Per capire la strage avvenuta a Brooksfield, nel Wisconsin, dove un uomo ha aperto il fuoco durante una funzione della Living Church of God uccidendo otto persone prima di suicidarsi, occorre tornare sull’importanza del tema della fine del mondo nell’immaginario religioso americano. Secondo un’indagine dell’Università dell’Ohio un americano su tre si aspetta di vedere la fine del mondo durante la sua vita. Romanzi che trattano della fine del mondo, ignorati all’estero, vanno regolarmente ai primi posti nella lista dei bestseller negli Stati Uniti, e si tratta di letture apprezzate dallo stesso presidente Bush.
Non si deve avere troppa fretta di liquidare tutto questo come “fondamentalismo americano”, controparte statunitense del fondamentalismo islamico che come il caso di Brooksfield potrebbe dimostrare rischia di produrre le stesse follie. L’ossessione per la fine del mondo è parte della religiosità, della cultura e della letteratura americana fin dai Grandi Risvegli del Settecento e dell’Ottocento. Ma nella maggior parte dei casi non spinge gli americani all’estremismo religioso o al terrorismo. Al contrario nella tradizione dei grandi predicatori americani l’idea che la fine del mondo sia vicina spinge molti frequentatori delle chiese statunitensi a preoccuparsi di farsi trovare, quando Gesù Cristo tornerà sulla terra, con le carte in regola per essere portati in Paradiso: dunque a evitare il peccato e a vivere una vita laboriosa e pia.
Forze sociali potenti attirano verso il centro i gruppi nati alla periferia della scena religiosa americana, spingendoli a fare del tema della fine del mondo il motore di un impegno sociale e morale, una forza non distruttiva ma costruttiva. Il problema è che ogni gruppo che si sposta dalla periferia verso il centro dello scenario religioso, abbandonando i toni più concitati, lascia dietro di sé fedeli che non vogliono rinunciare a questi toni e costituiscono gruppuscoli scismatici, alcuni dei quali estremisti o anche pericolosi.
La tragedia di Brooksfield nasce in uno scisma della Chiesa di Dio Universale, fondata da Herbert W. Armstrong (1892-1986), e a suo tempo nota anche in Italia per le profezie sulla fine del mondo diffuse a piene mani dal suo giornale La pura verità. Dopo la morte di Armstrong, come è avvenuto per molte altre denominazioni, la Chiesa di Dio Universale abbandona i toni estremisti e diventa una delle tante denominazioni conservatrici americane. Ma c’è stato chi ha rifiutato questo processo, organizzando scismi leali alla controversa eredità di Armstrong. Uno di questi, la Chiesa Globale di Dio, ha dovuto dichiarare fallimento nel settembre 1999 dopo un tentativo del suo consiglio di amministrazione, nel novembre 1998, di estromettere il suo stesso fondatore, Roderick C. Meredith. Quest'ultimo ha fondato appunto la Living Church of God, con seimila membri ma un programma televisivo sulle profezie diffuso in tutti i continenti chiamato Il mondo di domani. Alla fine dello scorso mese di febbraio Meredith ha suscitato insieme entusiasmo e angoscia fra i suoi fedeli annunciando la fine del mondo “non fra decenni, ma in una data fra il 2010 e il 2020”. È questo annuncio che aveva turbato il protagonista della strage di Brooksfield, fino alla follia e alla tragedia. E sono annunci di questo genere che le grandi denominazioni americane hanno imparato a evitare a costituire il volto oscuro della passione per il tema della fine dei tempi.