Il medio commentatore di sinistra delle vicende in Iraq si trova in sempre maggiori difficoltà. Aveva previsto che i terroristi pardon, gli “insorti” avrebbero impedito le elezioni: si sono regolarmente tenute. Aveva dichiarato preventivamente le elezioni parziali e fasulle, assicurando che i sunniti non avrebbero votato: nelle zone sunnite ha votato il 60 per cento, anche se in alcune circoscrizioni ci sono contestazioni sui risultati. Gli resta un argomento che leggiamo spesso in questi giorni: molto rumore e molto sangue per nulla, si è combattuta una guerra per consegnare l’Iraq a “fondamentalisti islamici” che sono in testa nel conteggio elettorale.
Se ha un senso e non è un puro slogan politico, la parola “islamofobia” che spesso la sinistra italiana ha usato a sproposito indica chi non è capace di vedere che l’islam non è monolitico e che fra un miliardo e 200 milioni di musulmani ci sono correnti e opinioni molto diverse. Per l’islamofobo tutti i musulmani sono fanatici, fondamentalisti e terroristi, così come per l’islamofilo pacifista tutti gli islamici sono buoni, moderati e gentili. In entrambi i casi, si tratta di stereotipi che semplificano in modo improprio realtà molto più complicate.
Non c’è dubbio che in Iraq elezioni libere portino al potere coalizioni dominate da uomini politici e partiti di ispirazione religiosa. È successo anche in Turchia, in Malaysia e in Afghanistan, e si tratta della scoperta dell’acqua calda. Dal momento che oltre il 90 per cento della popolazione di questi Paesi si dichiara religiosa e praticante, sarebbe strano che eleggesse versioni locali di Zapatero.
Ma tutti i partiti e i politici di ispirazione islamica sono fondamentalisti e complici del terrorismo? Sì, secondo i nuovi islamofobi di sinistra (e alcuni vecchi islamofobi di destra). No, secondo qualunque analisi un minimo accurata del panorama islamico. L’ayatollah Sistani che ispira la coalizione sciita maggioritaria in Iran o il presidente afghano Karzai non sono certo “musulmani laici”: predicano il rispetto della morale sessuale, del digiuno del Ramadan e del dovere della preghiera quotidiana. Tuttavia, mentre i fondamentalisti vogliono imporre per legge i precetti dell’islam per esempio arrestando chi non rispetta il digiuno i Karzai e i Sistani si limitano a proporli, nel frattempo aprendo ai diritti delle donne e delle minoranze religiose, anatema per il fondamentalismo.
Né Bush né Condi Rice hanno fatto la guerra in Iraq per esportarvi il laicismo alla Chirac o alla Zapatero, che peraltro combattono negli stessi Stati Uniti. Sapevano benissimo che in Paesi come l’Iraq o l’Afghanistan l’unica democrazia che può nascere è di ispirazione religiosa: che, con le debite differenze di storia e geografia, assomiglia all’idea di democrazia che ha la maggioranza degli americani, e non va confusa con le teocrazie del fondamentalismo.