Il 9 gennaio scorso la direzione generale dei Fratelli Musulmani, la maggiore organizzazione fondamentalista mondiale, ha formalmente condannato al Qaeda come «non islamica». Non si tratta di dispute ideologiche: il sangue potrebbe scorrere per le strade in diversi Paesi. Prima della nascita dei Fratelli Musulmani, fondati in Egitto nel 1928 da Hasan al-Banna, non si può parlare propriamente di fondamentalismo. Certo, fin dal Settecento esistono “tradizionalisti” che però, come i primi wahabiti dell'Arabia, concentrano la loro attenzione sulla morale individuale. Tra le due guerre mondiali il tradizionalismo è ripensato in modo politico da al Banna: per restaurare la morale occorre purgare le leggi da ogni contaminazione del diritto europeo, restaurare la legge islamica, la sharia, e fare del Corano la costituzione degli Stati.
I Fratelli Musulmani ottengono uno straordinario successo, reclutando milioni di membri dapprima in Egitto, quindi in tutto il mondo arabo.
Traditi da Nasser (che avevano all'origine appoggiato) e stroncati con gli arresti di massa, le impiccagioni e la tortura, reagiscono con la clandestinità e il terrorismo. Finché l'attentato contro Sadat nel 1981 - riuscito, certo, ma non seguito da un'insurrezione islamica, anzi da ulteriore repressione - non convince la dirigenza dei Fratelli che il terrorismo non serve e che si deve perseguire la via “dal basso” dell'islamizzazione della società civile costruendo pazientemente una rete di moschee, scuole, associazioni, giornali, rafforzata la quale si potrà tentare di arrivare al potere per via democratica ed elettorale. Questa svolta tollera una sola eccezione: la Palestina, dove il fatto percepito come intollerabile di uno Stato ebraico nel cuore del Medio Oriente autorizza la branca locale dei Fratelli, Hamas, a continuare sulla via del terrorismo.
Ma altrove all'interno dei Fratelli un'ala neofondamentalista dialoga (in segreto) sui temi della democrazia perfino con gli Stati Uniti. Già nel 1981 contro la svolta dei Fratelli aveva preso posizione il medico egiziano Ayman al Zawahiri, secondo cui rinunciare alla violenza e al terrorismo era un vero e proprio tradimento.
Negli ultimi mesi al Zawahiri - oggi il numero due di al Qaeda - ha diffuso video dove ridicolizza i successi elettorali dei Fratelli in Egitto e la possibile affermazione di Hamas nelle elezioni palestinesi.
In Iraq al Zarqawi minaccia attentati contro il partito sunnita ispirato ai Fratelli che ha partecipato alle elezioni e potrebbe entrare nel governo, e una situazione simile esiste nello Yemen.
La dichiarazione del 9 gennaio mostra che i Fratelli, che hanno avuto fin dalle origini (pur negando di averla) un'organizzazione segreta di autodifesa bene armata e organizzata, non hanno nessuna intenzione di porgere l'altra guancia. Lo scontro con al Qaeda da ideologico potrebbe diventare militare.