CESNUR - Centro Studi sulle Nuove Religioni diretto da Massimo Introvigne
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Viaggio fra i non-morti
Il mito del vampiro nei fumetti e sul grande schermo

di Andrea Menegotto

Relazione presentata al ToHorror Film Festival
Torino, 12 settembre 2003

A partire dagli anni Sessanta, sono stati gli studiosi a livello accademico di minoranze religiose e di esoterismo a interessarsi in maniera sistematica, nell’ambito della popular culture, alla produzione letteraria, artistica, cinematografica e fumettistica in tema di vampiri, producendo inventari e studi scientifici sull’argomento. In tale ambito il battistrada, definito non a caso il «padre degli studi contemporanei sui vampiri»[i], è senza dubbio Antoine Faivre (già direttore di dipartimento e ordinario di Storia delle correnti esoteriche alla Sorbona), il quale nel 1962 pubblicava un volume di studi dal titolo Les vampires. Essai historique, critique et littéraire (Le Terrain Vague, Parigi) Negli Stati Uniti, invece, J. Gordon Melton (direttore dell’Institute for the Study of American Religions a Santa Barbara, in California) ha realizzato ben due edizioni di The Vampire Book. The Encyclopedia of the Undead (Visible Ink Press, Detroit 1994 e 1999), un’opera che ha venduto più di centomila copie e ha superato le pur notissime enciclopedie dello stesso Melton sulle religioni.

In Italia chi si vuole accostare al tema non può prescindere dall’articolato e ampio studio di Massimo Introvigne, La stirpe di Dracula. Indagine sul vampirismo dall’antichità ai nostri giorni (Mondadori, Milano, 1997).

Mentre Introvigne è direttore a Torino del CESNUR (il Centro Studi sulle Nuove Religioni), Faivre e Melton ne sono i responsabili delle branche rispettivamente francese e statunitense. Da anni, il CESNUR ha esteso i suoi interessi dalle religioni alla popular culture, a fronte dei riferimenti al sacro e al soprannaturale tutt’altro che infrequenti in essa. Le collezioni sui vampiri – e, in particolare, sulla produzione di comics (fumetti), romanzi, film e telefilm a tema vampirico – sono parte integrante della biblioteca del CESNUR e il sito Internet www.cesnur.org – che ha oltre un milione di accessi all’anno – comprende accanto alle sezioni dedicate allo studio delle minoranze religiose e alla libertà religiosa, pagine molto visitate su John Ronald Reuel Tolkien (1892-1973), Harry Potter, sul fenomeno Blair Witch, Buffy (la celebre «cacciatrice» ammazzavampiri), e - appunto - sulla produzione artistica in tema di vampiri.

L’assunto di fondo si basa su una semplice convinzione, confortata però da anni di studio e di ricerca in ambito storico, sociologico e nel contesto della produzione artistica a tema vampirico[ii]: la diffusissima presenza della figura e del mito del vampiro nella storia, nel folklore e nell’arte - in particolare, nella letteratura[iii], nei comics e nei film - non solo indica l’importanza culturale di tale mito, ma anche la sua natura, almeno latu sensu, «religiosa». Tale inquadramento trova conferma nello studio delle origini dello stesso, sia che si consideri l’aspetto folklorico[iv], sia - e soprattutto - se si prende in considerazione il dibattito teologico sul tema[v], che ha visto coinvolti nel Seicento e nel Settecento  autori cattolici come monsignor Giuseppe Davanzati (1665-1755) - arcivescovo di Trani, la cui biografia ci ricorda che divenne cardinale - e Dom Augustin Calmet (1672-1757).

Da qui, dunque, l’attenzione che a tale figura è rivolta non solo dai critici cinematografici e letterari o dagli esperti del genere comics, ma anche da chi - è il caso del sottoscritto -, normalmente occupandosi dello studio delle scenario del sacro così come esso si esprime nella nostra epoca post-moderna, è chiamato ad apprezzarne il significato in quanto espressione, magari imperfetta e ambigua, di valori e realtà a cui il vampiro semplicemente rimanda.

Naturalmente, l’interpretazione degli studiosi di scienze religiose relativamente a un romanzo, un film o un fumetto a tema vampirico potrà essere differente - ma complementare - rispetto a quella di un critico cinematografico o letterario o di un esperto di comics, in quanto lo studioso di scienze religiose applica all’opera d’arte una lettura particolare, che va alla ricerca dei significati e dei simboli e non giudica la stessa in base ad alcuni criteri che sono invece propri dello specifico settore della critica in campo artistico.

