Pericolo scongiurato. Il 23 settembre il disegno di legge contro la “manipolazione mentale” è uscito dal calendario dei lavori del Senato. Attendeva da mesi e opportunamente si è soprasseduto. Il disegno di legge di quello che sarebbe potuto diventare l’articolo 613-bis del Codice penale mirava infatti a colpire la “manipolazione mentale” specialmente quando essa viene esercitata (così recita il testo) da un «gruppo che promuove o pratica attività finalizzate a creare o sfruttare la dipendenza psicologica o fisica delle persone che vi partecipano». Un chiaro riferimento al tentativo di colpire le cosiddette “sette” e questo secondo uno schema simile a quello seguito per la problematica legge varata in Francia nel 2001.
Ma “setta” è un termine controverso, di origine spregiativa, assolutamente non scientifico e per questo evitato come la peste dagli addetti accademici ai lavori. Chi decide infatti cosa sia una “setta” e, a maggior ragione, in che consista la “manipolazione mentale”? E questo stante che il nostro ordinamento giuridico ha (fortunatamente) eliminato il reato di plagio, cancellando con sentenza della Corte costituzionale del 1981 l’articolo 613 del Codice penale giacché incostituzionale. E perché poi una “setta” dovrebbe risultare particolarmente antipatica? Solo perché minoritaria, solo perché “strana”? In un mondo di minoranze più meno fasulle e di comportamenti i più bizzarri, bastano infatti i codici vigenti a colpire le eventuali attività illecite o addirittura criminose di certi gruppi o singoli. Non certo le leggi speciali ad hoc quelle che si sa sempre benissimo dove iniziano e regolarmente mai dove finiscono , né i processi alle intenzioni che colpiscono profilatticamente idee e dottrine in assenza flagrante di notitiae criminis.
Accade quando si comincia a sospettare che una persona possa “venire agita” da altri, i quali ne violano la volontà con presunte tecniche di condizionamento della personalità o di suggestione da dipendenza psicologica. Il tutto però ha ben poco fondamento scientifico e gode di un numero di riscontri ancora minore.
In Italia, per evitare l’introduzione di leggi di questo tipo lavora da tempo soprattutto il Centro Studi sulle Nuove Religioni, fondato e diretto a Torino dal sociologo Massimo Introvigne, autore fra l’altro del libro Il lavaggio del cervello: realtà o mito? (Elledici, Leumann [Torino] 2002). Teoricamente, afferma il CESNUR, la maggioranza dei senatori italiani potrebbe ancora decidere di “ricalendarizzare” il disegno di legge. L’ipotesi, però, se non tecnicamente impossibile, è comunque altamente improbabile, tanto più nei mesi finali della legislatura. Che una legge già arrivata in aula, e di cui si era persino conclusa in Senato la discussione generale, sia tolta dal calendario è a sua volta un fatto inusuale, e dimostra che i senatori hanno preso sul serio le critiche mosse dal mondo accademico e da una parte delle Chiese e comunità maggioritarie.
Così come le voci originariamente a sostegno della legge, anche le critiche sono peraltro state bipartisan. I Verdi e il loro capogruppo senatore Stefano Boco sono stati particolarmente attivi nell’opposizione al disegno di legge; la sua uscita dal calendario del Senato è il risultato però di una convergenza di opinioni che ha coinvolto settori di rilievo sia dell’opposizione sia della maggioranza che sostiene il governo di Silvio Berlusconi. Diversi senatori hanno del resto menzionato tra le ragioni della propria perplessità nei confronti della legge l’appello di oltre quaranta specialisti accademici internazionali promosso dal CESNUR. Ma non meno determinante è stata però la notizia, diffusasi anche grazie al CESNUR nel luglio scorso, che uno degli autori originali delle petizioni citate da un disegno di legge in grado di limitare anche le attività dei maghi a pagamento sia nientepopodimeno che un personaggio più noto con lo pseudonimo di “Mago Aleff”, interessato più che altro a colpire la concorrenza.