Negli Stati Uniti d’America è in corso da qualche tempo un grande dibattito culturale e politico, che tra l’altro dovrebbe interessare i lettori e gli elettori italiani perché vi ritorna spesso il nome di Romano Prodi, leader di quel cartello delle Sinistre nostrane che già si vede in sella al governo del Paese.
Riassunto (indispensabile) delle puntate precedenti. Nel 2003 uno degli esponenti più tipici e autorevoli di quel mondo politico-culturale che anche da noi si è imparato a definire neoconservatorismo, Robert Kagan, pubblica un volume di grande risonanza rapidamente tradotto anche in italiano da Mondadori dal titolo Paradiso e potere. Molti continuano ancora oggi a citarne una e una sola frase: “Gli americani vengono da Marte e gli europei da Venere”. Sembra una battutaccia parvenu americanista dal vago sapore New Age, ma invece è una ipotesi di lavoro molto seria.
Secondo Kagan, dopo l’esperienza tragica delle due guerre mondiali nel secolo XX, gli europei hanno finito per chiudersi in un rifiuto preconcetto e acritico dell’arte del dio Marte, ossia la guerra, e quindi per costruirsi un paradiso terrestre proprio dal quale ritengono di poter facilmente tenere a bada i serpenti che lo insidiano ieri il comunismo, oggi il fondamentalismo islamico incantandoli con la cultura e la diplomazia.
Ora, il paradiso europeo dice Kagan ha sì funzionato, ma solo perché è stato vigilato costantemente all’esterno dall’angelo con la spada fiammeggiante rappresentato dagli Stati Uniti, i quali, a differenza dell’Europa occidentale, hanno continuato a investire somme cospicue in armamenti e a combattere guerre. Non rendendosi conto di come stiano le cose, molti leader europei, di sinistra (Prodi) ma non solo (Jacques Chirac), pensano che la propria utopia kantiana della pace universale funzioni solo per le sue intrinseche virtù morali ritenute superiori, e che quindi possa essere esportata ovunque con la pace e il sorriso.
In realtà osserva acutamente Kagan nel suo libro, oramai classico se l’allegra “terra di Venere” europea non è stata e non viene travolta è solo perché protetta a distanza dal potere militare statunitense.
Negli ultimi mesi con il libro The Cube and the Cathedral: Europe, America, and Politics Without Gods (Basic Books, New York) e con una serie d’interventi su riviste e quotidiani, da ultimo in occasione della morte di Papa Giovanni Paolo II, di cui è stato biografo, e dell’elezione di Papa Benedetto XVI, di cui è amico da anni su questi temi si è espresso anche George Weigel, uno dei capofila della corrente cosiddetta theocon (teoconservatrice), assai vicina al presidente George W. Bush. Caratteristica dei theocon, del resto, è quella di rileggere alcuni temi tipici del neoconservatorismo ma in chiave distintamente religiosa.
Weigel dice sostanzialmente a Bush che la Casa Bianca ha un problema Europa, di cui fa peraltro bene a occuparsi perché l’alleanza con l’Unione Europea resta contro ogni ipotesi isolazionista ancora indispensabile agli Stati Uniti. In questo quadro Kagan così suggerisce Weigel ha in gran parte ragione, ma non centra del tutto la questione perché non si spinge alle radici vere del problema.
Perché l’Europa si culla nell’utopia pacifista? Lo choc di fronte alle due guerre mondiali on è insomma per Weigel una spiegazione sufficiente. Il problema nasce prima, dice, e ha marcate radici religiose. L’Europa a differenza degli Stati Uniti, dove (almeno al di fuori delle grandi metropoli) la maggioranza della popolazione continua a frequentare le Chiese e le chiese ha subito un profondo processo di scristianizzazione lucidamente evidenziato dal suicidio demografico (se nascono pochi bambini, è necessario importare immigrati, in maggioranza islamici) il quale le ha tolto nientemeno che la volontà e le ragioni per combattere, e perfino d’identificare i nemici.
Quelli che dunque Prodi definisce i valori morali dell’Europa pace, giustizia e solidarietà sono solo vaghi slogan relativisti che mascherano, secondo Weigel, la rinuncia a pensare il mondo in termini di valori.
La sola politica non basterà quindi al presidente Bush: gli Stati Uniti debbono infatti cercare in Europa interlocutori disposti a ripensare il tema delle radici cristiane. A chi pensa il theocon? Più che a un riavvicinamento a Chirac, Weigel guarda a Benedetto XVI, a un rinvigorito Partito Popolare Europeo, e a diversi leader delle nuove democrazie dell’Est ex sovietico.