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AAA. Sociologia dell'esoterismo cercasi

di PierLuigi Zoccatelli
[Articolo comparso su La Critica Sociologica, n° 151, autunno 2004, pp. 84-92]

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«Carisma del libro» ed esoterismo

 

Qual è il legame che unisce lo storico dell’arte Ananda Kentish Coomaraswamy (1877-1947) e il fenomenologo delle religioni Mircea Eliade (1907-1986), l’iranista Seyyed Hossein Nasr (1933-) e lo shaykh della confraternita sufi Ahmadiyya Idrisîyya Shâdhilîyya in Italia, Felice (‘Abd al-Wahid) Pallavicini (1926-), lo «scrittore maledetto» Julius Evola (1898-1974) e il pensatore russo all’origine dell’ideologia «neo-eurasianista» Alexander Dugin (1962-), per non fare che una breve lista di nomi più o meno noti, e senza minimamente pretendere che ciascuno di essi si riconosca in sintonia con gli altri personaggi citati?

Volendo cercare una risposta in chiave sociologica al quesito ora posto, potremmo forse reperirla in quello che la studiosa statunitense Jane Williams-Hogan ha definito il «carisma del libro»[1], ovvero quel fenomeno del tutto particolare, al tempo stesso universale - poiché attira l’attenzione su un livello di realtà più profondo, che svolge una funzione unificatrice, e perché parla alle persone al di là delle loro culture di appartenenza - e personale - in quanto invita ogni individuo a confrontarsi con la propria vita e i propri bisogni - nel quale l’individuo trova in un libro una risposta che si rivolge specificamente a lui.

Se la sociologa Williams-Hogan ha applicato questa categoria ai suoi importanti studi dedicati al teologo, veggente e profeta del «nuovo cristianesimo» Emanuel Swedenborg (1688-1772)[2], riteniamo che un caso saliente in tempi più recenti sia applicabile all’opera del pensatore franco-egiziano René Guénon (1886-1951), autentico spartiacque nel milieu esoterico-occultista del XX secolo. Il quale, appunto (a prescindere da alcune esperienze giovanili, che non inficiano il valore della nostra osservazione, e alle quali tuttavia riconosciamo volentieri un’influenza tutt’altro che secondaria nello sviluppo della sua dottrina), si guardò bene dal fondare un qualsivoglia movimento, organizzazione o sodalizio, ma il cui influsso derivato dal suo «carisma del libro» - ossia dall’insieme, numerosissimo, dei suoi scritti - ha trovato un’eco in numerose personalità (solo alcune delle quali abbiamo menzionato in esordio, e a diverso titolo) che hanno ulteriormente elaborato tali idee, ovvero talora hanno dato vita a vere e proprie genealogie e organizzazioni, confraternite sufi e logge massoniche, movimenti spirituali e istanze culturali, cattedre d’insegnamento universitario e laboratori politici, e così via. Fu cioè grazie al potere delle idee contenute nei libri di Guénon che alcune persone decisero spontaneamente di creare delle realtà che ne tramandassero - per così dire - il messaggio, e di modellare su di esso la loro vita.

Un’occasione particolarmente utile per riflettere su tali coordinate ci è data dalla pubblicazione del primo studio accademico dedicato alla posterità del padre fondatore della corrente nata all’interno dell’esoterismo, nota talora con il nome di «tradizionalismo» o «perennialismo» (definizioni, entrambe, cariche di un giudizio di valore che meriterebbe un ampio e ulteriore discorso). Ci riferiamo all’opera di Mark Sedgwick, docente presso l’American University in Cairo, Against the Modern World. Traditionalism and the Secret Intellectual History of the Twentieth Century, dato alle stampe nel corso del 2004 dalla prestigiosa casa editrice Oxford University Press. La pubblicazione di questo volume è inoltre importante perché determina una volta di più che lo studio dell’esoterismo - e delle correnti dell’esoterismo - ha trovato una sua dignità accademica.

