CESNUR - Centro Studi sulle Nuove Religioni diretto da Massimo Introvigne
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Cristiani europei a lezione di polacco

di Massimo Introvigne (L'Indipendente, 30 novembre 2005)

C’è una “eccezione polacca” a tutto quanto si dice della religione in Europa, che è diventato ancora più urgente capire da quando, il mese scorso, un partito cattolico conservatore ha conquistato sia la presidenza del Consiglio sia quella della Repubblica in Polonia. Un congresso alla Pontificia accademia teologica di Cracovia ha cercato, la settimana scorsa, di offrire qualche dato. Dal punto di vista quantitativo nessun Paese cattolico del mondo (con l’eccezione della piccola Malta) può vantare statistiche religiose così favorevoli alla Chiesa. Il 95 per cento dei polacchi si dichiara cattolico. All’inizio del 2005 il 60 per cento affermava di andare a messa tutte le domeniche, il 77 per cento almeno una volta al mese, a fronte di medie dell’Unione europea (riferite alla pratica cristiana in genere) rispettivamente del 20 per cento e del 25 per cento. Il 90 per cento si dichiara contrario all’aborto e il 65 per cento al riconoscimento delle unioni di fatto (anche eterosessuali). Da un punto di vista politico, in un Paese senza tradizione democratico-cristiana un partito cattolico conservatore ispirato alle idee teocon – e non privo di punte aspre – è riuscito a tradurre queste statistiche in voti. Le statistiche polacche erano note anche ai tempi del comunismo, ed erano spiegate come un modo silenzioso di manifestare il proprio dissenso.

In effetti, la fine del comunismo ha causato una caduta della pratica religiosa: ma negli ultimi anni le statistiche hanno ricominciato a salire. I vescovi polacchi cercano pure di scoprire che cosa ci sia di vero nell’obiezione rivolta di frequente alle statistiche (non solo in Polonia) secondo cui molti “dicono” di andare a messa ma non ci vanno. Procedono alla conta, una domenica all’anno, di tutti coloro che assistono alla messa in qualunque tipo di luogo dove si celebri. I dati del 2004 rivelano che il 25 per cento di coloro che dichiarano di andare a messa in effetti non ci vanno. La frequenza settimanale “dimagrisce” così al 45 per cento e quella mensile al 58 per cento. Il dato rimane imponente, e la trascrizione politica sorprendente. È possibile applicare la lezione polacca altrove? In Italia le statistiche “dimagrite” rispetto a quanto gli intervistati dichiarano ai sociologi (se la diminuzione percentuale da applicare a quanto riferito fosse simile a quella polacca, il che sembra emergere da una recente indagine compiuta a Venezia) ci darebbero una pratica almeno mensile del 35 per cento, e aumenta il numero di persone che si dichiarano vicine alla gerarchia cattolica su temi come l’aborto, la procreazione artificiale, il matrimonio omosessuale.

Il blocco sociale che sostiene questo rinnovato interesse per la religione non coincide con il vecchio blocco sociale democristiano. Come in Polonia, potrebbe essere un soggetto politico nuovo – forse un Partito popolare all’europea – a poter intercettare questi bisogni di rappresentanza etico-religiosa, che comunque non possono essere ignorati.