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In Israele e Norvegia i segnali della strage.
Il piano dell’attentato in un libretto in Irak

di Massimo Introvigne e Gian Micalessin (il Giornale, 14 marzo 2004)

imgIl dossier: «Va sfruttato il voto in Spagna. Dopo gli attacchi, i pacifisti insorgeranno e saranno richiamati i soldati». Stessa strategia per l’Italia

Era un massacro, forse, studiato da tempo. Una strage preparata meticolosamente nell’ambito di una strategia rivolta a consolidare l’insurrezione anti-americana in Irak e spezzare gli anelli più deboli nella catena d’alleanze tra Washington e l’Europa. Due obbiettivi da raggiungere attraverso il terrorismo indiscriminato e l’innesco di un’ondata di protesta cavalcata dai pacifisti di tutt’Europa. In questa prospettiva, la Spagna era un obiettivo di primo piano. E subito dopo veniva l’Italia, indicata come secondo, possibile, vaso di coccio.
La prova di una matrice integralista dietro gli attentati ai treni di Madrid, ancora prima degli arresti di ieri, emergeva sia dalle ricerche condotte dall’Ffi (Forsvarets forskning institutt), l’agenzia d’intelligence militare norvegese, sia dal lavoro condotto da alcuni ricercatori vicini ai servizi israeliani. Indagini distinte e separate che analizzano però uno stesso documento, lungo circa 42 pagine. Un documento che gli specialisti norvegesi dell’Ffi hanno scaricato qualche mese fa da un sito Internet legato all’integralismo arabo, e i ricercatori israeliani hanno ottenuto a dicembre attraverso i loro contatti iracheni. Nel secondo caso, il testo aveva assunto la forma di un pamphlet su carta intitolato «La jihad in Irak: speranze e rischi. Analisi di realtà, prospettive e stato attuale della jihad in Irak», pubblicato da un «Centro di servizi di Mujaheddin», una vecchia sigla legata alla galassia di Al Qaida.
Quel che conta, aldilà della forma del documento, sono i precisi riferimenti ad una strategia terrorista rivolta a indebolire politicamente il governo di Madrid e, in un secondo tempo, anche quello del nostro Paese. Riferimenti che appaiono pressoché identici nelle versioni passate al vaglio dai ricercatori norvegesi e israeliani. «Dobbiamo sfruttare al massimo – scrive il documento tradotto dagli analisti dell’Ffi – la vicinanza delle elezioni in Spagna fissate per il prossimo marzo. Madrid può resistere al massimo a due o tre attacchi prima di ritirarsi dall’Irak». Parole fin troppo chiare da cui gli analisti norvegesi non erano però riusciti a estrapolare il senso di una minaccia indirizzata al cuore dell’Europa. Ieri, Thomas Hegghammer, uno dei ricercatori dell’Ffi responsabili dello studio del documento, ha perfino sentito il dovere di giustificarsi. Secondo Hegghammer, sia lui, sia gli altri collaboratori erano convinti che l’autore si riferisse ai due attacchi già subìti dagli spagnoli in territorio iracheno. Due attentati costati la vita prima all’addetto militare a Bagdad, e poi a sette agenti segreti del Cin, caduti in un’imboscata lungo una strada del Triangolo Sunnita. «Ma il fatto che l’autore di quel documento citi esplicitamente le elezioni, getta una luce completamente diversa sull’operazione di giovedì, condotta proprio a tre giorni dal voto», ha ammesso ieri l’amareggiato Hegghammer. Brynjar Lia, un altro analista dell’Ffi, l’autore del documento, descritto come un attento conoscitore della politica spagnola, si dice certo che un ritiro spagnolo porterebbe al collasso le forze della coalizione statunitense presenti in Irak. «Non abbiamo la certezza che questo documento sia opera di Al Qaida – ha concluso Brynjar Lia – ma non abbiamo neppure nessun motivo per non ritenerlo autentico».
Gli analisti israeliani al lavoro sul pamphlet pubblicato lo scorso dicembre dal «Centro servizi per i mujaheddin», non solo si dicono altrettanto certi della sua autenticità, ma arrivano perfino ad attribuirlo alla cellula dello sceicco Yousef al-Ayiri, il responsabile di Al Qaida in Arabia Saudita, caduto sotto i colpi delle forze di sicurezza di Riad nel giugno 2003. I concetti contenuti nel documento sono comunque gli stessi. «Per costringere il governo spagnolo a ritirarsi dall’Irak occorre attaccarlo in forze. Questi attacchi saranno accompagnati da una campagna di propaganda sulla questione irachena. Per farlo, è indispensabile sfruttare le elezioni politiche del marzo 2004. Il governo spagnolo non può permettersi più di due o tre attentati, dopo dovrà ritirarsi in seguito alla pressione popolare. Se, invece, le truppe rimarranno in Irak, andranno al governo i socialisti, proprio grazie ad una proposta esplicita di ritiro delle truppe». Il pamphlet arriva poi a proporre la stessa ricetta destabilizzante e il gioco di sponda con i movimenti pacifisti anche per l’Italia dove, sostiene, esisterebbero condizioni simili a quelle spagnole. «Il ritiro delle truppe spagnole e italiane dall’Irak – conclude il libello sulla “jihad” – creerà un’enorme pressione in Gran Bretagna, che Tony Blair potrebbe non essere in grado di sopportare. I pezzi del domino appoggiati l’uno all’altro non cadranno rapidamente. L’unico problema è la scelta del primo pezzo da colpire».
Un dilemma definitivamente sciolto, se la pista di Al Qaida si rivelerà esatta, all’alba dell’11 marzo 2004.

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