 

Sulle tracce di una sociologia dell’esoterismo

 

Sono trascorsi ormai più di trent’anni da quando, nell’agosto 1971, in una comunicazione presentata al convegno annuale dell’American Sociological Association (Denver, Colorado), Edward A. Tiryakian pose le basi di un approccio accademico - in ambito, appunto, sociologico - allo studio dell’esoterismo, con una formulazione iniziale della sociologia della cultura esoterica e la sua relazione con il più ampio contesto sociale[3]. Certo, in precedenza non erano mancati altri studiosi universitari i quali avevano portato un contributo fondamentale allo studio di quel vasto e inesplorato territorio di frontiera detto «esoterismo» (o, come oggi è puntualizzato con maggiore precisione, «correnti esoteriche moderne» o «esoterismo moderno occidentale»): sarebbe ingrato, infatti, dimenticare i contributi essenziali di François Secret (1911-2003), Daniel P. Walker (1914-1985), Frances A. Yates (1899-1981), Mircea Eliade, Gershom Scholem (1897-1982), e altri ancora. Tuttavia, la proposta di Edward Tiryakian, la cui versione rivista della conferenza del 1971 confluirà, nel 1974, in un influente volume curato dal medesimo[4], ebbe almeno il merito di produrre un’ampia discussione, iniziata nel 1983 da parte di Robert Galbreath con il saggio «Explaining modern occultism»[5] e proseguita sino ai giorni nostri - con un vigore e una precisione metodologica ancora maggiore - con la proposta di un «metodo empirico nello studio dell’esoterismo» da parte di Wouter J. Hanegraaff[6], titolare della cattedra di Storia della filosofia ermetica e delle correnti collegate presso l’Università di Amsterdam. In effetti, come notava nel 1984 James A. Beckford[7], la maggior parte dei sociologi si era interessata ai temi dell’occulto solo in quanto illustrazione conveniente delle teorie riduzioniste correlate alle categorie di «devianza» o di «sociologia dell’errore». Com’era, e com’è, ovvio, un tale approccio, centrato sulla nozione di «devianza» in relazione alla comprensione teoretica del fenomeno esoterico nelle società occidentali post-industriali (peraltro teorizzato maggiormente da Marcello Truzzi, più che da Edward Tiryakian, sempre nel volume On the Margin of the Visible[8]) non era, e non è, adeguato a interpretare correttamente un campo di studio che necessita invece - e anzitutto - di uno sforzo d’approfondimento diacronico basato ben diversamente su premesse storico-genetiche fondate e fondanti[9].

Ciò detto, il sasso era stato comunque gettato. Forse interpretare la marea montante dell’occulto come un ultimo tentativo di razionalizzazione dell’irrazionale non rese giustizia ad analisi che tenessero conto di significazioni più ambigue e problematiche. Ma almeno risultava chiaro che l’«esoterico» aveva intime relazioni con la struttura dei dinamismi sociali. E ancora, la proposta del 1971 di Edward Tiryakian ebbe almeno il merito d’introdurre la categoria di una «sociologia della cultura esoterica», la cui concettualizzazione si edifica attorno all’idea di cultura elaborata da Talcott Parsons (1902-1979) nelle sue Theories of Society, ovvero quella componente integrale dei sistemi di azione sociale che fornisce i livelli simbolici fondamentali d’espressione al problema esistenziale del significato inerente nell’esistenza sociale. La significazione delle cose, per gli attori sociali, non è solo materia intellettuale, semplice oggetto di conoscenza, ma è pure una realtà morale complessa. Di più, come afferma Parsons: «Il livello più elevato del problema del significato è quello delle concezioni della realtà ultima, nell’accezione religioso-filosofica. Ciò riguarda le premesse maggiori in cui le componenti non-empiriche del sistema globale di credenze di una cultura trovano le loro radici»[10].

In questo contesto, inoltre, anche «il problema del rapporto fra “magia” e “religione”»[11], fra approccio esoterico e approccio religioso al sacro, al numinoso, «farà certamente scorrere ancora molto inchiostro»[12], come ricordava nel 1999 Jean-François Mayer. Ci sia qui consentito solo accennare come tale preoccupazione si trovi da qualche anno al centro anche dei nostri studi, riflessioni e ricerche sul campo, confluiti in alcuni saggi tematici ruotanti attorno alla nostra proposta di un «paradigma esoterico»[13].

