In tutto l’Estremo Oriente è in corso una gigantesca caccia all’uomo per prendere Noordin Mohamad Top, un nome ignoto al pubblico europeo ma notissimo in Malaysia e in Indonesia. Top, nato in Malaysia ma che si pensa si nasconda in Indonesia, è il responsabile militare di al Qaeda per una vasta area che comprende il sudest asiatico e l’Oceania. Dopo l’arresto del fondatore Hanbali, è l’uomo forte di Jemaah Islamiyah (Ji), l’organizzazione ultrafondamentalista indonesiana che è nata in modo indipendente ma è poi diventata una componente cruciale del network internazionale di Osama bin Laden. A Top personalmente sono attribuiti almeno trecento morti, compresi quelli dell’attentato di Bali dell’ottobre 2002, di cui è stato la mente e il supervisore operativo. Il braccio di quello e di altri attentati era Azahari bin Husin, un ingegnere malese con un dottorato conseguito in Inghilterra, soprannominato “Demolition Man” per la sua abilità con gli esplosivi. L’ultimo gesto di Azahari è stato far saltare in aria se stesso il 9 novembre scorso, dopo che il suo rifugio era stato circondato dalla polizia indonesiana, anche se la tremenda esplosione non ha permesso di identificare i corpi e qualche dubbio rimane.
Top non tace: qualche tempo fa con un video e ora via Internet annuncia castighi tremendi anzitutto per la Malaysia e l’Indonesia, quindi per quattro paesi elencati nell’ordine come nemici Stati Uniti, Gran Bretagna, Italia e Australia e per i loro leader. Le parole dei capi di al Qaeda non sono mai casuali. Dopo le elezioni del 2004 Malaysia e Indonesia formano un asse di paesi che possono essere considerati in marcia verso la piena democrazia, anche se i poteri delle forze armate (specialmente a Giakarta) sono ancora assai più estesi di quanto sia normale in un paese democratico. In Malaysia ha vinto un musulmano legato alle confraternite sufi, Badawi, e in Indonesia un generale, Yudhoyono, che a differenza della sua rivale Sukarnoputri, la figlia del “padre della patria” Sukarno si professa musulmano praticante e ha goduto del sostegno di movimenti islamici conservatori ma non fondamentalisti come la Nahdlatul Ulama (Nu), che ha quaranta milioni di membri.
Che al Qaeda abbia sempre un occhio sulla politica interna dei Paesi nemici specie dopo lo straordinario successo che continua a vantarsi di aver conseguito a Madrid, dove il suo tempestivo attentato è stato decisivo per la vittoria di Zapatero è confermato dagli attacchi personali non solo a Bush, Blair e Howard ma anche a Berlusconi e al ministro degli esteri australiano Alexander Downer, impegnato in polemiche interne al suo partito. Una marcia che parte dall’Indonesia può sembrare lunga. Ma per al Qaeda influenzare a suon di bombe i processi politici ed elettorali compreso quello italiano del 2006 è ormai un obiettivo strategico perseguito con preoccupante regolarità. L’Italia non può stare tranquilla.