Da questo punto di vista la Società Transilvana di Dracula (Transylvanian Society of Dracula), un’organizzazione internazionale che ha la sua sede a Bucarest e riunisce – attraverso i capitoli statunitense, canadese, giapponese, italiano e romeno – oltre un migliaio di docenti universitari, studiosi, scrittori e appassionati del mito del vampiro e della figura storica di Vlad Dracula in tutto il mondo, rappresenta un’occasione di incontro e scambio fra esperti di diverse discipline accomunati dalla passione per lo studio della figura e del mito del vampiro così come si esprime nell’arte, nella storia e nelle culture dell’umanità.

 

1. Il conte Dracula: principe delle tenebre e dei fumetti

Melton, Introvigne e il collega canadese Robert Eighteen-Bisang sono attualmente impegnati nella messa a punto di una monumentale bibliografia sul vampiro a fumetti (comprendente oltre ottomila voci), che uscirà negli Stati Uniti probabilmente a fine 2003 o all’inizio del 2004 e che rubrica tutto quanto esiste (fumetti e fotoromanzi, questi ultimi ben pochi) in lingua inglese, non solo dove il vampiro è il protagonista ma anche dove è un semplice comprimario (per esempio le varie storie dove Batman, Superman, Capitan America, Zorro, ma anche i Flintstone, Daffy Duck, Archie e perfino Goofy, cioè Pippo, incontrano dei vampiri). In essa sono rubricati sia i fumetti per bambini, sia quelli presentati come «per adulti», cioè a sfondo erotico.

L’idea che sta alla base di questo lavoro e, in generale, dell’interesse scientifico e minuzioso rivolto verso i vampiri a fumetti è quella per cui il vampiro è il secondo principale protagonista dei fumetti dopo il supereroe. Seppure il primato del supereroe nei comics appare inattaccabile, il vampiro può essere definito non a torto non solo «signore delle tenebre», ma anche «signore del fumetto»[vi].

Se nell’ambito letterario e cinematografico troneggiano sull’ampia e in moltissimi casi apprezzabile produzione il Dracula di Bram (Abraham) Stoker (1847-1912) e i ritratti tracciati da Anne Rice, le prime comparse dei vampiri nell’ambito dei fumetti sono ormai di gran valore e contesissime dai collezionisti.

Per quanto riguarda i comics in lingua inglese – limitandoci alla sola «preistoria» dei vampiri a fumetti – il primo vampiro («The Vampire Master») appare nella prima vignetta della storia Doctor Occult and the Ghost Detective, pubblicata su New Fun Comics (la prima pubblicazione della casa editrice DC) numero 6 dell’ottobre 1935; la storia, che continua poi in More Fun Comics è la prima al di fuori dei quotidiani che ha come autori Jerry Siegel (1917-1996) e Joe Shuster (1914-1992), i futuri creatori di Superman, che si nascondono sotto gli pseudonimi di Leger e Reuths. Nel 1939 troviamo poi sui numeri 31 e 32 di Detective Comics la storia di Batman contro il vampiro, mentre negli anni 1940 compaiono una trentina di titoli, fra cui spiccano la propaganda di guerra che vede Captain America combattere vampiri mandati negli Stati Uniti da scienziati pazzi giapponesi e gl’incontri con i vampiri del Frankenstein umoristico creato nel 1945 da Dick Briefer, finché nel 1948 è lanciato Adventures into the Unknown!, il primo fumetto horror che annuncia la grande diffusione di albi dedicati ai vampiri, ai serial killer e altri mostri nei primi anni 1950 (con titoli famosissimi come Tales from the Crypt, Haunt of Fear), che sarà fermata dal parallelo passaggio nel 1954 negli Stati Uniti del codice di auto-regolamentazione Comics Code e in Gran Bretagna della legge contro i fumetti «diseducativi» chiamata Children and Young Persons (Harmful Publications) Act.

Al di fuori degli Stati Uniti le pubblicazioni sono spesso costituite da traduzioni di fumetti americani; si nota peraltro che i principali personaggi del fumetto prodotto fuori dagli Stati Uniti hanno, prima o poi, nelle loro avventure incontrato i vampiri (ad esempio, è così per l’eroe del genere western umoristico Lucky Luke in Francia).