 

Esoterismo e scienze religiose

 

Dunque, a partire dagli anni 1990, per quanto sull’onda di progressive iniziative culturali che hanno preso corpo durante gli anni 1960 e 1970, una nuova disciplina accademica si è fatta strada nel campo delle scienze religiose: lo studio dell’esoterismo. Così, sempre più spesso e con una qualità di approfondimento scientifico, metodologico ed epistemologico via via crescente, la ricognizione dello spazio concettuale e storico che investe le correnti dell’esoterismo, ha trovato una platea sempre più attenta e intenzionata a un’investigazione intellettuale talora trascurata dalle precedenti generazioni di studiosi e ricercatori[14]. In tal senso, la cattedra creata a Parigi - nel 1965 - presso la École pratique des hautes études (sezione di scienze religiose) su «Storia dell’esoterismo cristiano», è diventata - nel 1979 - sede d’insegnamento accademico della «Storia delle correnti esoteriche e mistiche nell’Europa moderna e contemporanea», e da questa sede si è diffuso a livello internazionale il nuovo approccio di studio dell’esoterismo (basato su una specifica criteriologia), formulato e condotto da Antoine Faivre in molte opere di risonanza mondiale[15]. Ancora, nel 1980 è stata creata negli Stati Uniti la Hermetic Academy, gruppo di studi sulle tradizioni esoteriche collegata all’American Academy of Religion, nell’ambito della quale ultima fu istituita - nel 1986 - l’unità di ricerca denominata «Esotericism and Perennialism Group» (dal 1993 «Theosophy and Theosophical Thought Seminar»). Infine, tralasciando qui solo per brevità altre iniziative accademiche su scala nazionale o mondiale, risale al 1999 la creazione presso l’Università di Amsterdam di uno specifico dipartimento consacrato alla storia delle correnti esoteriche occidentali moderne e la cui sigla di riferimento è «History of Hermetic Philosophy and Related Currents».

Nel frattempo, si sono moltiplicati gli studiosi che hanno deciso di coltivare questo ambito di ricerca con una ragionata specializzazione, e ai nomi di François Secret, Antoine Faivre, Jean-Pierre Laurant, Roland Edighoffer (per non dire dei collaterali Frances A. Yates, Gershom Scholem, Mircea Eliade; tutti variamente sottoposti a un vaglio critico dalle nuove generazioni di accademici), si sono aggiunti - l’ordine è volutamente alfabetico - Jean-Pierre Brach, Joseph Dan, Joscelyn Godwin, Wouter J. Hanegraaff, Jérôme Rousse-Lacordaire, Marco Pasi, James Santucci, Jan Snoek, Arthur Versluis, per non citare che alcuni dei molti nomi ormai noti nel crescente milieu di specialisti. E alle personalità degli studiosi si sono affiancati strada facendo i sempre più indispensabili «utensili del mestiere», che non sono mancati e non mancano: la rivista trilingue ARIES, fondata nel 1985 da Faivre ed Edighoffer, è diventata nel 2001 Aries: Journal for the Study of Western Esotericism, ed è ora pubblicata dalla prestigiosa editrice universitaria Brill; da alcuni anni la storica Revue des Sciences philosophiques et théologiques dei padri domenicani francesi del Saulchoir dedica con cadenza regolare uno spazio cospicuo al Bulletin d’histoire des ésotérismes; e oltreoceano continua con regolarità la pubblicazione di Theosophical History. Per non dire delle iniziative editoriali - troppo numerose per essere menzionate una ad una[16] -, che hanno visto un culmine (peraltro non esente dagli aspetti critici, effettivamente rimarcati a vario titolo e con diversa gradazione) nella pubblicazione, avvenuta nel 1998, del Dictionnaire critique de l’ésotérisme, diretto da Jean Servier (1918-2000) per conto delle Presses Universitaires de France.

