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Il capolinea del terrore

di Massimo Introvigne (il Giornale, 1 marzo 2005)

La strage nell’ospedale di Hilla ha colpito esclusivamente irakeni, per di più in gran parte ex-membri del partito Ba’th di Saddam Hussein, a suo tempo epurati e in coda per una visita medica richiesta per farsi reintegrare nei loro posti di lavoro. Non si tratta di un successo militare – l’ospedale di Hilla non era tra gli obiettivi considerati sensibili e non era protetto in modo particolare – ma di criminalità allo stato puro, che dimostra come il terrorismo in Irak, pure ancora pericoloso, stia arrivando al capolinea e cominci a sentire odore di sconfitta.

In realtà il terrorismo in Irak ha cominciato a perdere il 30 gennaio, il giorno delle elezioni. Il successo delle elezioni irakene è stato, dopo l’11 settembre 2001, la prima seria sconfitta sul piano propagandistico di Al Qaida, la quale aveva assicurato che le avrebbe impedite. Il senatore Ted Kennedy, bolso campione di un pacifismo ormai in crisi, ha inveito contro Condi Rice affermando che l’occupazione dell’Irak ha attirato in quel paese i terroristi come il miele attira le mosche. La Rice ha prontamente risposto che i terroristi sono accorsi in Irak, ma il miele si sta rivelando piuttosto carta moschicida. Nessun governo di questi tempi può permettersi di sbandierare statistiche sui morti ammazzati, neppure quando si tratta di terroristi. Eppure le cifre sono trapelate. Sono stati uccisi in Irak quindicimila terroristi, una buona metà dei quali stranieri. Secondo le stime più serie dopo la guerra in Afghanistan il network di Al Qaida si era ridotto a circa ventimila effettivi. Dunque un terzo degli uomini di Bin Laden è morto in Irak, in gran parte per conseguire un obiettivo – impedire le elezioni – che ha fallito. Certo, i terroristi continueranno a colpire mercati, ospedali e moschee e ad ammazzare irakeni – sciiti ma (come a Hilla) anche sunniti – colpevoli solo di passare nel posto sbagliato quando la furia cieca del terrorismo decide di colpire. Cercheranno di impedire il referendum sulla Costituzione e le elezioni politiche definitive. Ma perderanno altri uomini – anche se ne recluteranno di nuovi, ormai soprattutto in Europa, all’ombra di quei giudici permissivi e obnubilati dall’ideologia di cui l’Italia offre di tanto in tanto esempi deprecati in tutto l’Occidente.

La strage di Hilla non ha veramente una logica: sembra quasi che il terrorismo questa volta abbia colpito tra i suoi potenziali simpatizzanti, facendo strage di sunniti ed ex-bathisti. Se se ne vuole trovare una ragione, si può ricordare che Hilla andava “punita” perché qui l’affluenza alle urne è stata alta, e – come altrove - molti sunniti hanno dimostrato di preferire le elezioni, che pure hanno dato al paese la prevista egemonia sciita, ai salti nel buio proposti dai terroristi e dai nostalgici di Saddam.

Ma il terrorismo in Irak è ormai alla frutta. Non colpisce più obiettivi politici significativi. Da mesi non è in grado – nonostante le minacce – di assassinare leader irakeni di spicco. Rapisce giornalisti e funzionari di organizzazioni umanitarie, prendendosela con chi è meno protetto e più indifeso. Uccide passanti nei mercati e negli ospedali. Certo, continua a occupare le prime pagine dei giornali e a dimostrare almeno di esistere. Ma i sondaggi danno le simpatie degli irakeni – anche sunniti – per questa sempre più sedicente “Resistenza” al minimo storico. Tra poco, i terroristi della “Resistenza” irakena troveranno la maggiore percentuale di sostenitori non in Irak ma in una certa sinistra europea.

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