Per quanto riguarda la produzione italiana, Satanik e Alan Ford hanno entrambi incontrato un vampiro chiamato Vurdalak, così – solo per ricordare alcuni eroi noti ad un ampio pubblico e non solo ad una cerchia ristretta dei cultori del genere fumetto – hanno incontrato qualche vampiro nelle loro avventure, Valentina (di Guido Crepax), Batman, Diabolik, L’Uomo Ragno, X-Men e pure Zio Paperone e Paperino.

Inoltre, serie intere sono state dedicate – pubblicate da diversi editori italiani – al mondo dei vampiri; per ricordarne alcune: Draculino, e – tradotte dall’inglese - La tomba di Dracula, Vampirella, Buffy l’ammazzavampiri. Quest’ultima, a cui accenneremo di seguito, non ha visto in Italia un successo proporzionale a quello riscontrato negli Stati Uniti a causa di una cattiva programmazione televisiva, così la casa editrice Play Press, dopo la distribuzione di cinque numeri mensili (n. 0, agosto 2002 - n. 4, dicembre 2000) ha deciso di sospenderne la pubblicazione.

Un discorso a parte andrebbe riservato al genere dei fumetti di vampiri sexy – che non sempre, se si tiene conto di tutta la produzione internazionale, scade nella pura pornografia – a cui l’Italia ha contribuito con numerose pubblicazioni. A questo genere appartengono Zora e Sukia, ma la più famosa è Jacula, pubblicata dal 1969 al 1982 dalla Erregi (poi Ediperiodici) di Milano, fumetti questi in cui i temi prettamente vampireschi si coniugano con un erotismo che cede spesso apertamente il passo alla pornografia e a un satanismo casereccio.

Un tratto caratteristico della produzione relativa a questo genere è anche la diffusione di numerose ristampe dei numeri prodotti in anni passati e diventati ormai introvabili. L’occhio del cultore del genere e del collezionista esperto, naturalmente, non confondono la ristampa con il numero originale che, nel caso di alcune serie risalenti a qualche decina d’anni fa, spesso potrà raggiungere un valore anche economico degno di un vero e proprio pezzo da collezione.

Nella produzione italiana in genere e in quella relativa al vampiro a fumetti in particolare spicca, sia per quantità che per qualità, la Sergio Bonelli Editore di Milano, una casa editrice che ha al suo attivo numerosissime pubblicazioni di serie di fumetti con personaggi ormai celebri come Tex Willer. Particolarmente popolare fra gli appassionati dell’eroe ideato da Guido Nolitta (pseudonimo dello stesso Sergio Bonelli) e da Gallieno Ferri è la storia di «Zagor contro il vampiro», del 1972, dove Zagor, in un’ambientazione western, incontra il barone Rakosi.

A partire dall’aprile 2000, la Sergio Bonelli Editore ha dato il via ad una nuova serie di racconti dedicati integralmente alla figura e al mito del vampiro, rivisitato – pur nella ripresa di molti elementi tradizionali – in maniera originale e, spesso, innovativa. È infatti dell’aprile 2000 il primo numero («Il figlio del diavolo») della serie Dampyr, preceduto e annunciato dal numero zero, pubblicato in occasione della Comiconvention di Milano del 18-19 settembre 1999. Il nuovo personaggio – che ha avuto ed ha fortuna fra il pubblico delle edicole italiane, dove i prodotti della Sergio Bonelli Editore sono ottimamente e minuziosamente distribuiti – è stato creato da Mauro Boselli e da Maurizio Colombo. Dampyr è un prodotto nuovo sotto molti punti di vista e il suo pregio sta effettivamente proprio in questo, visto che quello dell’horror è un settore dove creare la novità è sempre difficile, tanto più se ci si confronta con figure e miti quali quello del vampiro, che hanno una grande tradizione alle spalle.

 

2. Il conte Dracula va al cinema: il mito del vampiro sul grande schermo

Passando al cosiddetto grande schermo va notato che stilare una lista completa della filmografia mondiale in tema di vampiri è pressoché impossibile e - di fatto - nonostante i pregevoli sforzi di vari autori, nessun catalogo risulta essere veramente completo. Incrociando i dati di differenti ricerche[vii], si può affermare con buona approssimazione che i film dove compare almeno un vampiro sono oltre un migliaio.