Quindi, e ancora, lo studio dell’esoterismo ha trovato una sua dignità accademica. Inteso nelle sue due accezioni primarie di «conoscenza segreta» o «tipo di conoscenza che emana da un “centro” spirituale e che si raggiunge solo dopo avere tutto trasceso, incluse le tecniche prescritte che conducono a esso»[17], si tratta di una «forma di pensiero»[18] che inizia a fare la sua comparsa in Occidente nel momento in cui - a partire dal XV secolo, quando il pensiero inizia ad adottare una sorta di aristotelismo formale e a rigettare nel contempo la credenza in una serie di rapporti che uniscono Dio, l’uomo e l’universo - si opera una «rottura epistemologica» che conduce al sorgere delle correnti esoteriche, che si presenteranno come una reazione a questa rottura. Così, pensatori, umanisti, sapienti e filosofi si approprieranno di questo campo di riflessione diventato quasi vacante. È in questa categoria di reinterpretazione che troviamo i primi esoteristi, nel senso moderno del termine. Allora un intero corpo referenziale va a costituirsi progressivamente, a partire dai testi antichi e nuovi, sin dalla fine del XV secolo. In questo contesto, gli studiosi intendono oggi per esoterismo il revival dell’ermetismo e la cosiddetta philosophia occulta, l’alchimia, il paracelsianesimo e il rosicrucianesimo, la qabbalah cristiana, le correnti teosofiche e occultistiche, fino al più recente «tradizionalismo» o «perennialismo», e oltre.

 

«Il n’y a pas de René Guénon»[19]

 

L’esoterismo nella sua declinazione «tradizionalista» - o meglio, del «tradizionalismo guénoniano» - è l’oggetto specifico del volume Against the Modern World di Mark Sedgwick, un’accurata opera di taglio storico in cui l’autore intende tracciare un profilo biografico-intellettuale di René Guénon e della progenie che a lui si è ispirata (non esente da interpreti che hanno avanzato criteri per un’«ortodossia guénoniana»), letta nel suo insieme come una corrente, al pari di Guénon, essenzialmente anti-moderna, e che nell’ottica di Sedgwick emerge quale conseguenza del clima tardo ottocentesco del milieu occultista francese, quando la progressiva perdita da parte delle élite intellettuali progressiste dell’epoca della fede nella capacità del cristianesimo di veicolare le verità religiose e spirituali, condusse l’Occidente a «scoprire» i testi religiosi non occidentali e in genere le spiritualità orientali. Nel delineare la storia del «movimento tradizionalista guénoniano», Mark Sedgwick segmenta il suo svolgimento suddividendo in tre rispettive fasi la vita di Guénon, l’esistenza del «tradizionalismo» e gli elementi centrali della «filosofia tradizionalista».

Quanto alla vita di René Guénon, essa è considerata in un primo momento «occultista», nel corso del quale l’esoterista di Blois ha modo di entrare in rapporto con molte di quelle realtà tipiche del milieu esoterico-occultista francese a cavallo del XIX-XX secolo, che secondo Sedgwick costituiranno una fonte privilegiata nella successiva elaborazione del pensiero «tradizionalista»; in un secondo momento di vicinanza al mondo cattolico dell’epoca, esemplificato dai rapporti inizialmente saldi con il filosofo Jacques Maritain (1882-1973) e l’iconografo Louis Charbonneau-Lassay (1871-1946)[20], e in generale dalla collaborazione alla rivista Regnabit, fra il 1925 e il 1927[21]; e in un terzo momento segnato dalla partenza di Guénon per il Cairo, nel 1930, da dove non rientrerà mai più in Francia.

Riguardo gli elementi centrali della «filosofia tradizionalista», essi sono la credenza nell’esistenza di una «filosofia perenne», ovvero l’idea - già elaborata in epoca rinascimentale, e riemersa nell’Ottocento - che tutte le religioni condividano un’origine comune in una rivelazione primordiale; l’«inversione», ovvero un’omnipervadente caratteristica della Modernità, che nell’ottica «tradizionalista» induce a ritenere che il mondo moderno vada interpretato nell’ottica del declino anziché del progresso; e l’iniziazione - finalizzata alla realizzazione spirituale, o metafisica -, che già secondo Marcel Clavelle (1905-1988, intimo collaboratore di Guénon, più noto con lo pseudonimo, fra gli altri, di Jean Reyor) rappresenta l’«idea centrale» dell’opera di Guénon: «L’essere che attualmente è un uomo può, in certe condizioni, raggiungere fin da questa vita lo stato spirituale che diverse tradizioni designano come lo “stato primordiale” o lo “stato edenico” (“piccoli misteri”), poi elevarsi agli stati superiori dell’essere e infine ottenere ciò che si può chiamare indifferentemente la “Liberazione” o lo stato di “Identità Suprema” (“grandi misteri”). La prima delle condizioni necessarie perché ciò avvenga - ammesso che l’uomo abbia in lui stesso le qualificazioni richieste - è l’iniziazione, cioè la trasmissione, per mezzo di riti appropriati, di un’influenza spirituale»[22].

