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Il satanismo giovanile cresce su Internet

di Giorgio Ballario (La Stampa, 6 giugno 2004)

imgIntrovigne: un cocktail micidiale di droga, musica e sottocultura underground. L’esperto: i media danno troppo spazio ai «cattivi maestri»

«Ha tutta l’aria di essere il tipico crimine maturato negli ambienti del “satanismo giovanile”, alimentato dalla subcultura che intreccia slogan anticristiani, musica demoniaca, droga e fumetti underground. E che in Internet ha trovato una cassa di risonanza planetaria». Chi parla è Massimo Introvigne, uno dei maggiori esperti italiani in sette religiose, new age e satanismo, che si trova a Lansing, negli Stati Uniti, dove la Michigan State University ha organizzato un convegno internazionale sull’esoterismo.

Perché satanismo “giovanile”, ci sono diverse forme di adorazione del diavolo?

«Di solito si suddivide il fenomeno in tre tranche: il “satanismo organizzato”, che fa riferimento alle chiese di Satana e alla classica tradizione culturale demoniaca; il “satanismo giovanile”, detto anche satanismo “acido” per lo stretto legame con l’assunzione di droghe; infine il cosiddetto “para-satanismo”, che si sviluppa quasi a livello folkloristico negli ambienti della criminalità organizzata e della prostituzione, specie extracomunitaria».

In Italia è un fenomeno consistente?

«A dir la verità, no. Il satanismo classico può contare su qualche centinaio di adepti, in linea di massima persone ben inserite nella società, molto controllate e che non hanno interesse a esporsi più di tanto. I gruppuscoli giovanili, invece, destano qualche preoccupazione: ne fanno parte 1500-2000 ragazzi e sono raggruppamenti spontanei, che miscelano in modo rozzo e pericoloso rock satanico, droghe pesanti, “fanzine” e cattive letture, spesso trovate su Internet. In questo “milieu” è successo spesso – soprattutto nell’Europa del Nord – che siano maturati stupri, omicidi e fatti di sangue».

A suo avviso esistono dei cattivi maestri? Si è spesso parlato delle responsabilità da parte dei gruppi rock più estremi.

«Generalizzare è sbagliato. Nella storia del rock ci sono stati molti gruppi che hanno “giocato” con le allusioni sataniste: penso ai Black Sabbath o ai Rolling Stones di “Sympathy for the Devil”. Ai loro concerti sono andati centinaia di migliaia di giovani, eppure non sono diventati tutti adoratori del demonio. Viceversa, esistono piccole band di rock satanico che veicolano davvero messaggi demoniaci e nelle loro canzoni incitano a compiere ogni sorta di reato, dallo stupro alla pedofilia, dalla profanazione dei cimiteri all’omicidio rituale».

Si dovrebbe intervenire?

«In questi casi, sì. Fanno molta presa negli ambienti dei giovanissimi. Bisognerebbe tenerli il più possibile sotto controllo, ma è anche vero che non si può pensare di mettere in piedi uno stato di polizia antisatanista. Il vero problema è culturale. Questi ragazzi soffrono di un impressionante vuoto di valori, persino nell’abbracciare la subcultura satanista si fermano sugli aspetti esteriori».

Tempo fa ha detto che i mass-media non dovrebbero presentarli come maître-à-penser del Male. È ancora dello stesso avviso?

«Sì, e penso soprattutto a certi reportage televisivi o talk-show che dipingono questi soggetti come dei veri principi delle tenebre, misteriosi e affascinanti. Ne ho conosciuti parecchi, in realtà sono dei perdenti, gente che nella scuola e nella vita non ha mai saputo farsi strada e vive un’esistenza squallida. Se adesso non ci fossero dei cadaveri di mezzo, verrebbe da dire che in molti casi i giovani satanisti sono soltanto dei “poveri diavoli”».

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