Il vampiro è dunque, da sempre, un assiduo frequentatore del grande schermo e in effetti il cinema, insieme ai già ricordati generi letterario e comics, ha rappresentato un grande veicolo di diffusione del mito del vampiro a livello popolare.

Seguendo la traccia fornita da Massimo Introvigne[viii] notiamo che gli esordi dei non-morti sul grande schermo coincidono grosso modo con la nascita stessa del cinema: secondo diversi critici il primo film di vampiri risale addirittura al cinema muto, infatti nel cortometraggio di Georges Méliès (1861-1938) Le Manoir du Diable (1896), della durata di soli due minuti, si presenta per la prima volta nella storia del cinema un tema in qualche modo «vampirico»; in esso, infatti, il diavolo compare sotto forma di pipistrello e svanisce quando vede un crocifisso.

Perché la parola «vampiro» compaia nel titolo di un film occorre però attendere il 1913, con The Vampire di Robert G. Vignola (1882-1953), ambientato in India, di cui purtroppo nessuna copia è stata conservata.

Evidentemente, dal 1913 ad oggi molta strada è stata fatta, tuttavia il cinema di vampiri se da un lato ha prodotto veri e propri capolavori, dall’altro è stato spesso ripetitivo e dozzinale.

Della prima categoria (ovvero dei capolavori) fa senz’altro parte il film del 1922 del maestro del cinema tedesco Friedrich Wilhelm Murnau (1888-1931) dal titolo Nosferatu - Eine Symphonie des Grauens (in Italia «Nosferatu il vampiro»), che corrisponde certamente a un tentativo di mettere in scena il Dracula di Bram Stoker, cambiando i nomi dei protagonisti per cercare di sfuggire al controllo finanziario e contenutistico della vedova dello stesso Stoker, la quale vince però facilmente una causa contro la casa produttrice tedesca (Prana-Films), che fallisce. Quasi tutte le copie del film sono distrutte fra il 1925 e il 1930, tuttavia se ne salvano alcune in diverse versioni; una copia restaurata della versione originale è proiettata al festival di Berlino del 1984. Il personaggio del conte Orlok di Murnau, calvo, con le mani adunche simili alle zampe di una belva, non ha nulla del fascino aristocratico e dell’eleganza che caratterizza il Dracula teatrale rappresentato in Inghilterra e negli Stati Uniti negli anni 1920 e 1930 - sempre ispirato a Stoker, in questo caso con il consenso della vedova - di Hamilton Deane (1882-1958) e John L. Balderston (1889-1954). Recentemente, il film di Murnau ha portato, per così dire, un altro frutto con la produzione da parte del regista E. Elias Merhige di Shadow Of The Vampire («L’ombra del vampiro», 2000), ambientato sul set del film del 1922, con la trama imperniata sul fatto che l’attore che impersona il conte Orlok si rivela essere realmente un vampiro. Peraltro, la narrazione trae spunti da qualche elemento misterioso - storico o leggendario - che pare contornare il film di Murnau: per esempio, alcuni studiosi di storia del cinema nutrono dubbi sul fatto che Max Schreck, che avrebbe dovuto impersonare il conte Orlok, sia davvero l’attore che compare nel film.

Dracula, naturalmente, non può non sbarcare a Hollywood e infatti la figura del vampiro cinematografico così come lo immaginiamo oggi deriva in gran parte dalla quanto prodotto dall’americana Universal, la quale, agli albori del cinema sonoro, sfrutta la notorietà di un attore come Bela Lugosi (pseudonimo di Béla Ferenc Dezsö Blasko, 1889-1954), allora il più noto interprete teatrale di Dracula, per il film Dracula del 1931, che riprende sostanzialmente il dramma teatrale di Deane e Balderston, salvo l’inserimento di un prologo in Transilvania. Il film ha un successo straordinario e Melton lo ritiene essere il «più influente film di vampiri di tutti i tempi»[ix] . La Universal negli anni 1930 e 1940 continua a produrre film con temi vampirici, ma la saga scade nella farsa quando Dracula in una serie di pellicole si deve confrontare con personaggi comici, fra cui Gianni e Pinotto.