Infine, circa la tripartizione della storia del «tradizionalismo», Mark Sedgwick la suddivide in una prima fase delimitata dall’anno 1930 - ripetiamolo, data di partenza di Guénon per il Cairo -, durante la quale Guénon sviluppa una «filosofia tradizionalista» attraverso vari articoli e libri, oltre che saldando i rapporti con una cerchia ristretta di lettori; un secondo periodo, caratterizzato dai tentativi da parte di alcuni ferventi ammiratori di Guénon di dare uno sbocco pratico alle istanze della «filosofia tradizionalista», particolarmente in due contesti assai diversi fra loro, ossia l’ambito delle confraternite islamiche - sul tema Mark Sedgwick intrattiene il lettore in alcuni dei capitoli più informati del libro, dedicando molte pagine alle controverse vicissitudini di Frithjof Schuon (1907-1998), shaykh della confraternita sufi Mariamîyya nonché il più importante diffusore del «perennialismo» nel mondo anglo-americano e accademico contemporaneo (sua è la definizione, diventata celebre, dell’«unità trascendente delle religioni»[23]) - e le forme di rivolta costituite dal sorgere dei fascismi europei; e ancora, nella terza fase che caratterizza il periodo successivo agli anni 1960, assistiamo al parziale fondersi delle idee «tradizionaliste» nel contesto della cultura occidentale generale circostante, nonché al suo passaggio d’influsso dall’Occidente a settori cospicui del mondo islamico, della Russia e di alcuni Paesi dell’Europa dell’Est.

Come questa rapidissima rassegna testimonia, e come l’importante libro di Mark Sedgwick - a nostro avviso, non esente da errori di ricostruzione e prospettiva (utilmente corretti in un’apposita sezione del sito Internet gestito dall’autore, www.traditionalists.org, che costituisce inoltre una sorta di appendice online al libro, oltre che essere una miniera di preziose informazioni sul «tradizionalismo») - oggettivizza nel corso del suo brillante studio, ci troviamo dunque di fronte a uno straordinario «fiume carsico» che ha attraversato e attraversa la storia del pensiero occidentale in epoca contemporanea, e che non riguarda «solamente» le scelte intellettuali di cerchie ristrette di individualità isolate, ma ha saputo dare vita alla socializzazione di una cultura basata su premesse anti-moderne, alimentando - forse suo malgrado - un movimento nell’accezione sociologica del termine, costituito da una complessa teoria di gruppi spesso discreti e nondimeno assai influenti nel panorama religioso e spirituale occidentale contemporaneo, influenzando in maniera ben più cospicua di quanto appaia a un primo sguardo gli studi religiosi dell’ambiente accademico (una specie di «vendetta» a posteriori, se consideriamo che, nel 1921, l’indologo Sylvain Lévi [1863-1935] rifiutò la tesi di dottorato di Guénon), e infine è entrato nel dibattito tutto recente all’interno del mondo islamico (per esempio in Iran e Turchia) sul rapporto possibile fra Modernità e islam.

 

John, dress me slowly, because I am in a hurry

 

