CESNUR - Centro Studi sulle Nuove Religioni diretto da Massimo Introvigne
www.cesnur.org

Le moschee dove cresce l'estremismo

di Massimo Introvigne (il Giornale, 29 aprile 2005)

La ricerca Musulmani in Piemonte, che don Augusto Tino Negri e Silvia Scaranari hanno coordinato per il Centro Federico Peirone e che sarà presentata oggi in un convegno a Torino, è la maggiore per estensione e diversificazione del campione finora condotta in Europa. Per la prima volta, le interviste sono state condotte da intervistatori di madre lingua ed etnia: i marocchini sono stati intervistati da marocchini, gli albanesi da albanesi, e così via.

La ricerca ha un rilievo nazionale, se si considera che il Piemonte – con i suoi quarantamila musulmani – è fra le regioni più “islamiche” d’Italia e presenta un’ampia differenziazione per etnie e tendenze. Lo studio smentisce due miti contrapposti: quello secondo cui anche da noi tutti i musulmani sono fondamentalisti e potenziali terroristi, e quello che vorrebbe tutti i musulmani immigrati rapidamente investiti dalla forza secolarizzante della nostra cultura laica e trasformati in pochi anni in illuministi.

Per quanto riguarda la secolarizzazione, quello che la ricerca definisce “islam laico” è presente in modo consistente, anche se non maggioritario, solo fra i musulmani albanesi, che rappresentano però un caso molto particolare legato alla storia recente della loro nazione. Fuori degli albanesi, solo il 3% dei musulmani non auspica una società basata sulla legge islamica, la shari’a. Il 61% auspica anche l’applicazione delle pene coraniche tradizionali in caso di adulterio, furto e simili; il 67% vuole che il diritto di famiglia sia regolato dalla legge islamica.

È vero che i musulmani piemontesi non frequentano in modo maggioritario le loro 43 moschee e sale di culto. La ricerca ha controllato le semplici affermazioni di chi dice di recarsi in moschea attraverso l’opinione degli imam e l’effettivo conteggio dei presenti al venerdì. Così a Torino il 26% dei fedeli afferma di recarsi in moschea tutti i venerdì, ma l’affluenza reale (che peraltro si raddoppia nel mese di Ramadan) è del 5% secondo gli imam e del 4% secondo le rilevazioni. Tuttavia, non esiste nell’islam un obbligo di frequenza settimanale della moschea simile al precetto domenicale cattolico. Sono più caratteristici dell’identità musulmana il digiuno del Ramadan (praticato a loro dire dal 96% degli intervistati) e la preghiera quotidiana (53%).

D’altro canto, non si deve neppure credere che tutti i musulmani siano fondamentalisti, né – a più forte ragione – compagni di strada del terrorismo. Sommando quelli che la ricerca definisce islam radicale (fondamentalista sia in religione sia in politica) e islam “islamista” (fondamentalista nelle scelte politiche anche se non nella pratica religiosa) si arriva al 24% di musulmani “fondamentalisti”, nei diversi sensi di questo termine, peraltro ambiguo. La maggior parte dei musulmani in Piemonte sono legati alla loro identità e tutt’altro che laici o illuministi, ma non sono fondamentalisti.

Un dato che colpisce è la prevalenza di forme di islam politico e di fondamentalismo, certo diverse fra loro, riscontrato nella letteratura distribuita nelle moschee, e nella maggiore radicalizzazione su temi come la legge islamica o le pene coraniche di chi frequenta regolarmente le moschee rispetto a chi non le frequenta. Un dato che, se non giustifica nessuna criminalizzazione delle moschee e degli imam, deve indurre però chi si occupa di ordine pubblico a una certa cautela. Non tutte, ma molte moschee sono vere e proprie fabbriche di fondamentalisti.