La storia del cinema di vampiri, tuttavia, non si arresta, e - per citare alcune fra le opere più significative - nel 1958 l’inglese Hammer Films riprende il romanzo di Stoker con la pellicola Dracula (in Italia «Dracula il vampiro») diretta da Terence Fisher (1904-1980), con Christopher Lee nella parte del conte. Qualche pagina significativa è scritta anche dal maestro italiano dell’horror Mario Bava (1914-1980), per quanto in La maschera del Demonio (1960) non è chiaro se il personaggio chiave sia davvero un vampiro, in Ercole al centro della Terra (1961) i non-morti non sono i personaggi centrali (anche se la versione inglese presenta l’opera come un film di vampiri) e anche le pellicole successive da lui dirette presentano elementi di vampirismo senza però che i vampiri giochino un ruolo centrale nella narrazione. Per il resto, la produzione italiana si riduce sostanzialmente alle parodie, di cui sicuramente la più nota al pubblico è Fracchia contro Dracula (1985), di Neri Parenti, con Paolo Villaggio.

 Dal 1970 parte senza sosta sino ad oggi la riscossa del vampiro hollywoodiano, con la produzione di diverse centinaia di titoli. Il revival vampirico insegue sostanzialmente tre filoni.

 

a) Primo filone: il ritorno di Dracula sulle scene

Il primo filone ha come eventi più significativi l’ennesima - e in qualche modo «definitiva» - riproposizione cinematografica del romanzo di Stoker in due pellicole: prima con il Dracula del 1979 di John Badham con Frank Langella, che - la storia si ripete - si era distinto l’anno precedente interpretando il celebre non-morto nella versione teatrale; poi con il Bram Stoker’s Dracula («Dracula di Bram Stoker»), del 1992, di Francis Ford Coppola, che è il film di vampiri più visto nella storia, con Gary Oldman nella parte del conte e altri attori molto noti nel cast: Winona Ryder nel ruolo di Mina Murray, Keanu Rives nel ruolo di Jonathan Harker, Antony Hopkins come Van Helsing. Il film si contraddistingue per il tentativo di rimanere fedele al romanzo di Stoker, da cui si distanzia decisamente solo per fornire dettagli riguardo al Dracula storico, di cui l’autore del romanzo poco sapeva. Nota Massimo Introvigne: «Gary Oldman può deludere lo spettatore che si immagina il conte come lo hanno rappresentato Christopher Lee o Frank Langella. Tuttavia il Dracula di Stoker assomiglia di più al personaggio di Coppola che agli aristocratici giovani seduttori del cinema di cui qualunque donna fatica a non innamorarsi»[x].

 

b) Secondo filone: le parodie e le commedie

Il secondo filone è rappresentato dal settore delle parodie e delle commedie, che hanno il loro capostipite in Dance of the Vampires (in Italia «Per favore... non mordermi sul collo», 1967) di Roman Polanski. Relativamente a questo ambito si segnalano, fra i molti, Vampire in Brooklyn («Vampiro a Brooklyn», 1996) di Wes Craven, con Eddie Murphy nella parte del vampiro Maximilian.

Menzione a parte, se non altro per il seguito che ha avuto, merita il film Buffy the Vampire Slayer («Buffy, l’ammazzavampiri», 1992) di Fran Rubel Kuzui, che ha avuto come seguito l’omonima serie televisiva creata da Joss Whedon - avente come protagonista l’attrice Sarah Michelle Gellar - che si è protratta per ben sette stagioni, concludendosi nel 2003, e ha dato vita al contempo alla serie parallela Angel, vedendo un enorme successo negli Stati Uniti, di fatto per nulla proporzionale al riscontro avuto in Italia, dove la serie è stata vittima di una programmazione televisiva schizofrenica.

Da segnalare anche la trilogia From Dusk till Dawn («Dal tramonto all’alba», 1996-2000), che colloca in una medesima ambientazione geografica ma non cronologica tre vicende dove succhiasangue spietati danno la caccia a chi ha la sfortuna di fare la loro conoscenza varcando la soglia di un bar/bordello per viaggiatori ai confini tra Stati Uniti e Messico.

Non apprezzato dalla critica cinematografica, ma notevole quanto a spunti per una rivisitazione contemporanea della figura dei non-morti Dracula 2000 (in Italia, Dracula’s Legacy. Il fascino del male), prodotto da Wes Craven, con la regia del suo allievo Patrick Lussier[xi].