Conclusivamente, il «carisma del libro» insito nell’opera di Guénon, di cui il volume di Mark Sedgwick insegue con un qualche successo la posterità (un risultato che da solo giustifica, a nostro avviso, questa fatica editoriale), si pone nel filone della dialettica complessa fra Modernità e anti-Modernità, e sembra capace di convincere molte intelligenze alla ricerca di verità e soprannaturale e che, grazie a Guénon, hanno l’impressione di ritrovarsi in modo più sicuro nella complessità di correnti e dottrine, tanto più che egli è il primo a trattare veramente dell’«unità trascendente delle religioni» in maniera circostanziata, sistematica e argomentata. René Guénon, peraltro, ha svolto questa sua funzione centrando le proprie concettualizzazioni sull’assunto dell’«inversione» quale caratteristica peculiare della Modernità occidentale, in quanto tale percepita nel suo insieme (la cultura, la civilizzazione, la scienza moderna) come essenzialmente incompatibile con la Tradizione. Ciò che induce tuttavia a riflettere - senza la pretesa di avanzare una verità ultima su un fenomeno a proposito del quale ulteriori studi sono indispensabili - è il fatto che i modelli interpretativi, la «teologia della storia», adottati da Guénon e dalla sua posterità, centrati ultimamente sull’idea dell’esistenza di una Tradizione primordiale rispetto alla quale la Modernità rappresenta una polarità inversa, risultano essere un portato della concezione di «philosophia perennis» (formula coniata nel 1540 dall’erudito vescovo, nonché bibliotecario della Vaticana, Agostino Steuco [1496-1549], appunto nell’opera De perenni philosophia, peraltro priva di tendenze eclettiche) che, in quanto tale, è essenzialmente marcata dallo spirito umanistico del Rinascimento.

Curioso, non vi è che dire, che un pensiero adottato da molte intelligenze quale «macchina da guerra» contro la Modernità, tragga in ultima analisi un’importante cifra della propria griglia interpretativa da quello spirito umanistico rinascimentale - in ambito esoterico, riaffiorato sul finire del XIX secolo con idee affini elaborate dalla nascente Società Teosofica[24], contro la quale pure il «tradizionalismo guénoniano» ha da sempre ingaggiato una polemica senza quartiere - che segnerebbe, nella sua medesima ottica (e per molti altri versi, del tutto giustamente), l’inizio della fine della civiltà tradizionale d’Occidente. Forse, un tipo di anti-Modernità del tutto moderna, su cui ulteriori studi - anche nell’ambito di una sociologia dell’esoterismo, tutta da costruire - sembrano necessari.


 

[1] Cfr. Jean-Williams-Hogan, «Moving Beyond Weber’s Concept of Charisma. The Role of Written Text in the Founding of the Swedenborgian Church», relazione presentata in occasione dello Swedenborg Seminar presso l’American Academy of Religion, 1997 (inedito).

[2] Cfr. Eadem, Swedenborg e le Chiese swedenborgiane, Elledici, Leumann (Torino) 2004.

[3] Cfr. Edward A. Tiryakian, «Toward the Sociology of Esoteric Culture», The American Journal of Sociology, 78 (1972), pp. 491-512.

[4] Cfr. Idem (a cura di), On the Margin of the Visible. Sociology, the Esoteric, and the Occult, Wiley, New York 1974.

[5] Cfr. Robert Galbreath, «Explaining modern occultism», in Howard Kerr - Charles L. Crow (a cura di), The Occult in America. New Historical Perspectives, University of Illinois Press, Chicago 1983, pp. 11-37.

[6] Cfr. Wouter J. Hanegraaff, «Empirical method in the study of esotericism», Method & Theory in the Study of Religion, 7-2 (1995), pp. 99-129.

[7] Cfr. James A. Beckford, «Holistic imagery and ethics in new religious and healing movements», Social Compass, 32 (1984), pp. 259-272.

[8] Cfr. Marcello Truzzi, «Definition and Dimensions of the Occult. Towards a Sociological Perspective», in E. A. Tiryakian (a cura di), On the Margin of the Visible. Sociology, the Esoteric, and the Occult, cit., pp. 243-255.

[9] Cfr. Wouter J. Hanegraaff, art. cit., p. 120.

[10] Talcott Parsons et alii, Theories of Society, Free Press, New York 1961, p. 970.

[11] Jean-François Mayer, «Note sur les “nouveaux mouvements magiques”», ARIES, 22 (1999), pp. 86-100 (p. 86).

[12] Ibidem.

[13] Cfr., in sintesi, PierLuigi Zoccatelli: «Notes on the Ordo Templi Orientis in Italy», Theosophical History, VII-8 (1999), pp. 279-294; «Il paradigma esoterico e un modello di applicazione. Note sul movimento gnostico di Samael Aun Weor», La Critica Sociologica, 135 (2000), pp. 33-49; «Forme del buddhismo in Italia. Il caso Shinnyo-en», La Critica Sociologica, 140 (2002), pp. 100-112; «Ossimori e palindromi euristici: l’aumismo, fra religione ed esoterismo», Religioni e Società. Rivista di scienze sociali della religione, XVIII-47 (2003), pp. 101-111.

