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Algeria: "Amnistia alla memoria"

di Massimo Introvigne (L'Indipendente, 8 ottobre 2005)

Facendo approvare da un referendum una legge per la "pace e la riconciliazione nazionale" in Algeria, il presidente Bouteflika ha cercato di accreditarsi come l'uomo capace di mettere la parola fine a quindici anni di stragi che hanno causato almeno 120mila morti.

Dopo il successo nel primo turno delle elezioni del dicembre 1991 del partito fondamentalista Fis (Fronte islamico di salvezza) e il colpo di Stato dell'esercito del gennaio 1992 che impedisce al Fis di governare, nell'islam politico costretto alla clandestinità emerge l'ala radicale del Gia (Gruppo islamico armato) che scatena contro il regime la più sanguinosa ondata di violenze dell'intera storia del terrorismo ultra fondamentalista islamico. Dopo l'11 settembre 2001 l'azione dell'esercito si intensifica e, da decine di migliaia, i terroristi attivi in Algeria sono ora ridotti a qualche decina. Con la "riconciliazione nazionale" Bouteflika cerca di trasformare la vittoria militare in vittoria politica.

Ma il referendum - pure partito sotto i migliori auspici - rischia di rappresentare un passo indietro nel processo verso la democrazia. Si è "blindata" una legge che offre l'amnistia non solo agli ex terroristi, ma anche ai militari che nel corso della repressione del terrorismo hanno violato la legge e si sono resi responsabili di torture e atrocità. Certo, le atrocità dei terroristi sono state più numerose e peggiori di quelle dei militari, ma l'aspetto più controverso è la possibilità per il governo di distruggere legalmente documenti, e comunque di non fornirli ai giudici algerini o stranieri che li richiedano.

È difficile non cogliere - e la stampa algerina, pure non totalmente libera, lo ha fatto - il nesso con il lungo processo in corso a Parigi e relativo al martirio dei sette monaci trappisti di Tibhirine, rapiti in Algeria nella notte fra il 26 e il 27 marzo 1996 e i cui corpi decapitati sono scoperti il 31 maggio dello stesso anno.

L'assassinio è attribuito al Gia, ma un processo avviato nel dicembre 2003 da una denuncia della famiglia di uno dei monaci e dal viceprocuratore del loro ordine religioso mette in dubbio la versione ufficiale dei fatti. I denuncianti sostengono che i monaci sono stati materialmente uccisi da estremisti islamici, ma che questi erano manipolati e "teleguidati" dai servizi algerini. E soprattutto si è convinti che i servizi francesi erano almeno a conoscenza di un'operazione creata ad arte per giustificare, di fronte a crescenti critiche internazionali, la "mano pesante" del regime di Algeri, sostenuto da Chirac, contro l'islam politico.

La nuova legge di Bouteflika rischia di fare sparire per sempre i documenti su Tibhirine e su decine di casi simili. Intervistato dalla televisione nazionale su Tibhirine, Bouteflika ha risposto semplicemente che «ci sono verità che è meglio non sapere». Ma davvero la riconciliazione può passare per la menzogna?