Fuori dal contesto hollywoodiano si colloca invece il lungometraggio tutto torinese dal titolo Io sono un vampiro, realizzato nel 2002 da Max Ferro[xii]. Il film, in quanto ricco di spunti rilevanti e assolutamente degni di nota per la rilettura del mito del vampiro prima in un contesto settecentesco e poi - con un’apprezzabile salto temporale - in un’atmosfera post-moderna, può essere considerato un vero successo, tanto più se si tiene conto degli scarsi mezzi economici a disposizione e del cast di attori alcuni dei quali alla prima esperienza su un set cinematografico.

 

c) Terzo filone: la rappresentazione cinematografica di romanzi

Il terzo e ultimo filone di revival vampirico in ambito cinematografico è individuabile con la rappresentazione sul grande schermo dei romanzi di vampiri prodotti dalla letteratura negli ultimi decenni. Su tutti spicca naturalmente Interview with the Vampire («Intervista col vampiro», 1994), diretto da Neil Jordan e avente come attori protagonisti importanti nomi del firmamento hollywoodiano: Tom Cruise, Brad Pitt e Antonio Banderas,. La pellicola costituisce l’adattamento cinematografico del romanzo di Anne Rice, che rappresenta la prima parte di una saga che vede per protagonista il vampiro Lestat (nel film, Brad Pitt).

 

d) Appendice: i telefilm

Un’appendice del revival vampirico è poi rappresentata dalle comparse di vampiri sul piccolo schermo; oltre alle riproposizioni televisive delle pellicole realizzate per il grande schermo, si possono ricordare - fra tanti - lo storico telefilm Dark Shadows («L’ombra della notte», 1966), destinato a lanciare decisamente il vampiro in televisione e la puntata «Giochi di sangue» della seconda stagione di X-Files in cui il celebre agente dell’FBI Fox Mulder incontra la bella vampira Kristen.

Abbiamo già accennato al grande successo delle serie Buffy ed Angel, su cui però vale la pena di soffermarsi ulteriormente; infatti i due telefilm hanno raggiunto un altissimo audience negli Stati Uniti, dando vita a una produzione enorme di racconti, fumetti, gadget vari, DVD e videocassette anche a livello internazionale. Negli Stati Uniti il successo delle due serie e della letteratura sviluppatasi intorno al personaggio di Buffy – che permette di parlare, pure in termini sociologici, di un vero e proprio «fenomeno Buffy» – ha dato vita a una serie di dibattiti, siti Internet di carattere scientifico[xiii] e pubblicazioni anche a livello accademico[xiv], tant’è che, per fare uno fra i molti possibili esempi, il già più volte citato Introvigne in occasione del simposio sul tema Expanding Concepts of God («Concetti di Dio in espansione»), tenutosi fra il 7 e il 9 aprile 2000 presso The American Academy of Arts and Sciences dell’Università di Harvard e organizzato dall’Università medesima, dalla sua Facoltà di Teologia e dalla Fondazione John Templeton, ha svolto un intervento sul tema «There Will Be No Thomas Aquinas at This Table»: Notions of God in the New Religious Consciousness» («“A questa tavola non si parla di Tommaso d’Aquino”: nozioni di Dio nella nuova religiosità»), affrontando specificamente nel suo intervento l’argomento «Dio, i nuovi movimenti religiosi e Buffy l’ammazzavampiri»[xv]. Se il successo statunitense – e i conseguenti dibattiti – dei serial televisivi non hanno certo un equivalente italiano, occorre comunque notare che in Italia il «fenomeno Buffy» dal punto di vista sociologico è tutt’altro che irrilevante, infatti il Buffy and Angel Italian Club (B.A.I.C.), con sede a Milano, raduna un buon gruppo di fans che si fanno promotori di numerose iniziative. In italiano sono stati pubblicati anche - e, purtroppo solo - due romanzi che narrano alcune fra le moltissime avventure della «cacciatrice»[xvi].

 

* * *

La diffusissima presenza nei film, nei comics, nella letteratura e, più in generale, nell’arte, ci ricorda - date le stesse origini della credenza nei non-morti - la sostanziale «eternità» della figura e del mito del vampiro e, con essa, il reiterarsi nei secoli di quei grandi interrogativi che fanno da sottofondo alla storia dell’umanità e che hanno trovato una risposta – certamente parziale – nella sfera culturale ed artistica anche attraverso il sorgere, il diffondersi e il perdurare di tutta la produzione relativa ad una figura fantastica che continua ad esercitare il suo fascino nel tempo.

