivendicazioni degli attivisti omosessuali.
Bugie. La distinzione fra coppie di fatto omosessuali ed eterosessuali non sta scritta da nessuna parte del programma dell'Unione, a meno che non ne circoli una versione diversa da quella ufficiale riservata ai cattolici e a padre Sorge. Si dimentica inoltre che il 1° marzo Prodi ha scritto una lettera pubblica ai presidenti delle associazioni omosessuali ArciGay e Arcilesbica in cui afferma che le loro rivendicazioni sono «materia cara a Voi, ma Vi assicuro, non solo a Voi» (maiuscole di Prodi), e che la loro realizzazione «non ha bisogno di chiasso» ma di costruire «le condizioni migliori per vincere» anzitutto le elezioni. Tatticamente, Prodi invita gli attivisti gay alla «lungimiranza», per non perdere il voto dei cattolici ingenui. Ma nella sostanza scrive, nero su bianco, che «quello che Vi chiedo di riconoscere è comunque la determinazione, mia e di ogni componente della coalizione, la presa d'impegno, a voler percorrere insieme a Voi, e non senza di Voi, il cammino in grado di portare a un riconoscimento pieno ed effettivo di questi diritti», cioè - visti i destinatari della lettera - dei diritti al riconoscimento giuridico delle unioni omosessuali, poste esattamente sullo stesso piano di quelle eterosessuali.
Come si dice, assicura che «ogni componente della coalizione» è «determinato» a camminare insieme all'ArciGay e all'Arcilesbica - mai senza di loro - verso quelli che ovunque in Europa si chiamano Pacs. I cattolici arruolati come specchietti per allodole di sacrestia sono «componenti della coalizione»? O passano di lì per caso?