[14] Per un punto della situazione, cfr. Antoine Faivre - W. J. Hanegraaff (a cura di), Western Esotericism and the Science of Religion, Peeters, Lovanio 1998.

[15] Cfr. A. Faivre, Accès de l’ésotérisme occidental, 2 voll., Gallimard, Parigi 1996. In trad. it., cfr. Idem, L’esoterismo. Storia e significati, SugarCo, Carnago (Varese) 1992 (senza dimenticare che questo pregevole studio introduttivo ha avuto una terza edizione aggiornata dall’autore: L’ésotérisme, Presses Universitaires de France, Parigi 2002), ed Esoterismo e tradizione, Elledici, Leumann (Torino) 1999.

[16] In Italia, dirigo dal 2000 presso le edizioni Arkeios di Roma la collana di studi scientifici sull’esoterismo «Hermetica», cinque titoli sin qui pubblicati: Guy G. Stroumsa, La Sapienza nascosta. Tradizioni esoteriche e radici del misticismo cristiano, 2000; François Secret, I cabbalisti cristiani del Rinascimento, 2002; Nathaniel Deutsch, L'immaginazione gnostica. Gnosticismo, mandeismo e misticismo della merkavah, 2002; Jean Borella, Esoterismo guénoniano e mistero cristiano, 2002; Brian J. Gibbons, Spiritualità e Occulto. Dal Rinascimento all'Età Moderna, 2004.

[17] A. Faivre - Karen-Claire Voss, «Western Esotericism and the Science of Religion», Numen, 42 (1995), pp. 48-77 (p. 49).

[18] L’espressione, resa celebre da Faivre nella definizione della natura dell’approccio metodologico all’esoterismo, è originariamente del sociologo francese Émile Poulat, come ricorda lo stesso A. Faivre in «Émile Poulat et notre domaine», in Valentine Zuber (a cura di), Un objet de science, le catholicisme. Réflexions autour de l’œuvre d’Émile Poulat, Bayard, Parigi 2001, pp. 209-213 (p. 212).

[19] L’emblematica frase è attribuita dagli storici allo stesso Guénon, il quale avrebbe così apostrofato durante una contesa Alexandre de Salzmann (1874-1934), allievo dell’esoterista caucasico George Ivanovitch Gurdjieff (1866?-1949): cit. in James Webb, The Harmonious Circle. The Lives and Work of G. I. Gurdjieff, P. D. Ouspensky, and Their Followers, Putnam’s, New York 1980, p. 467.

[20] Di Charbonneau-Lassay, oltre alla biografia da me curata assieme a Stefano Salzani (Hermétisme et emblématique du Christ dans la vie et dans l’œuvre de Louis Charbonneau-Lassay [1871-1946]), Archè, Parigi-Milano 1996), ho diretto la pubblicazione in lingua italiana dell’opera omnia sul simbolismo cristiano per l’editrice Arkeios di Roma: cfr. Louis Charbonneau-Lassay, Il Bestiario del Cristo, 2 voll., 1994; Il Giardino del Cristo ferito, 1995; Le Pietre misteriose del Cristo, 1997; Simboli del Cuore di Cristo, 2003.

[21] Cfr. René Guénon, Écrits pour Regnabit. Recueil posthume établi, présenté et annoté par PierLuigi Zoccatelli, Archè - Nino Aragno Editore, Milano-Torino 1999. Sul periodo in questione, e sui rapporti fra Guénon e Charbonneau-Lassay, cfr. il mio Le Lièvre qui rumine. Autour de René Guénon, Louis Charbonneau-Lassay et la Fraternité du Paraclet. Avec des documents inédits, Archè, Milano 1999.

[22] Jean Reyor, A la suite de René Guénon... sur la route des Maîtres Maçons, Editions Traditionnelles, Parigi 1989, p. 27.

[23] Cfr. Frithjof Schuon, Unita trascendente delle religioni, trad. it., Mediterranee, Roma 1997.

[24] Cfr. James Santucci, La Società Teosofica, Elledici, Leumann (Torino) 1999.