MILANO (Reuters) - Durante il papato di Giovanni Paolo II, in Italia, in controtendenza rispetto ad altri Paesi europei, la religiosità è diventata molto più diffusa. Ma non si è tradotta in maggior partecipazione all'attività della Chiesa.
Una contraddizione questa che nei giorni delle immense folle a Roma, dove oggi si sono celebrati i funerali di papa Wojtyla, ha provocato disagio e interrogativi tra i religiosi italiani.
"Perché siete qui?" ha titolato nei giorni scorsi il quotidiano della Conferenza episcopale italiana "Avvenire". Di fronte ad un eccezionale afflusso di fedeli che sul quotidiano, monsignor Gianfranco Ravasi, teologo, ha definito un motivo di stupore per gli uomini di Chiesa, "non solo per l"eccesso' così debordante e quantitativo delle presenze ma anche per l'eccesso qualitativo e unico di questa partecipazione".
A confermare l'incremento della religiosità in Italia è l'ultima Indagine Mondiale sui Valori, diffusa nel 2002 (World Value Survey, http://www.worldvaluessurvey.org/statistics/index.html).
Secondo lo studio, rispetto all'inizio del papato di Wojtyla (1978), la pratica religiosa con cadenza più che mensile è passata da 37-38%, ad oltre il 45%. In controtendenza rispetto altri Paesi europei, come Francia (14% dei cittadini, di tutte le fedi) e Spagna (25%).
In Italia, è cresciuto in modo particolare il contributo dei giovani sotto i 25 anni, risaliti da meno 20% a 40%.
Eppure, la Chiesa italiana non sembra aver goduto di questa rinascita.
"Ci siamo illusi per queste folle di giovani davanti al Papa.. ma fino a pochi anni fa, io ero parroco in una grossa parrocchia di Milano e (di questoritorno alla religiosità) non avevo riscontro", dice a Reuters don Roberto Davanzo, oggi direttore della Caritas Ambrosiana.
"Dopo questi eventi di massa, non avvertivo chissà quale partecipazione. E so quanto fosse difficile fare una proposta al mondo giovanile", aggiunge.
Ma c'è chi dissente. "Si possono discutere le cifre, non la tendenza, di questo risveglio religioso in Italia. Per questo, sarebbe sbagliato parlare di reazione emotiva o superficiale (nel cordoglio per il Papa)", ribatte Massimo Introvigne, sociologo ed esperto internazionale di nuove religioni (Cesnur, Center for Studies on New Religions, www.cesnur.org).
A contestare i dati è una minoranza di studiosi ancorati al dogma della secolarizzazione, ... ogni volta gli strumenti scientifici li smentiscono. Anche se non si tratta di dati trionfalistici, i cattolici sono sotto il 50%, restano minoranza. E credo che in questa ripresa della religiosità Giovanni Paolo II c'entri molto".
Per Introvigne, la vera anomalia italiana, studiata anche all'estero come un curioso "puzzle", sta nel fatto che la pratica religiosa non si traduca in comportamenti conseguenti.
"Nell'Italia, che ha col Giappone il più basso tasso di natalità del mondo... Giovanni Paolo II ha entusiasmato. Ma spingersi sino a seguire nella pratica i suoi insegnamenti, in materie come sesso, cultura e politica, è un'altra cosa". Secondo il direttore della Caritas Ambrosiana invece, è l'estraneità alla vita della Chiesa il sintomo di un sentimento religioso emotivo, condizionato nel caso del cordoglio per il Papa anche dai media.
"Se non si traduce in un cammino ecclesialmente accompagnato, questo ritorno al sacro rischia di avere una concezione della divinità a proprio uso e consumo... occorre esorcizzare il rischio di farsi un Dio su misura", dice don Davanzo. "Gesù ha lasciato alla Chiesa il compito di educare nei secoli gli uomini alla scoperta del vero volto di Dio. Questo ritorno al sacro deve esprimersi attraverso un cammino preciso, altrimenti è idolatria...", aggiunge.
Una contraddizione, quella della religiosità in Italia, che ora dovrà affrontare il futuro Papa.
"Una scelta delicata, perché occorre che questo entusiasmo non vada deluso... il prossimo Papa magari non scierà e parlerà nove lingue... ma se arriva uno all'opposto si rischia il riflusso, per questo... cercasi comunicatore, una capacità che sarà determinante... ci si può chiedere se un Papa come Paolo VI sarebbe adequato al mondo mediatico di oggi", dice Introvigne.
"La morte di un Papa deve aiutare a capire il dono fatto da Gesù, di un carisma finalizzato a generare unità all'interno e al di fuori (della Chiesa)... dobbiamo appassionarci più della funzione che della persona", dice don Davanzo, invitando a non aspettarsi come successore un poliglotta carismatico, affascinante, atletico con una storia ricchissima.
Anche perché, aggiunge, ricordare il Papa significa riconoscere la provocazione del suo messaggio, il suo invito al cambiamento. "Ed anche fare un esame di coscienza... e chiedersi cosa succede, tra un'adunata oceanica e l'altra".