Nonostante la sovrabbondante produzione artistica sul tema di fatto renda molto difficile dire qualcosa di nuovo e al di là del fatto che alcuni veri e propri capolavori prodotti in passato rendono chi osa avventurarsi con un’opera artistica - e, in particolare, cinematografica - intorno al mito del vampiro, in fondo, un temerario, è opinione di chi scrive che anche l’ennesimo e odierno tentativo di rivisitazione della figura di Dracula o del mito del vampiro non si riveli di per sé così inutile e sia, in quanto tale, almeno degno di attenzione e incoraggiamento se nel contesto del cosiddetto genere horror la pura rappresentazione più o meno artistica del male in se stesso - tesa a suscitare unicamente l’«effetto brivido» nel pubblico - cede il passo o si affianca a contenuti capaci di provocare qualche riflessione, e quindi cela dietro allo scorrere delle scene e dei significati particolari il senso di valori e realtà ben più grandi di cui essi sono solo metafora.

Note:

[i] Massimo Introvigne, «Antoine Faivre: Father of Contemporary Vampire Studies», in Richard Caron - Joscelyn Godwin - Wounter J. Hanegraaf - Jean-Louis Vieillard-Baron (a cura di), ésotérisme, Gnoses & Imaginaire Symbolique. Mélanges offerts à Antoine Faivre, Peters, Lovanio 2001.

[ii] Sulla storia delle origini e gli sviluppi di tale mito sino ai nostri giorni si veda M. Introvigne, La stirpe di Dracula. Indagine sul vampirismo dall’antichità ai nostri giorni, Mondadori, Milano 1997.

[iii] Sulla figura del vampiro nella letteratura - argomento non affrontato in questa sede - si veda: M. Introvigne, op. cit., pp. 165-303 e Giuseppe Tardiola, Il vampiro nella letteratura italiana, De Rubeis, Anzio (Roma) 1991.

[iv] Cfr. M. Introvigne, op. cit., pp. 13-117.

[v] Cfr. Ibid., pp. 118-162.

[vi] Sul punto - in una prospettiva sintetica - cfr. il mio «Il conte Dracula, principe delle tenebre (e dei fumetti)», in il Domenicale. Settimanale di cultura, anno 2, n. 12, 22 marzo 2003, p. 10.

[vii] Cfr., fra le varie opere, Stephen Jones, The Illustrated Vampire Movie Guide, Titan Books, Londra 1993, J. Gordon Melton, VideoHound’s Vampires on Video, Visible Ink Press, Detroit 1997; Teo Mora, Il cinema dei vampiri, Fanucci, Roma 1993.

[viii] Cfr. op. cit., pp. 304-372.

[ix] J. G. Melton, The Vampire Book. The Encyclopedia of the Undead, Visible Ink Press, Detroit 1994, p. 720.

[x] Cfr. M. Introvigne, op. cit., pp. 348-349.

[xi] Su cui cfr. il mio Dracula’s Legacy. Vampiri a New Orleans, disponibile su Internet all’URL https://www.cesnur.org/2001/dracula/05.htm.

[xii] Su cui cfr. il mio Io sono un vampiro. Un originale contributo italiano alla produzione cinematografica in tema di vampiri, disponibile su Internet all’URL https://www.cesnur.org/2002/dracula/06.htm.

[xiii] Cfr. l’eccellente sito Slayage: The On-Line International Journal of Buffy all’URL http://www.slayage.tv.

[xiv] Cfr. Rhonda V. Wilcox and David Lavery (a cura di), Fighting the Forces: What’s at Stake in «Buffy the Vampire Slayer», Rowman & Littlefield, Lanham (Maryland) 2002 e Roz Kaveney (a cura di) Reading the Vampire Slayer: An Unofficial Critical Companion to Buffy and Angel, Tauris Parke Paperbacks, New York 2001.

[xv] Cfr. God, New Religious Movements and Buffy the Vampire Slayer: Massimo Introvigne’s Templeton Lecture in Harvard, disponibile sul sito del CESNUR: https://www.cesnur.org/2001/buffy_march01.htm.

[xvi] Richie Tankerrsley Cusik, Benvenuti a Sunnydale e Christopher Golden - Nancy Holder, Il ballo di Halloween, tr. it., Sperling, Milano 2000.